Brucia la pasta, cuocila male

Gli spaghetti all'assassina sono una variante pugliese di quelli al pomodoro che sta avendo grandi fortune

Un piatto di spaghetti all'assassina
(Roberto Salomone/The New York Times/contrasto)
Un piatto di spaghetti all'assassina (Roberto Salomone/The New York Times/contrasto)
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A prima vista la pasta all’assassina potrebbe sembrare un pasticcio di spaghetti un po’ bruciati: la cottura non è uniforme, il colore rosso molto intenso è sporcato da una crosta nerastra, e a differenza della pasta al pomodoro il sugo non è liscio ma rappreso. Eppure negli ultimi anni questa pasta al pomodoro molto piccante è diventata uno dei piatti più rappresentativi della cucina pugliese (più precisamente barese), scalzando le più tradizionali orecchiette con le cime di rapa o la tiella barese fatta con riso, patate e cozze.

Se un content creator che si occupa di cibo passa per Bari, pubblicherà più probabilmente un piatto di spaghetti all’assassina rispetto ad altri piatti della tradizione barese, anche perché adesso è molto più semplice trovarla al ristorante. Stanno aprendo ristoranti specializzati in assassina anche in altre parti d’Italia, a Milano anche in un formato simile a quello del fast food. E perfino alcuni supermercati oggi propongono confezioni con pomodoro, peperoncino e pasta già dosati per replicarla a casa.

Questa ricetta è una variazione di un piatto che tutti conoscono, ovvero la pasta al pomodoro: «per questo sta funzionando», dice il critico gastronomico Luca Cesari. «Presenta quella giusta difficoltà che consente a tutti di replicarla a casa, anche se per farla a un livello eccezionale occorre saggezza ai fornelli e quindi andare al ristorante». Il fatto che questa ricetta venga molto richiesta e abbia dunque sostituito i piatti “tradizionali” è normale perché «queste sostituzioni sono all’ordine del giorno. La differenza è che ce ne stiamo accorgendo mentre di solito questi cambiamenti avvengono in più tempo ed è dunque più difficile vedere questo spostamento», dice Cesari.

Come accade per molti piatti la ricetta non è una sola. Quella che si è diffusa maggiormente prevede che si prepari, in una padella di ferro, un soffritto di aglio, olio e peperoncino in abbondanza. Poi va versata la passata di pomodoro, infine gli spaghetti che vengono cotti direttamente in padella. In un’altra pentola viene preparato un brodo con acqua e concentrato di pomodoro che servirà per cuocere la pasta. Quando gli spaghetti sfrigolano e cominciano a sbruciacchiarsi e attaccarsi vanno rimestati e si aggiunge un mestolo del brodo. Questo fino a che gli spaghetti non cominceranno a piegarsi, e quando assumeranno un colore marroncino allora sarà il momento di assaggiarli per vedere se sono pronti.

Questa è la ricetta collaudata dall’Accademia dell’assassina, un’associazione nata da un gruppo Facebook di persone residenti nella zona di Bari che nel 2013 cominciarono a cercare i ristoranti che ancora facevano quella ricetta. Sperimentarono tutte le ricette finché non trovarono quella «ideale, che si raggiunge solo con la risottatura della pasta», come dice Cesari. Rispetto alla risottatura classica (tecnica che prevede di cuocere la pasta direttamente nella padella come si fa con i risotti, aggiungendo di tanto in tanto un mestolo di brodo) l’assassina fa qualcosa in più, perché gli spaghetti «vengono rosolati fin dall’inizio della cottura». È una tecnica che ha permesso di cambiare l’immagine degli spaghetti al pomodoro dandogli l’aspetto e il sapore bruciacchiato che contraddistingue l’assassina.

Non è però la ricetta originale, che invece risale al 1967 e fu inventata da Enzo Francavilla, chef del ristorante Al Sorso Preferito a Bari. Due clienti gli chiesero un piatto sostanzioso e gustoso e lui realizzò un piatto di spaghetti cotti direttamente nella padella di ferro, conditi con tanto peperoncino e salsa di pomodoro. L’idea era di far stringere molto il condimento in modo che si creasse una crosticina esterna. Il piatto piacque molto ai due clienti che commentarono il grado di piccantezza dicendogli: «sei un assassino». Da lì venne il nome del piatto, che a suo modo si addice anche agli schizzi di pomodoro – simili a quelli di sangue – che costellano la cucina di chi la prepara.

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La pasta all’assassina divenne un piatto molto richiesto Al Sorso Preferito e altri ristoranti cominciarono a replicarlo, ma a partire dagli anni ’80 fu preparato sempre meno, rimanendo fino a pochi anni fa un piatto conosciuto solo nel barese, che non veniva particolarmente preparato a casa e al massimo era ordinato nei ristoranti. Chi ha contribuito a rendere gli spaghetti all’assassina un piatto più conosciuto anche al di fuori della Puglia è stata la scrittrice Gabriella Genisi, che nel 2015 pubblicò il romanzo Spaghetti all’Assassina, ambientato nel ristorante Al Sorso Preferito. Ma la spinta più grande venne data nel 2021 dalla trasposizione televisiva della fiction Rai Le indagini di Lolita Lobosco: in una puntata Luisa Ranieri, che interpreta Lolita Lobosco, ne prepara infatti un piatto.

L’anno successivo Stanley Tucci decise di dedicare una puntata di Searching for Italy, il programma culinario che conduceva sulla CNN, alla pasta all’assassina. Non andò però nel locale storico, ovvero Al Sorso Preferito, ma all’Urban – L’Assassineria Urbana, un locale che era stato aperto nel 2016 dal cuoco Celso Laforgia, specializzato in pasta all’assassina. Laforgia replica l’assassina in tante versioni diverse: con la stracciatella, con le cime di rapa, adattandola a diversi gusti della tradizione pugliese. Dopo la puntata di Searching for Italy anche il New York Times si occupò della pasta all’assassina contribuendo ad aumentare l’attenzione attorno al piatto. Il giornalista Steven Raichlen, autore dell’articolo, la presentò scrivendo che «andare a Bari senza assaggiarla è come visitare Roma e non vedere il Colosseo».