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  • Venerdì 24 ottobre 2025

Allo Zen di Palermo hanno fatto sparire le armi

Si sapeva che nel quartiere sarebbero arrivati molti poliziotti a cercarle, dopo l’omicidio di Paolo Taormina

I palazzi dello Zen, a Palermo
I palazzi dello Zen, a Palermo (LaPresse - Guglielmo Mangiapane)
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Mercoledì 15 ottobre, poco dopo l’alba, gli abitanti del quartiere palermitano dello Zen non si sono sorpresi più di tanto quando hanno iniziato ad arrivare poliziotti e carabinieri in assetto antisommossa. Li aspettavano. Come era già accaduto in passato, anche stavolta dopo un grave fatto di cronaca come l’omicidio di Paolo Taormina sono state organizzate diverse operazioni di polizia – detti blitz – con elicotteri e centinaia di agenti delle forze dell’ordine a bussare alle porte di tutte le case.

L’obiettivo era trovare armi, soprattutto pistole, ma alla fine la polizia si è dovuta accontentare di due coltelli, due chili di polvere da sparo per fuochi artificiali, mezzo chilo scarso di hashish, tre moto rubate. Le armi erano già sparite.

Paolo Taormina è stato ucciso nella notte tra sabato 11 e domenica 12 ottobre in via Spinuzza, nel rione dell’Olivella, in centro a Palermo. È una zona conosciuta anche come “champagneria”, molto frequentata la sera, a poca distanza dal teatro Massimo e già nota in passato per eventi violenti. È stato ucciso con un colpo di pistola mentre stava cercando di fermare una rissa. Gaetano Maranzano, il 28enne che ha confessato l’omicidio, abita allo Zen. È dello Zen anche Salvatore Calvaruso, che ha confessato il triplice omicidio avvenuto alla fine di aprile a Monreale.

Lo Zen (acronimo di Zona Espansione Nord) è un quartiere della periferia abbandonato a sé stesso, come molti altri simili in altre città italiane. La maggior parte degli abitanti occupa le case popolari costruite negli anni Settanta dall’Istituto autonomo case popolari (IACP). Ufficialmente gli abitanti sono 22mila, in realtà sono almeno diecimila in più. Fino al 2015 molti pagavano regolarmente l’affitto grazie a un accordo con l’IACP, poi il cosiddetto decreto “Renzi-Lupi” vietò a chi occupa case di ottenere la residenza e di avere contratti di fornitura elettrica: da allora quasi tutte le persone hanno perso appunto la residenza, e di conseguenza diritti essenziali come l’assistenza sanitaria o qualsiasi tipo di sostegno.

Nel 2018 la regione propose una sanatoria per risolvere il problema delle occupazioni, ma le procedure sono andate avanti per anni e si sono interrotte nel 2023.

Nel quartiere non c’è nulla: non un parco, non dei giochi per i bambini, non una piazza. Gli unici due spazi aperti tra i palazzoni sono pieni di rifiuti. L’unico mezzo pubblico che collega lo Zen alla città è la linea di autobus 619 che passa con una frequenza molto bassa, quando va bene ogni ora e mezza. L’isolamento del quartiere isola anche i suoi abitanti dal punto di vista lavorativo, culturale e sociale.

Questa situazione di marginalità diffusa ha favorito la costituzione di una sorta di Stato parallelo gestito dalla criminalità organizzata, che garantisce servizi minimi al posto dell’amministrazione comunale. Tutti sanno che molte delle armi che circolano a Palermo arrivano da qui.

Nei giorni successivi all’omicidio di Paolo Taormina alcune associazioni che lavorano nel quartiere, come Zen Insieme, hanno detto che un aumento dei controlli straordinari sarebbe stato inefficace e controproducente, perché avrebbe soltanto alimentato le tensioni, come infatti è successo. Durante il primo blitz i controlli sono stati ostacolati da un centinaio di persone che ha affollato i pianerottoli insultando e minacciando polizia e carabinieri. Tre uomini sono stati arrestati per resistenza, violenza, lesioni e oltraggio a pubblico ufficiale. Altre 57 persone hanno ricevuto l’ennesima denuncia per occupazione abusiva.

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Quella delle associazioni era un’opinione motivata dall’esperienza, perché già in altri casi le operazioni di polizia avevano portato scarsi risultati. Ogni volta che c’è un omicidio o una sparatoria infatti i criminali sanno che devono portare via tutte le armi perché arriveranno le forze dell’ordine. Era già successo alla fine di aprile, dopo la strage di Monreale: le pistole usate per sparare a Massimo Pirozzo, Andrea Miceli e Salvatore Turdo non sono state ancora trovate.

Anche nel resto della città sono aumentati i controlli. Il comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica della prefettura ha deciso di istituire tre “zone rosse” in centro, in via Maqueda, alla Vucciria e nella zona del teatro Massimo. In queste aree è vietato l’accesso «ai soggetti che assumano atteggiamenti aggressivi, minacciosi o molesti, e che risultino già destinatari di segnalazioni all’autorità giudiziaria». Di fatto, non possono entrare persone con precedenti per spaccio, percosse, lesioni, risse, rapine, furto, danneggiamenti, occupazioni abusive e porto d’armi.

Mercoledì sera nella stessa strada dove è stato ucciso Paolo Taormina c’è stato un nuovo episodio violento. Un gruppo formato da una ventina di giovani ha cercato di evitare i controlli delle forze dell’ordine: uno di loro nel tentativo di scappare ha colpito un agente della polizia locale.