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  • Venerdì 17 ottobre 2025

Ai manifestanti in Perù non piace nemmeno il nuovo presidente

Con grandi proteste chiedono le dimissioni di José Jerí, che ha sostituito Dina Boluarte ma è ritenuto altrettanto inadatto ad affrontare la criminalità

Proteste contro il nuovo presidente ad interim José Jerí a Lima, il 10 ottobre del 2025 (AP Photo/Guadalupe Pardo)
Proteste contro il nuovo presidente ad interim José Jerí a Lima, il 10 ottobre del 2025 (AP Photo/Guadalupe Pardo)
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Venerdì scorso José Jerí è stato nominato presidente ad interim del Perù, dopo che nella notte tra giovedì e venerdì il Congresso aveva destituito con un voto di sfiducia la sua predecessora Dina Boluarte. Boluarte era in carica dal 2022, ma è sempre stata impopolare perché ritenuta incapace di affrontare l’aumento della criminalità nel paese (oltre che per una serie di scandali di corruzione che l’hanno coinvolta). Jerí è diventato presidente perché primo in linea di successione secondo la Costituzione peruviana, e Boluarte non aveva mai nominato un vicepresidente.

Da settimane nella capitale Lima sono in corso intense e violente proteste antigovernative, che non si sono fermate con la rimozione di Boluarte, anzi: ora i manifestanti stanno chiedendo le dimissioni di Jerí. Durante le proteste è stato ucciso un manifestante e almeno 100 persone sono state ferite, tra dimostranti e agenti di polizia. Giovedì il governo ha detto che dichiarerà lo stato di emergenza, non escludendo misure come l’imposizione del coprifuoco e restrizioni alla circolazione di veicoli.

I manifestanti ritengono che Jerí sia in continuità con la precedente presidenza, e che quindi non riuscirà ad affrontare la profonda corruzione della classe dirigente peruviana, giudicata una delle cause della crescente criminalità. Poco dopo essere entrato in carica Jerí ha ordinato una grande retata in quattro prigioni peruviane per sequestrare cellulari, droghe e altro materiale di contrabbando. A una di queste ha anche partecipato personalmente. Secondo i critici però sono poco più che dei gesti simbolici, che non avranno effetti concreti.

Un manifestante mostra una bandiera del Perù durante una protesta contro Jerí a Lima, il 15 ottobre 2025 (AP Photo/Martin Mejia)

José Jerí è un avvocato membro del partito conservatore Siamo il Perù, e a luglio era stato eletto presidente del Congresso grazie ai voti di partiti di destra (come Forza Popolare, Azione Popolare e Alleanza per il Progresso) ma anche grazie al sostegno del principale partito di sinistra, Perù Libero, di cui faceva parte anche Boluarte prima di essere espulsa nel 2022.

Tutti questi partiti sostenevano il governo di Boluarte. Molti analisti politici e organizzazioni per i diritti umani sostengono che la strana alleanza tra destra e sinistra al Congresso abbia sistematicamente sfruttato le istituzioni per indebolire la magistratura, intaccandone l’indipendenza, e per proteggersi da possibili condanne (lo stesso Jerí al momento è indagato per corruzione e all’inizio dell’anno era stato accusato di stupro, in un procedimento poi archiviato). Secondo i critici, questo uso delle istituzioni avrebbe favorito la crescita del principale problema del paese: la criminalità.

Negli ultimi tre anni il Perù ha registrato un forte aumento di vari reati, tra cui soprattutto omicidi ed estorsioni. Secondo Le Monde i casi di estorsione dal 2022 sono aumentati del 540 per cento; in alcuni quartieri di Lima anche del 900 per cento. I dati sono considerati sottostimati dato che molte vittime non denunciano per paura di ritorsioni. Inoltre tra gennaio e agosto di quest’anno ci sono stati 6.041 omicidi: quasi il triplo dei 2.082 del 2024, e quasi dieci volte in più rispetto ai 676 nel 2017.

Scontri tra polizia e manifestanti a Lima, il 15 ottobre 2025 (AP Photo/Martin Mejia)

Questo aumento della criminalità colpisce in particolare due categorie: i piccoli negozianti e gli autisti di mezzi pubblici o di trasporto privato. I commercianti subiscono pressioni dai criminali locali ad accettare “protezione” in cambio di una sorta di pizzo, e spesso il mancato pagamento genera conseguenze come l’incendio dei negozi. Le Monde scrive che dall’inizio dell’anno circa 2.600 negozi di alimentari hanno chiuso per la generale insicurezza causata dalle attività criminali.

Anche gli autisti di autobus o di piccole compagnie di taxi spesso subiscono estorsioni. Un autista di autobus e sindacalista ha raccontato a Le Monde che ogni giorno deve pagare circa 30 soles peruviani (circa 7,60 euro), quando a Lima un lavoratore in media guadagna 71 soles (18 euro) al giorno. Dall’inizio dell’anno sono stati uccisi 180 autisti. Spesso questo denaro va ad alimentare organizzazioni criminali più grandi legate al narcotraffico e alle estrazioni minerarie illegali.

È diffusa la percezione che le istituzioni non abbiano fatto abbastanza per contrastare questo problema, abbandonando le persone comuni, e che la corruzione del governo e del Congresso abbia prodotto una classe dirigente distaccata dalla realtà. Quando il sindacato degli autisti bloccò per protesta le strade di Lima a inizio ottobre, Boluarte suggerì: «Non rispondete a chiamate da numeri sconosciuti. Non aprite i messaggi», riferendosi al fatto che molte delle estorsioni in Perù avvengono attraverso messaggi e chiamate. La frase fu molto criticata e considerata fuori luogo per la gravità della situazione.