L’inaspettato successo di “Le città di pianura”
Un piccolo film veneto – molto veneto – sta andando bene in tutta Italia ormai da settimane

Nelle circa tre settimane in cui è stato al cinema, Le città di pianura ha fatto incassi piuttosto eccezionali per essere un film indipendente italiano di un regista non troppo conosciuto, e senza grandi commenti iniziali sui media. Negli ultimi due weekend è stato prima il quarto e poi il settimo film più visto in Italia, principalmente grazie al passaparola tra chi lo ha visto e lo ha apprezzato.
Le città di pianura è il secondo film del regista Francesco Sossai, che è veneto, come sono veneti l’ambientazione del film e molto del suo carattere: non a caso era uscito inizialmente il 25 settembre solo in 16 cinema del Triveneto – cioè in Trentino-Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia – incassando 90mila euro nella prima settimana. La settimana dopo, quando è stato distribuito a livello nazionale, ha incassato 274mila euro, ma ancora più significativo è stato il risultato ottenuto nel secondo weekend di distribuzione nazionale, quando ha fatto un incasso superiore del 12 per cento rispetto al primo, una cosa che capita raramente.
Per capire il successo si può fare un paragone col film Testa o croce?, che è italiano, è uscito nello stesso weekend ed era stato presentato a Cannes nella stessa categoria. A differenza di Le città di pianura ha due attori noti: Alessandro Borghi e l’americano John C. Reilly. Nonostante questo dopo quasi un mese il film è programmato in 4 sale in tutta Italia e ha incassato in totale 127mila euro.
Le città di pianura è un “road movie”, ovvero rientra nella categoria di film in cui i protagonisti fanno un viaggio (solitamente in macchina) e ne escono cambiati. La trama è piuttosto semplice: mentre sono a Venezia in cerca di bar dove bere un ultimo bicchiere due amici sulla cinquantina, Carlobianchi (Sergio Romano) e Doriano (Pierpaolo Capovilla), incontrano un timido studente, Giulio (Filippo Scotti). Giulio si unisce a loro e a quel punto la ricerca dell’ultima bevuta diventa un viaggio in auto di un giorno attraverso la provincia veneta.
Filippo Scotti è diventato noto nel 2021, col ruolo del protagonista del film di Paolo Sorrentino È stata la mano di Dio. Sergio Romano invece è un attore più che altro conosciuto per i ruoli interpretati in televisione, mentre Pierpaolo Capovilla è un cantante molto famoso per il rock alternativo italiano, avendo fatto parte prima degli One Dimensional Man e poi del Teatro degli Orrori, band venete degli anni Novanta e Duemila.
Quando esce un film, specie se è di nicchia come Le città di pianura, i risultati della prima settimana sono fondamentali perché è lì che si concentra l’attenzione degli esercenti: se un film va bene molti altri cinema potrebbero richiederne una copia. È quello che è successo in questo caso: dopo il primo weekend di programmazione nel Triveneto i dati sono stati molto positivi, e diversi cinema hanno chiesto di aggiungerlo alla loro programmazione.
Lucky Red, che distribuisce il film, ha detto di aver scelto di controllarne la diffusione, per non rischiare di disperdere il pubblico. Nel mercato italiano, più sale proiettano un film e più si rischia che alcune restino vuote, portando i cinema a toglierlo dalla programmazione. Limitando la distribuzione, il film ha mantenuto invece buone medie e ha potuto restare più a lungo nelle sale. Anche perché, spiega Valerio Scarinci, responsabile della comunicazione e del marketing di Lucky Red, «funziona meglio nei cinema di città rispetto che nei multisala», dove è comune che i film d’autore abbiano risultati più bassi.
Le città di pianura ha in effetti tutte le caratteristiche del film d’autore e sta piacendo molto agli appassionati di cinema più attenti, che ci hanno visto un racconto dell’Italia diverso da quello che si vede solitamente al cinema, anche solo per il fatto che è ambientato in una regione dove di solito il cinema non va. Non a caso quest’anno era nella sezione Un Certain Regard del festival di Cannes, quella dedicata a registi emergenti e a film più sperimentali. Queste caratteristiche, assieme al passaparola, lo hanno aiutato a fare buoni risultati nelle grandi città.
