In Italia stanno aprendo le prime stanze per l’intimità in carcere
Per ora risulta ce ne siano cinque: camere con letto e bagno dove le persone detenute possono incontrare i partner senza sorveglianza

Nelle carceri italiane stanno aprendo le prime stanze che permettono alle persone detenute di esercitare il loro diritto all’affettività e alla sessualità. In una recente risposta scritta a un’interrogazione di Italia Viva sul tema, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha detto che su 189 istituti penitenziari in Italia 32 hanno detto di avere spazi idonei, 157 invece hanno detto di non averli. All’associazione Antigone, che si occupa dei diritti e delle garanzie delle persone detenute, risulta però che al momento siano operative cinque o sei stanze.
Il numero non è preciso perché Antigone non le sta ancora monitorando in modo strutturato e il ministero non ha specificato quali sono le 32 carceri che avrebbero gli spazi disponibili, né se li hanno già resi utilizzabili. La stima dell’associazione arriva dai controlli periodici che fa durante l’anno.
I primi permessi per fare sesso in carcere erano stati accordati lo scorso febbraio a due detenuti di Terni e Parma. I magistrati di sorveglianza avevano dato alle strutture 60 giorni di tempo per individuare gli spazi: a Terni il locale è stato strutturato e poi usato da altre persone detenute, il primo spazio di questo tipo in Italia. Nei mesi successivi altre carceri si sono adeguate alla sentenza della Corte costituzionale che nel 2024 aveva dichiarato illegittimo il divieto all’affettività in carcere. Il 6 ottobre una stanza per l’intimità è stata inaugurata nel carcere Due Palazzi di Padova, sempre a inizio ottobre Antigone ha constatato che ne era stata aperta una anche a Trani. Il 1° novembre ne verrà aperta una al Lorusso e Cutugno di Torino.
Da Antigone dicono comunque che sono poche le carceri che si stanno adeguando autonomamente alla sentenza della Corte costituzionale e alle linee guida pubblicate ad aprile. Alcune non lo fanno perché, banalmente, sono troppo sovraffollate e non hanno spazi oltre a quelli per le celle; altre invece si muovono soltanto quando un detenuto fa ricorso e a quel punto il tribunale di sorveglianza impone alla struttura di ricavare un locale, nel rispetto della sentenza della Corte costituzionale.
Le stanze per l’intimità sono camere con un letto e un bagno con la doccia, dove una volta al mese le persone detenute possono incontrare coniugi, persone con cui sono unite civilmente o conviventi stabili fino a prima dell’arresto. Durante tutta la durata del colloquio la stanza va sorvegliata dall’esterno da un o una agente di polizia penitenziaria che deve ispezionare il locale prima e dopo l’incontro.
Non possono fare colloqui intimi in carcere i detenuti al 41-bis, il cosiddetto “carcere duro”, il regime detentivo previsto per particolari tipi di reati associativi e incentrato proprio sull’isolamento del detenuto, e quelli al 14-bis, sottoposti cioè a sorveglianza particolare in quanto ritenuti violenti e pericolosi per la sicurezza. Non può accedere alla stanza nemmeno chi è sottoposto a regimi di isolamento sanitario, chi ha commesso infrazioni disciplinari nei sei mesi precedenti e chi è stato trovato in possesso di sostanze stupefacenti, telefoni o quelli che il DAP (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, l’ente del ministero della Giustizia che si occupa di carceri) definisce «oggetti atti a offendere», presumibilmente armi o oggetti contundenti non autorizzati.
Al carcere Due Palazzi di Padova c’era stato un tentativo di allestire spazi per i colloqui privati già a febbraio del 2024, ma il governo aveva poi bloccato la sperimentazione sostenendo che la costruzione di spazi per l’affettività in carcere non fosse di competenza delle associazioni, ma del DAP, che avrebbe dovuto diffondere linee guida e protocolli uniformi a livello nazionale. Ornella Favero, la direttrice di Ristretti Orizzonti, storica rivista che da anni si occupa di diritti delle persone detenute, ha detto che «ci sono tante richieste da parte dei detenuti». A Domani Favero ha detto che anche gli altri istituti «un po’ alla volta si adegueranno, anche se i tempi in questo paese sono sempre lunghi; ma non voglio essere pessimista».
Nel carcere Lorusso e Cutugno di Torino la stanza è stata allestita in un padiglione che viene chiamato “Arcobaleno”, dove sono detenute persone in regime di semilibertà e che hanno permessi per lavorare all’esterno. L’iniziativa è però stata criticata dall’Organizzazione sindacale autonoma di polizia penitenziaria (Osapp) di Torino, che ha detto che avrebbe preferito fossero introdotti dei permessi appositi per i detenuti, per evitare di dare alla polizia penitenziaria anche il compito di gestire la stanza. Anche la garante dei detenuti del Piemonte, Monica Formaiano, ritiene che la stanza per l’intimità rischi di aggravare il lavoro degli agenti. Pur sostenendo il diritto all’affettività, ha detto che sarebbe stato meglio introdurre dei permessi premio.



