Il mezzo album mezzo fumetto di Caparezza

“Orbit Orbit” è sia un graphic novel sia un disco del cantante pugliese che da oltre vent'anni sta con un piede nell'hip hop e uno fuori

(Roberto Panucci/Corbis via Getty Images)
(Roberto Panucci/Corbis via Getty Images)
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Sono passati 22 anni da quando, dopo un album d’esordio passato un po’ in sordina, Caparezza si fece conoscere in tutta Italia con “Fuori dal tunnel”, uno dei singoli estratti da Verità supposte, il suo secondo disco. È tuttora la canzone più famosa di Caparezza, ed è ricordata soprattutto per un paradosso: in teoria doveva essere una critica al modo di divertirsi superficiale e conformista dei giovani di inizio anni Duemila, in pratica fece il giro e diventò un tormentone da discoteca.

Da allora Caparezza, il cui vero nome è Michele Salvemini, ha pubblicato altri sei dischi, l’ultimo dei quali, Exuvia, era uscito nel 2021. Quello nuovo, Orbit Orbit, è uscito venerdì e Caparezza lo presenterà durante il Lucca Comics, una delle fiere del fumetto più importanti al mondo. La scelta non è casuale, perché l’album è uscito in contemporanea a un graphic novel con lo stesso titolo, scritto da Caparezza e disegnato da vari illustratori legati alla Sergio Bonelli Editore, la più grande società editrice italiana di fumetti.

Caparezza ha sempre parlato della sua passione per i fumetti, raccontando in più di un’occasione che all’inizio la sua principale ambizione era diventare uno sceneggiatore. L’album era stato inizialmente concepito come una sorta di colonna sonora del fumetto, ma nel corso della lavorazione è diventato qualcosa di diverso. Caparezza ha detto che va considerato come un progetto complementare al fumetto, ma dotato di una sua autonomia narrativa.

Anche se non erano state date anticipazioni, qualche indizio si poteva evincere dal titolo e dalla copertina, in cui Caparezza passeggia su un pianeta sconosciuto indossando una tuta da astronauta. La vicenda al centro di Orbit Orbit (tanto del disco quanto del fumetto) ha a che fare con i viaggi nello spazio, ma anche con il momento attuale della carriera di Caparezza, che ormai da qualche anno pubblica dischi sempre più introspettivi.

La storia ricorda la sceneggiatura di un fumetto, e a questo mezzo espressivo è dedicato un po’ tutto Orbit Orbit. Il protagonista è lo stesso Caparezza, raffigurato come un cosmonauta che intraprende un viaggio interstellare alla ricerca di ispirazione creativa dopo un lungo periodo di isolamento. C’è anche un cattivo: si chiama Darktar, un riferimento al Darkseid della DC Comics. Caparezza lo ha descritto come «il nemico che ha addosso la negatività» e che «cerca di farsi amare facendo la vittima».

Tutto il disco è fortemente influenzato dalla musica che ascoltava da bambino, quella degli anni Settanta e Ottanta, e i testi sono pieni di riferimenti alla storia del fumetto statunitense, europeo e giapponese. Bonvi, Benito Jacovitti, Go Nagai, Jack Kirby e Moebius sono citati (alcuni esplicitamente, altri tramite le loro opere più famose) in “A comic book saved my life”, la quinta canzone dell’album, mentre in “Darktar” vengono nominati Neil Gaiman, autore della celebre serie fantasy Sandman, e Kentarō Miura, il creatore di Berserk, morto nel 2021.

Il primo singolo del disco, “Io sono il viaggio”, era stato pubblicato il 9 ottobre: nel video ufficiale Caparezza attraversa lo spazio a bordo di una roulotte volante. La canzone si sviluppa su un tappeto di sintetizzatori e ha un ritornello cantato col vocoder, lo strumento utilizzato per rendere “robotica” la voce dei cantanti. Il testo richiamava diversi personaggi di fumetti e romanzi d’avventura accomunati dal tema del viaggio, come il marinaio Corto Maltese, il capitano Acab di Moby Dick e il Giovane Holden.