Il luogo in cui ha incassato maggiormente, circa il 40 per cento del totale, è il Triveneto, che è anche il posto su cui la produzione ha puntato di più. La scelta di farlo uscire prima in una zona geografica limitata, spiega Scarinci, è dovuta al fatto che «volevamo comunicarlo a un pubblico più pronto e ricettivo sul film». Per riempire le sale si è puntato sul passaparola grazie al tour che il cast del film ha fatto in anteprima nel Veneto, dove è un po’ più noto rispetto ad altre parti d’Italia. Per la promozione Lucky Red ha cercato di comunicare la parte divertente del film, quella legata al tormentone dell’“ultima bevuta”, che secondo Scarinci lo alleggeriva. Per i poster hanno usato un’immagine «scanzonata», quella in cui si vede uno dei protagonisti, Capovilla, sbirciare oltre la parete del Memoriale Brion, un posto architettonicamente molto speciale in provincia di Treviso.
I pochi critici che hanno scritto di Le città di pianura lo hanno paragonato a film come Amici miei di Mario Monicelli o Il sorpasso di Dino Risi, tutti film in cui c’è una componente di viaggio e i protagonisti diventano maschere, figure esagerate ma riconoscibili, usate per dire qualcosa di più generale sugli italiani e sul loro modo di vivere. Le città di pianura racconta una storia un po’ bizzarra, ma finisce per parlare di cose molto grosse: la crisi del 2008, la perdita del lavoro, la fine di un’epoca in cui il Veneto era pieno di piccole e medie imprese e di imprenditori che si comportavano come grandi signori. Da allora il paesaggio della regione è cambiato, ed è anche questo che racconta il film: i paesi si sono svuotati, la vita di comunità è diminuita, e in molti luoghi è rimasta una certa desolazione.

Una scena di Le città di pianura
Secondo il regista il film ha avuto un impatto molto forte sul pubblico veneto per via della «gioia e la soddisfazione di sentirsi finalmente rappresentati», dopo che tradizionalmente la regione era stata mostrata nel cinema solo attraverso «Venezia e le Dolomiti». Ma nel film è contenuta anche una sorta di critica al tipo di vita che si conduce mediamente nella provincia veneta.
Sossai ha detto che alle proiezioni a cui ha assistito una parte del pubblico veneto è rimasta «scioccata» dal film, ma i dibattiti sono stati molto partecipati anche al di fuori della regione: una cosa che lo ha colpito, dice, è che la gente si ferma fuori dal cinema a parlare dopo la proiezione. Lo ha riscontrato lui ma gli è stato riferito anche da persone che frequentano i cinema e dagli esercenti stessi. Se lo spiega perché i temi del film sono «molto nazionali» e perché «tutta l’Italia alla fine è provincia».
È un film che ha avuto una lunga lavorazione: Sossai ha impiegato sei anni per scrivere la sceneggiatura. Durante questo periodo si è trasferito dalle Dolomiti alla provincia di Padova, per imparare a raccontare come vive chi abita nella pianura veneta, e in quel periodo ha viaggiato quasi esclusivamente all’interno di quella zona. Il motivo per cui sia il suo primo sia il suo secondo film sono ambientati in Veneto è che «sono l’unica cosa che conosco», dice. La maggior parte dei dialoghi nel film deriva da cose che ha sentito o origliato in giro, spesso proprio al bar, e che ha annotato su dei quaderni. Ha però scelto di non utilizzare il dialetto, perché nel suo primo film, Altri cannibali, che sarà disponibile su Mubi dal primo novembre, lo aveva fatto e «questo lo aveva limitato». Questa volta dice di aver fatto ricorso a «una sorta di esperanto veneto accessibile a tutti».



