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  • Venerdì 17 ottobre 2025

L’epidemia che ha devastato i boschi del Nord Italia fa meno paura

Dopo aver fatto morire milioni di alberi, ora il bostrico tipografo si riproduce molto più lentamente

Un albero morto a causa del bostrico in Alto Adige
Un albero morto a causa del bostrico in Alto Adige (Simone Padovani/Getty Images)
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In quasi tutte le valli del Trentino le chiazze rosse e grigie apparse negli ultimi anni nel paesaggio verde dei boschi non si allargano più. Il grigio è il colore degli alberi morti a causa del bostrico tipografo, un piccolo insetto che nel 2019 iniziò a riprodursi a un ritmo eccezionale sotto la corteccia delle piante causando l’abbattimento di milioni di alberi nelle regioni del Nord Italia, in particolare in Trentino-Alto Adige, Veneto, Lombardia e Friuli Venezia Giulia. Dopo quasi sei anni di emergenza, ora la riproduzione di questo insetto è decisamente più lenta, sotto controllo, e l’epidemia fa molta meno paura.

A differenza dell’epidemia di coronavirus, quella di bostrico era attesa. Alla fine del 2018 molti agronomi misero in guardia le regioni dall’infestazione. Nell’autunno di quell’anno infatti c’era stata la tempesta chiamata Vaia, che provocò gravissimi danni soprattutto nelle province di Trento, Belluno e Vicenza. In una sola notte il vento a oltre 150 chilometri orari abbatté circa 16 milioni di alberi, più di 8 milioni di metri cubi di legname, su una superficie di 410 chilometri quadrati: così si crearono le condizioni ideali per la riproduzione del bostrico.

Il nome scientifico di questo insetto è Ips typographus. È un coleottero di forma cilindrica e di colore bruno, lungo circa cinque millimetri. In Europa è endemico: significa che non è una specie invasiva importata dall’estero. Anzi, in condizioni normali la presenza del bostrico nell’ecosistema è importante perché il suo compito è avviare il processo di decomposizione di alberi vecchi e deboli.

Un bostrico tipografo

Un bostrico tipografo (Sean Gallup/Getty Images)

Il bostrico maschio individua un albero in difficoltà e scava un buco nella corteccia. A quel punto richiama la femmina attraverso feromoni, sostanze utilizzate da molti organismi viventi per comunicare chimicamente con altri. In media ogni maschio si accoppia con due femmine, che depongono le uova sotto la corteccia. Le femmine si muovono nella corteccia scavando gallerie che formano una sorta di disegno, da cui il nome tipografo.

Anche le larve scavano, ma verso il centro del tronco, tagliando e interrompendo i vasi che trasportano la linfa essenziale per mantenere in vita gli alberi. A quel punto la pianta muore. È complicato intervenire e salvare un albero perché l’attacco è quasi invisibile e il ciclo di riproduzione rapido, da sei a otto settimane. Ogni femmina può deporre circa 80 uova alla volta, fino a tre volte all’anno negli anni più caldi. Una volta che l’insetto diventa adulto, lascia l’albero dove è cresciuto (in gergo si dice che “sfarfalla”) e va alla ricerca di un nuovo albero da attaccare.

Le gallerie scavate dal bostrico

Le gallerie scavate dal bostrico (Bob Riha, Jr./Getty Images)

Quando il bostrico si riproduce a dismisura diventa così forte da diffondersi molto rapidamente attaccando anche le piante sane. Dal 2019 nelle regioni del Nord Italia è successo esattamente questo. I moltissimi alberi abbattuti dalla tempesta Vaia erano in prevalenza abeti rossi, la varietà preferita dal bostrico, che in questo ambiente è riuscito a riprodursi enormemente.

L’epidemia di bostrico ha un andamento simile a quello delle cosiddette ondate di coronavirus. Il “contagio” continua a crescere fino a quando non raggiunge un picco, per poi diminuire. Per tenere d’occhio la riproduzione del bostrico sono state installate centinaia di trappole che attirano gli insetti grazie ai feromoni. Nel 2020 ogni trappola ha catturato in media 24mila insetti, il triplo della soglia epidemica stabilita a livello europeo. Ma ci sono state trappole in cui il limite è stato superato di oltre 20 volte.

Per limitare l’epidemia la prima cosa da fare è stata rimuovere dai boschi tutti i tronchi caduti. In alcune zone questo lavoro è stato fatto velocemente, in altre la pulizia è stata più lenta e complicata anche perché non era facile trovare imprese di boscaioli. L’altopiano di Asiago, in Veneto, è una delle zone dove la rimozione degli alberi è stata più veloce, e oggi si vedono gli effetti del lavoro fatto: si intravede ancora qualche macchia rossa o grigia, ma la situazione è sotto controllo.

Alberi attaccati dal bostrico in provincia di Trento

Alberi attaccati dal bostrico in provincia di Trento (Simone Padovani/Getty Images)

Alessandro Wolynski, direttore dell’ufficio pianificazione, silvicoltura e economia forestale del servizio foreste della provincia autonoma di Trento, spiega che nel 2024 il meteo ha dato una grossa mano. Non è stato un anno troppo caldo e per di più ha piovuto molto in primavera, limitando molto il volo del bostrico da una pianta all’altra. L’umidità ha anche rafforzato gli alberi, rendendoli più resistenti agli attacchi.

Il calo è dovuto anche alla crescita dei naturali antagonisti del bostrico – altri insetti, funghi e uccelli – che negli ultimi anni hanno avuto molto più cibo a disposizione. La rimozione degli alberi morti, la pioggia e l’azione degli antagonisti ha rallentato molto l’epidemia. «Stiamo vedendo la via d’uscita dalla fase epidemica», dice Wolynski. «Rimangono problemi in alcune zone limitate dove è più diffuso l’abete rosso, come la Val di Fiemme e nel Primiero».

Il monitoraggio della diffusione del bostrico

Il monitoraggio della diffusione del bostrico (Sean Gallup/Getty Images)

I dati più recenti del monitoraggio fatto dalla provincia di Trento dicono che solo il 18 per cento delle trappole supera la soglia critica delle 8mila catture. Fino al 2023 la percentuale era di circa l’85 per cento. Secondo le stime del servizio forestale, la superficie danneggiata è passata da 220 a quasi 9 chilometri quadrati. All’inizio di agosto la provincia ha rimosso il divieto di abbattimento di piante verdi nell’ambito dei piani di gestione delle foreste. Il blocco era stato imposto proprio per favorire la rimozione dei tronchi abbattuti o degli alberi attaccati dal bostrico.

Nei prossimi mesi i tecnici forestali dovranno continuare a controllare con attenzione il territorio perché bastano pochi focolai per far ripartire l’epidemia. Quando viene individuata una zona attaccata, bisogna abbattere gli alberi intorno al focolaio per evitare una nuova infestazione. Molto dipenderà anche dalle condizioni meteorologiche: con una primavera calda e siccitosa c’è il rischio che gli insetti tornino a riprodursi velocemente attaccando di nuovo le piante sane.