Lo sport che si gioca senza arbitri
Nell'ultimate frisbee sono i giocatori stessi a far rispettare le regole

L’ultimate frisbee è un gioco di squadra che ricorda, per certi aspetti, il football americano, senza contrasti violenti e con un disco al posto della palla ovale. La sua più grande peculiarità, forse, è di essere il più praticato tra gli sport di squadra che si giocano senza arbitro.
L’assenza di un arbitro rientra in una filosofia chiamata spirit of the game, “spirito del gioco”, che affida ai giocatori stessi il compito di far rispettare le regole e di mantenere il fair play in campo, rendendo superflua la figura dell’arbitro. Come si legge nel regolamento ufficiale, «tutti i giocatori sono responsabili della conduzione del gioco e del rispetto delle regole».
L’ultimate frisbee (ufficialmente solo ultimate) è una delle sei discipline riconosciute dalla Federazione mondiale di flying disc (WFDF), l’organismo che riunisce tutti gli sport giocati con il “disco volante”, cioè il frisbee. Lo sport è nato come passatempo universitario in un’università del Connecticut, negli Stati Uniti, attorno agli anni Cinquanta, quando alcuni studenti cominciarono a lanciarsi i sottotorta della mensa, che erano prodotti dalla ditta Frisbie Pie Company. Quei dischetti di alluminio avevano una forma aerodinamica e qualche anno dopo l’azienda di giochi Wham-O decise di produrne una versione in plastica, chiamandola “frisbee” (il nome “frisbie” era già un marchio registrato).
Oggi l’ultimate è uno sport vero e proprio, riconosciuto ufficialmente dal Comitato olimpico internazionale a partire dal 2015. Si gioca sette contro sette su un campo rettangolare largo poco più di metà di un campo da calcio, con un’area di meta per ogni estremità. L’obiettivo è segnare punti prendendo al volo il disco all’interno dell’area di meta avversaria (un po’ come i touchdown nel football americano). Durante le azioni i giocatori si passano il disco; chi ne è in possesso non può correre né camminare e ha dieci secondi per passarlo. Se il disco cade a terra o viene intercettato da un giocatore avversario, il possesso del disco passa all’altra squadra.
«Si dice che l’ultimate sia uno sport giocato senza arbitri, ma non è vero. In realtà è lo sport con più arbitri in campo», spiega Sara Rabaglia, allenatrice della nazionale italiana femminile Under 20 di ultimate con incarichi nella federazione europea. In un certo senso infatti gli arbitri in campo sono ben quattordici: ogni giocatore è chiamato a rispettare, e far rispettare, le regole. Per poter giocare ciascuno deve dimostrare di conoscerle davvero: ogni 18 mesi è necessario rinnovare un certificato rilasciato dalla federazione mondiale, superando un test online di 30 domande, con un massimo di tre errori consentiti. «Questa, secondo me, è una cosa che tutti gli sport dovrebbero copiare dal frisbee: che i giocatori dimostrino di conoscere le regole», aggiunge Rabaglia.
Quando un giocatore subisce un fallo, è lui stesso a fermare l’azione e a “chiamare” il fallo ad alta voce. I due giocatori discutono brevemente per chiarire cosa è successo e, se non trovano un accordo, il disco torna al punto di partenza dell’azione. Nelle competizioni europee sono talvolta presenti anche i game advisors, cioè persone che assistono alla partita da fuori e intervengono per chiarire dubbi sul regolamento o in caso di contestazioni, oltre a monitorare che lo “spirito del gioco” sia rispettato e applicato.
Lo “spirito del gioco” non si limita all’autoarbitraggio. In ogni squadra esistono infatti almeno due capitani: uno tecnico, che si occupa delle strategie di gioco, e uno “dello spirito”, che ha il compito di motivare i compagni al rispetto delle regole e a mantenere un comportamento corretto in campo. Alla fine di ogni partita le squadre non ricevono solo un punteggio in base al numero di mete segnate, ma anche un punteggio sullo spirito, assegnato dalla squadra avversaria. È un modo per riconoscere e premiare il fair play, la comunicazione e l’atteggiamento positivo durante il gioco (quest’ultimo punteggio non incide sulla classifica determinata dai risultati, ma ne crea un’altra dedicata al fair play).
Questo principio è alimentato anche dal “cerchio finale”, parte ufficiale e integrante di ogni partita, in cui i giocatori delle due squadre si dispongono alternati in cerchio e si confrontano su come è andata la partita. Da pochi anni è stato introdotto anche un cerchio iniziale, un momento per augurarsi buona partita e chiarire eventuali aspetti che potrebbero generare tensioni prima di entrare in campo. Spesso infatti alcuni giocatori non parlano bene l’inglese e nelle partite internazionali possono chiedere l’intervento di un traduttore a ogni chiamata di fallo. «Per evitare che la continua richiesta di un intervento esterno venga percepita dagli avversari come segno di scarso “spirito del gioco”, è bene chiarirlo prima che la partita inizi», spiega Rabaglia.
L’ultimate è uno sport poco conosciuto ma diffuso in varie zone del mondo. José Bautsch gioca a livello agonistico da tredici anni; ha giocato in diverse squadre sia a Panama (suo paese di origine) sia in Italia. Nel 2022 ha partecipato ai Mondiali per club a Cincinnati, negli Stati Uniti, con la squadra di ultimate di Padova, e ha anche allenato la nazionale del Panama, che ha portato ai Mondiali del 2024. «Se ne parli alle persone, tutti pensano di conoscere l’ultimate frisbee, ma spesso viene confuso con il semplice gioco da spiaggia, con gli scambi al mare o con il cane. Ma l’ultimate è uno sport a tutti gli effetti, che richiede grande prestanza fisica, capacità atletiche e molto allenamento», racconta Bautsch. Il fatto che ci si arbitri da soli non toglie valore all’agonismo e alla competizione presenti nello sport.
In Italia l’ultimate viene praticato da circa 2.250 atleti a livello agonistico, con 35 società affiliate alla Federazione italiana giochi e sport tradizionali (FIGeST). La sua diffusione è però molto variabile da regione a regione: Bologna e Rimini sono le città in cui questo sport è più praticato. Qui si gioca anche a scuola: sia alle medie che alle superiori viene organizzato ogni anno il Torneo delle scuole, in cui ogni classe forma una squadra e si sfida con le altre. Rabaglia racconta che le società della città affiliate alla federazione si impegnano attivamente nell’organizzazione del torneo: «È un’occasione notevole di diffusione e pubblicità di questo sport, che attira molti nuovi giocatori e giocatrici nelle squadre agonistiche». È adatto alle scuole perché il fair play in questo sport non è solo insegnato, ma praticato attivamente.



