La riforma dello sport universitario statunitense è una brutta notizia per l’Europa
È una questione di soldi, che per i migliori giocatori-studenti sono sempre di più

Inizia oggi, lunedì 3 novembre, la nuova stagione della Division I di NCAA, il campionato di basket universitario statunitense. Non è una notizia che riguarda solo gli Stati Uniti, perché ci giocano alcuni dei più promettenti cestisti italiani (come Achille Lonati, di 18 anni, e Dame Sarr, di 19 anni) e perché da quest’anno i migliori giocatori-studenti potranno essere pagati direttamente anche dalle università.
È un cambiamento rilevante perché fino a quattro anni fa non si guadagnava nulla giocando a basket nelle università statunitensi. Da qualche anno, però, le cose sono cambiate, e questo sta diventando un grande problema per il basket europeo.
Un numero sempre più alto di promettenti cestisti europei, infatti, preferisce giocare nelle università statunitensi. Sono attratti dalle maggiori possibilità di guadagno e dalla prospettiva di giocare poi in NBA, il campionato nordamericano di basket e il più famoso e ricco del mondo. Nella stagione 2016-2017 nella Division I maschile di basket NCAA giocavano 182 giocatori europei, mentre nella stagione 2024-2025 erano 343, quasi il doppio.
Il basket è lo sport più praticato in Europa tra quelli più popolari negli Stati Uniti, e le nuove regole sugli stipendi in NCAA sono un grande problema per le squadre europee di basket, che negli ultimi anni hanno avuto grandi guadagni grazie all’ingresso dei loro migliori giocatori in NBA.
Quando nel 2018 la squadra di NBA dei Dallas Mavericks acquistò dal Real Madrid lo sloveno Luka Doncic – oggi uno dei migliori giocatori della lega con i Los Angeles Lakers – pagò una clausola rescissoria di due milioni di euro, che permise al Real Madrid di acquistare e investire su altri giovani cestisti. La scorsa stagione, invece, Sarr risolse il suo contratto con il Barcellona, una tra le migliori squadre europee e in cui giocava con discreta regolarità, per andare nell’università Duke e giocare in NCAA con la squadra dei Blue Devils.
Doncic saltò la NCAA e nel farlo ebbe modo di giocare diversi anni in Europa (e far guadagnare soldi al Real Madrid). Sarr è stato meno in Europa, non ha fatto guadagnare altrettanti soldi al Barcellona e ha scelto di andare in NCAA appena se ne è presentata la possibilità.

Dame Sarr, 19 anni, andò a giocare col Barcellona a 15 anni (Roberto Finizio/Getty Images)
I campionati universitari, soprattutto quelli di basket e football americano, sono molto seguiti negli Stati Uniti e di conseguenza ci girano attorno molti soldi. Fino a pochi anni fa, però, gli atleti erano esclusi dalla ridistribuzione di questi guadagni perché la NCAA (che è acronimo di “National Collegiate Athletic Association” ed è l’organizzazione che gestisce i più importanti tornei universitari statunitensi) li considerava dei “dilettanti”, degli atleti non professionisti, che quindi non potevano essere pagati per fare sport.
Di conseguenza i giovani cestisti europei preferivano esordire tra i professionisti in Europa, dove invece erano pagati e avevano comunque modo di farsi notare. In Europa si può diventare professionisti già a 16 anni.
Per entrare in NBA bisogna avere invece almeno 19 anni e non serve necessariamente aver giocato in un’università statunitense. Giocare in NCAA era insomma una delle opzioni, non l’unica strada possibile e di certo non quella più economicamente attraente.
Questo permetteva alle squadre europee di avere, almeno per qualche anno, alcuni tra i migliori talenti del mondo, che solo in seguito andavano in NBA. È parte del motivo per cui si è ridotto il divario tra il livello del basket europeo e quello del basket statunitense: gli ultimi Mondiali di basket sono stati vinti dalla Germania e negli ultimi sei anni il premio di MVP (miglior giocatore) dell’NBA è stato vinto per cinque volte da due giocatori europei: il serbo Nikola Jokic e il greco Giannis Antetokounmpo.

Nikola Jokic (sinistra) durante una partita di NBA contro Giannis Antetokounmpo (destra), 29 gennaio 2024 (Alysa Rubin/Clarkson Creative/Getty Images)
Un ulteriore esempio sono alcune delle più recenti prime scelte del draft NBA, cioè le scelte più importanti dell’evento in cui le squadre della lega scelgono i loro futuri giocatori. Nel 2023 fu selezionato il francese Victor Wembanyama, ora uno dei più forti giocatori del campionato, e l’anno successivo fu scelto il connazionale Zaccharie Risacher. Entrambi avevano iniziato la loro carriera professionistica in Europa.
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Negli ultimi anni, però, il sistema universitario statunitense è cambiato molto a fronte di numerose cause legali in cui molti ex atleti-studenti avevano accusato l’NCAA di trarre profitto dai loro diritti d’immagine senza ricompensarli (per esempio usando la loro faccia nei videogiochi ufficiali). Nel 2021 la NCAA introdusse dunque il sistema NIL (Name, Image, Likeness), che permette agli atleti-studenti universitari e liceali di guadagnare grazie a sponsorizzazioni, pubblicità e accordi commerciali. Non erano veri stipendi, ma erano comunque forme di guadagno legate all’attività sportiva.
Da allora i guadagni degli atleti-studenti sono diventati enormi. Lo sono soprattutto nel football americano, per distacco lo sport universitario più seguito negli Stati Uniti. Ma anche nel basket un accordo NIL può valere decine di migliaia di dollari. Per gli atleti-studenti più famosi, anzi, è persino diventato conveniente restare in NCAA uno o due anni in più, tant’è che quest’anno al draft NBA si era registrato il numero più basso di partecipanti dal 2015.
Da quest’anno, poi, la NCAA permetterà alle università di usare fino a 20,5 milioni di dollari in tutto (quindi poco meno di 18 milioni di euro) per pagare direttamente i propri giocatori.
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