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  • Mercoledì 5 novembre 2025

In Nepal sono morti almeno 3 alpinisti italiani

A causa del maltempo che negli scorsi giorni ha provocato bufere e valanghe in varie aree dell'Himalaya: altri due sono dispersi, e cinque non rispondono

Il corpo di un alpinista morto per una valanga sul monte Yalung Ri viene portato all'obitorio del Tribhuvan University Teaching Hospital a Katmandu, in Nepal, il 5 novembre (AP Photo/Niranjan Shrestha)
Il corpo di un alpinista morto per una valanga sul monte Yalung Ri viene portato all'obitorio del Tribhuvan University Teaching Hospital a Katmandu, in Nepal, il 5 novembre (AP Photo/Niranjan Shrestha)
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Aggiornamento del 6 novembre: il ministero degli Esteri italiano ha confermato che i cinque alpinisti irreperibili sono riusciti a contattare le agenzie che avevano organizzato la loro spedizione.

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Il ministero degli Esteri italiano ha confermato che gli alpinisti italiani morti negli ultimi giorni sulle montagne del Nepal sono almeno tre, in due diverse spedizioni: oltre a Alessandro Caputo e Stefano Farronato, che si sapeva da ieri erano stati sorpresi da una bufera di neve sul Panbari, è stata confermata anche la morte di Paolo Cocco, che invece è tra le persone morte sotto la valanga che ha colpito il campo base del Yalung Ri.

Il ministero considera ancora dispersi Marco Di Marcello e Markus Kirchler, che partecipavano alla stessa spedizione di Cocco, e che secondo alcuni media sono tra le persone morte nella valanga. L’ANSA scrive, dicendo che le informazioni arrivano dal ministero, che le ricerche riprenderanno giovedì in un’area precisa, ma che secondo il ministero le possibilità di trovarli vivi sono scarse.

Ci sono poi altre cinque persone che non si riesce a contattare telefonicamente, ha detto il ministero degli Esteri al Post, che facevano parte di un altro gruppo ancora. Non sono stati comunicati i loro nomi, né su quali montagne fossero impegnati. Secondo l’ANSA sarebbero originari della provincia di Como e in questo momento si troverebbero in una zona dove non c’è copertura telefonica.

Che ci fossero diversi alpinisti italiani nel gruppo che era al campo base del Yalung Ri lo avevano detto gli organizzatori dei soccorsi, secondo cui tre sono morti, assieme a due nepalesi, un tedesco e un francese. Il gruppo era a circa 4.800 metri di altitudine, e si stava acclimatando prima di provare la scalata del Dolma Khang, alto 6.332 metri. Il bilancio dei morti è estremamente grave anche per gli standard dell’alpinismo himalayano, dove incidenti simili non sono rari.

Farronato, di Bassano del Grappa, e Caputo, di Milano, si trovavano invece al campo 1 del Panbari, a una quota di 5mila metri, quando il meteo è peggiorato improvvisamente. Un altro alpinista che partecipava alla spedizione, Valter Perlino, ha detto al Corriere della Sera che i due sono stati trovati morti nella loro tenda, sepolti da due metri di neve nella notte fra giovedì e venerdì. Perlino si è salvato perché aveva interrotto la scalata per un problema al piede e si era fermato al campo base. È stato portato in salvo da un elicottero nepalese.

Da giorni sulle montagne nepalesi c’è forte maltempo portato dal ciclone Montha, che fra le altre cose ha bloccato in quota diversi alpinisti nepalesi e stranieri impegnati in varie spedizioni. Le fortissime precipitazioni hanno portato a un grosso accumulo di neve in quota, a cui però è seguito un periodo di sole e temperature alte che ha aumentato il rischio di valanghe, proprio in una stagione in cui ci sono molte spedizioni. Novembre infatti è considerato uno dei momenti migliori per le scalate sull’Himalaya, perché solitamente le precipitazioni sono scarse e i periodi di bel tempo più lunghi.