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  • Venerdì 24 ottobre 2025

Il 37enne dietro a un enorme giro di “città della truffa”

Chen Zhi è un ricco imprenditore cambogiano: la sua società è accusata di aver ingannato i lavoratori per costringerli a fare frodi online

Chen Zhi (dal sito del Prince Group)
Chen Zhi (dal sito del Prince Group)
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Lo scorso 14 ottobre, Stati Uniti e Regno Unito hanno sequestrato beni per miliardi di dollari, per la maggior parte in bitcoin, ma anche proprietà di lusso e conti bancari, a una rete di persone e società accusate di gestire un gigantesco business di truffe online. Secondo le indagini la persona dietro questo giro illegale, nonché il suo principale beneficiario, sarebbe Chen Zhi, un imprenditore cinese naturalizzato cambogiano di 37 anni, con una storia parecchio misteriosa e legami molto stretti con il governo della Cambogia.

Chen Zhi è indagato in diversi paesi: non solo Stati Uniti e Regno Unito, ma anche Cina, Taiwan, Thailandia e Singapore. È accusato di vari reati tra cui riciclaggio di denaro, truffe online, estorsione, traffico di esseri umani e gestione di frodi su scala industriale. Dalla notizia del sequestro si è reso irreperibile.

Secondo le indagini le truffe contestate a Chen Zhi e alla sua rete venivano compiute soprattutto nei cosiddetti “scam center”, o “città della truffa”. Sono grossi capannoni sorti negli ultimi anni principalmente nei paesi del sudest asiatico (ma non solo), dove le persone lavorano in condizioni disumane e spesso sono sottoposte a minacce e torture. Gli scam center attirano i lavoratori originari di paesi che offrono poche opportunità lavorative con la promessa di impieghi redditizi, che in realtà non esistono.

Una volta sul posto i lavoratori vengono sequestrati e costretti a compiere ogni genere di frode online: truffe affettive, falsi investimenti, furti di criptovalute e scommesse illegali. Secondo le Nazioni Unite più di 200mila persone vivono in queste condizioni tra Myanmar e Cambogia, i due paesi più coinvolti.

Due ex lavoratori di uno scam center in Myanmar, liberati grazie a un’operazione di Thailandia, Cina e Myanmar, 4 marzo 2025 (AP Photo/Achmad Ibrahim)

Uno di questi scam center è il Golden Fortune Science and Technology Park a Chrey Thom, in Cambogia, vicino al confine con il Vietnam. È stato costruito da Prince Group, società fondata da Chen Zhi nel 2015, e secondo le indagini è gestito da una società collegata (Prince Group ha negato ogni legame).

Il complesso è circondato da un muro di tre metri e dal filo spinato, e l’ingresso è controllato dalle guardie. Il giornalista Jack Adamovic Davies, che ha condotto per Radio Free Asia una lunga inchiesta in tre parti su Chen Zhi e sui suoi affari, ha intervistato diverse persone che vivevano vicino o che ci hanno lavorato: secondo le testimonianze molti lavoratori, soprattutto cinesi, vietnamiti e malaysiani, venivano chiusi dentro e subivano brutali pestaggi se tentavano di scappare.

– Leggi anche: Le città della truffa, in Myanmar e altrove

Non è del tutto chiaro come Chen Zhi sia riuscito a costruire il suo impero. Nacque nella provincia del Fujian, nella Cina sudorientale, e tra i 22 e i 23 anni si trasferì in Cambogia. Lì iniziò a lavorare nel settore immobiliare, nel quale all’epoca investivano molti imprenditori e aziende di stato cinesi.

Nel giro di pochissimo tempo è diventato ricchissimo: nel 2014 ha ottenuto la cittadinanza cambogiana in cambio di un investimento (non si sa quanto abbia speso, né dove abbia preso i soldi, ma la cifra minima richiesta è di 250 mila dollari); nel 2015 ha fondato la Prince Group, che si occupava principalmente di sviluppo immobiliare, e nel 2018 una banca, la Prince Bank. Oggi Prince Group è una società con decine di aziende in più di 30 paesi. Sempre con schemi di golden passport (cioè cittadinanza in cambio di investimenti) Chen Zhi ha ottenuto i passaporti di Cipro, un paese dell’Unione Europea, e di Vanuatu, un noto paradiso fiscale.

In questi anni Chen Zhi in Cambogia ha costruito hotel, complessi residenziali di lusso, centri commerciali e casinò: è così probabilmente che si è avvicinato al settore delle truffe, anche se Prince Group ha sempre negato ogni coinvolgimento. In Cina il gioco d’azzardo è illegale, ma è noto che moltissimi cinesi vanno a scommettere in Myanmar, Thailandia o Cambogia.

Con la pandemia e le limitazioni ai viaggi, però, i gestori di questi casinò, spesso legati alla criminalità organizzata cinese, hanno dovuto cambiare modello di business: hanno iniziato a sfruttare internet per superare le restrizioni e rivolgersi al mercato globale, raggiungendo le potenziali vittime di truffa in paesi benestanti di Europa, Nordamerica e Asia. È così che sono nati gli scam center.

La capitale cambogiana Phnom Penh, dove moltissimi imprenditori e aziende di stato cinesi hanno investito nel settore edilizio a partire dai primi anni Dieci del 2000 (Photo by Paula Bronstein/Getty Images)

Il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti sostiene che è soprattutto grazie ai proventi realizzati con gli scam center che Chen Zhi sarebbe riuscito ad arricchirsi così tanto. Tra i beni acquistati grazie ai guadagni illegali ci sarebbero jet privati, yacht, immobili di lusso e anche un dipinto di Picasso comprato all’asta a New York.

In Cambogia Chen Zhi è riuscito a guadagnarsi importanti appoggi politici: nel 2017 è stato nominato consigliere ufficiale del ministro degli Interni Sar Kheng, e in seguito ha ricoperto lo stesso ruolo per l’influente primo ministro Hun Sen e poi ancora per suo figlio Hun Manet.

Nonostante le molte indagini internazionali e il fatto che i crimini contestati siano avvenuti su territorio cambogiano, nel paese non è mai stato incriminato, anzi: in seguito alle sanzioni derivate dall’operazione congiunta di Stati Uniti e Regno Unito, il governo cambogiano ha diffuso un comunicato in difesa di Chen Zhi. Ha sostenuto che l’imprenditore abbia sempre lavorato nel rispetto della legge cambogiana, aggiungendo che collaborerà con i due governi in caso di richieste formali e che «spera» ci sarà un equo processo.