Caparezza ha 52 anni, e da almeno una ventina ha consolidato uno status molto particolare. Pur essendo generalmente associato all’hip hop, è sostanzialmente estraneo alla scena rap italiana. La apprezza, e anzi è fan di artisti come Marracash, Neffa e Fabri Fibra, ma al tempo stesso ne ha spesso preso le distanze, soprattutto per via di posture e stereotipi che notoriamente mal sopporta. Peraltro, anche se tende a rappare i suoi pezzi più che a cantarli, la sua musica è influenzata soprattutto da altri generi, come il rock, il reggae, il synth pop e il cantautorato italiano. Molti suoi fan non sono necessariamente appassionati di rap e, anzi, spesso vengono da esperienze di ascolto che c’entrano poco o nulla.

Anche i testi di Caparezza si discostano da molti temi cari al rap, come il culto dell’ego, la competizione, la romanticizzazione della vita di strada. Usa un linguaggio molto personale, denso di giochi di parole, metafore, doppi sensi, riferimenti ai videogiochi e alla cultura nerd e citazioni letterarie. Comunque, a prescindere da eventuali distanze o antipatie, nell’ambiente del rap tutti riconoscono a Caparezza un notevole talento nella scrittura e una grande inventiva. Ha anche un gran gusto per lo spettacolo: nei suoi concerti non mancano quasi mai costumi, scenografie elaborate, monologhi e brevi intermezzi teatrali.

Caparezza cominciò a dedicarsi alla musica verso la metà degli anni Novanta, usando il nome d’arte Mikimix e scrivendo canzoni sentimentali piuttosto sdolcinate. Con quello pseudonimo partecipò all’edizione di Sanremo Giovani del 1995, un’esperienza che cita spesso nelle sue canzoni, anche per prendere in giro la fase più “pop” della sua carriera. «Egli fu Mikimix, cantante insignificante, dal cui autodisgusto nacque il sé stesso odierno», diceva una biografia presente sul suo vecchio sito.

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Diventò davvero Caparezza nel 2000, quando iniziò a farsi vedere in pubblico con i lunghi capelli ricci a cui deve il nome. In quello stesso anno pubblicò ?!, il suo primo album in studio, di cui si parlò pochissimo ma che diede qualche indicazione sul suo stile.

Andò decisamente meglio tre anni dopo con quello successivo, Verità supposte. È il disco di “Fuori dal tunnel”, “Io vengo dalla Luna”, “Il secondo secondo me” e “Jodellavitanonhocapitouncazzo”, canzoni che entrarono nelle classifiche e che fecero conoscere Caparezza a un pubblico molto più ampio. Seguirono Habemus Capa (2006), Le dimensioni del mio caos (2008) e Il sogno eretico (2011).

In questa prima fase di carriera, le canzoni di Caparezza ruotavano attorno ad alcuni temi, come lo sfruttamento dei braccianti nelle campagne pugliesi, la condizione degli operai del Sud costretti a emigrare nelle fabbriche del Nord, i problemi ambientali dell’Ilva di Taranto, le sottoculture giovanili e l’antirazzismo. Un altro bersaglio frequente dei suoi testi era Silvio Berlusconi, di cui denunciava spesso l’immoralità, la volontà di controllare i media e la concentrazione di ricchezza. Nel 2011 gli dedicò “Legalize the Premier”, una delle sue canzoni più famose.

Dagli inizi degli anni Dieci, Caparezza è cambiato ancora, le sue canzoni sono diventate più introspettive e meno politiche, e nei suoi dischi più recenti (già in parte con Museica del 2014, ma soprattutto con gli ultimi due, Prisoner 709 del 2017 ed Exuvia del 2021) si è concentrato soprattutto su di sé.

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