La polemica tra Report e il Garante della privacy sta continuando
La trasmissione era stata diffidata dal mandare in onda una puntata contenente una conversazione privata, ma l'ha fatto lo stesso

Domenica sera c’è stato un nuovo scontro tra Report, il programma di giornalismo di inchiesta che va in onda su Rai 3, e il Garante della privacy: questa volta perché il Garante ha chiesto di non mandare in onda una puntata che Report ha invece mandato in onda lo stesso. Il Garante per la protezione dei dati personali, comunemente chiamato Garante della privacy, controlla che vengano rispettate le normative nazionali ed europee sul trattamento dei dati personali. Di solito le polemiche politiche di questo tipo sono piuttosto volatili, ma questa sta andando avanti da più di una settimana, alimentata soprattutto dal programma stesso.
Era iniziata da una multa di 150mila euro data alla Rai proprio a causa di Report, che aveva diffuso una registrazione audio di una conversazione privata tra l’ex ministro Gennaro Sangiuliano e sua moglie; Report aveva risposto documentando una visita di Agostino Ghiglia, uno dei quattro componenti del Garante, alla sede di Fratelli d’Italia a Roma, in via della Scrofa, accusandolo quindi di essersi fatto condizionare dal partito di maggioranza al governo nel decidere la multa. E ora, nella puntata di domenica scorsa, ha pubblicato un’altra conversazione privata, questa volta di Ghiglia stesso, in cui dice ai suoi collaboratori «Vado da Arianna». Il riferimento è alla sorella di Giorgia Meloni e dirigente di FdI.
La conversazione, apparentemente, contraddice quanto sostenuto da Ghiglia rispetto alla visita: dopo varie polemiche, infatti, Ghiglia aveva detto di esserci andato per incontrare Italo Bocchino, direttore del giornale Secolo d’Italia, e preparare le presentazioni dei loro libri. Ghiglia, che è stato in Fratelli d’Italia e oggi dice di non farne più parte, sostiene che si stesse riferendo alla sede come luogo fisico, e che «se anche fossi andato da lei, e non è così, chi me lo vieta?». Il fatto che ex politici siano nominati all’interno del Garante non è una novità: in passato era successo anche con esponenti del centrosinistra.
Del merito della vicenda si è parlato poco, è stato dato più spazio alle ragioni dell’una e dell’altra parte, trascurando i fatti. Nella maggior parte dei casi le leggi italiane e il codice deontologico dei giornalisti vietano la pubblicazione di corrispondenza privata, sia che avvenga tramite telefonate o chat: può essere diffusa soltanto se c’è il consenso esplicito di tutte le persone coinvolte nella conversazione.
Ma ci sono casi in cui i giornalisti possono far valere il cosiddetto diritto di cronaca, quando per esempio si rivelano fatti importanti di rilevanza pubblica, oppure quando la diffusione dell’audio è indispensabile per la completezza e la comprensione dell’informazione. Secondo il codice deontologico, vale sempre e comunque il principio dell’essenzialità dell’informazione anche quando ci si sta occupando di personaggi noti: significa che la vita privata dei politici deve essere rispettata se le notizie non hanno alcun rilievo sul loro ruolo.
Il caso dell’audio di Sangiuliano e della moglie è in una zona grigia. All’epoca il ministro era nel pieno dello scandalo sul suo rapporto con Maria Rosaria Boccia, che si era qualificata in più occasioni come sua consulente e collaboratrice. Sangiuliano aveva anche ammesso di aver avuto una relazione con lei, ma il suo ruolo al ministero rendeva tutta la vicenda di rilevanza anche pubblica. La questione è se quella singola conversazione tra Sangiuliano e sua moglie rispondesse al principio di essenzialità dell’informazione.
Il Garante aveva sostenuto di no, e aveva accusato Report di aver violato il GDPR (la normativa europea in materia di privacy), il Codice della privacy italiano e le regole deontologiche giornalistiche relative alla diffusione di dati personali. Luigi Manconi su Repubblica ha scritto che «gli argomenti del Garante della privacy appaiono francamente condivisibili. […] Qui si ha esclusivamente la rivelazione di un interno familiare e, di più, della sfera intima di due persone unite dal vincolo coniugale e che si mostrano nella loro vulnerabilità».
Domenica sera, prima della diffusione della puntata che conteneva la conversazione in cui Ghiglia diceva che avrebbe incontrato Arianna Meloni, il Garante ha inviato una PEC a Report diffidando il programma dal mandarla in onda.
Il Garante sostiene che anche il contenuto della conversazione tra Ghiglia e i suoi collaboratori fosse stata ottenuta attraverso un’acquisizione illecita di dati personali. Il conduttore Sigfrido Ranucci lo ha negato, dicendo dopo la diffusione della puntata che il Garante voleva «mettere un bavaglio» al programma e fare «interruzione di servizio pubblico». Ranucci ha inoltre negato che la conversazione fosse stata ottenuta in maniera illecita, cioè, a suo dire, con «materiale trafugato o intrusioni informatiche».
Ghiglia sostiene di essere stato pedinato e che Report abbia violato la sua corrispondenza privata. In questo caso la questione è se la conversazione tra Ghiglia e i suoi collaboratori aggiunga qualcosa rispetto al racconto giornalistico sull’eventuale dipendenza di Ghiglia da FdI, e rispetto all’intento giornalistico di dimostrare che la multa originaria data a Report sia stata chiesta o influenzata dal governo.



