Cos’è questa storia della richiesta di amministrazione giudiziaria per Tod’s
La procura di Milano contesta episodi di sfruttamento nella filiera di produzione, mentre l’azienda respinge le accuse

Da alcuni giorni è diventata nota la richiesta della procura di Milano di mettere in amministrazione giudiziaria l’azienda di moda Tod’s. Secondo la procura Tod’s non avrebbe controllato adeguatamente la sua filiera produttiva, in cui sarebbero stati riscontrati episodi di sfruttamento lavorativo e varie irregolarità in alcune ditte che lavorano per il gruppo. Il presidente e amministratore delegato del gruppo, Diego Della Valle, ha definito l’accusa «pesante e ingiusta».
La richiesta della procura, fatta per la prima volta lo scorso dicembre, è stata respinta nei mesi scorsi dal tribunale di Milano e dalla Corte d’appello. Adesso dovrà occuparsene la Corte di Cassazione, l’ultimo grado di giudizio, a cui la procura ha fatto ricorso, e che ha fissato un’udienza per il prossimo 19 novembre stando all’agenzia Reuters, che ha reso nota la notizia. Questa vicenda di Tod’s è l’ultima di una serie di indagini che negli ultimi anni la procura di Milano, e in particolare il pubblico ministero Paolo Storari, ha avviato su diverse grandi aziende in vari settori, dalla moda alla logistica, nelle cui filiere produttive sono stati denunciati casi di sfruttamento, caporalato, frode o evasione fiscale.
L’amministrazione giudiziaria è un provvedimento istituito per contrastare le infiltrazioni mafiose, e che poi si è evoluto fino a comprendere reati come appunto lo sfruttamento e il caporalato. Prevede che vengano nominati uno o più funzionari (gli amministratori giudiziari, appunto) incaricati di correggere pratiche illecite all’interno della filiera di un’azienda. Di recente è stata disposta, restando alla moda, nei confronti di aziende dei gruppi Dior, Armani, Alviero Martini Spa (in questi casi l’amministrazione è poi stata revocata in anticipo) e Valentino. L’ultimo caso, e il più eclatante, è stato quello che ha coinvolto il marchio di lusso Loro Piana.
Provvedimenti simili cercano di intervenire su un sistema ramificato che esiste da anni, ma su cui finora non c’erano stati interventi così sistematici perché è molto complicato individuare i responsabili dello sfruttamento in filiere frammentate come quella della moda, in cui ci sono aziende più grandi che affidano il lavoro a quelle più piccole, che a loro volta lo subappaltano ad aziende ancora più piccole. L’obiettivo generale di questi passaggi è ridurre i costi di produzione e massimizzare i profitti. L’approccio di Storari – ritenuto così innovativo che si parla di “metodo Storari”, ma che per certi aspetti è anche molto criticato – è, in grande sintesi, ritenere responsabili dello sfruttamento non solo le società appaltatrici ma anche i marchi committenti, per via dei mancati controlli sulla loro filiera.
Nel caso di Tod’s, secondo la procura di Milano è successo qualcosa di analogo a quello per cui è stata accusata Loro Piana. Nelle 94 pagine del ricorso alla Cassazione si legge che dai controlli della polizia giudiziaria sarebbero emerse varie irregolarità in alcune fabbriche a conduzione cinese nelle province di Milano, Pavia, Fermo e Macerata che lavorano per ditte a loro volta fornitrici di Tod’s. In questi opifici, secondo la ricostruzione della procura, i lavoratori non sarebbero pagati per le ore che lavorano, avrebbero stipendi molto bassi, sarebbero pagati in nero, e le norme di sicurezza e igiene sul lavoro non sarebbero rispettate.
Più nello specifico secondo la procura dal 2023 al 2024 Tod’s ha affidato la produzione delle uniformi aziendali per i propri addetti alle vendite a un’azienda in provincia di Milano che non aveva capacità produttiva, e ha quindi subappaltato il lavoro a un’altra azienda italiana. Quest’ultima, a sua volta, ha subappaltato la produzione a due ditte di proprietà cinese, che sono indagate per sfruttamento. Nella Marche invece Tod’s avrebbe stipulato contratti con due laboratori a conduzione cinese per la produzione di tomaie e altri componenti per le calzature da gennaio del 2024 a gennaio del 2025. Qui tra le altre cose gli ispettori avrebbero scoperto che i lavoratori venivano pagati circa tre euro all’ora.

Diego Della Valle al gala di Business of Fashion a Parigi, 4 ottobre 2025 (Pascal Le Segretain/Getty Images for the Business of Fashion )
Tod’s non è indagata, quindi non è accusata direttamente di sfruttamento, o di aver compiuto reati di cui invece vengono incolpate altre aziende della filiera. Per la procura in sostanza il problema è che Tod’s avrebbe omesso di controllare la filiera e così avrebbe agevolato lo sfruttamento al suo interno.
Finora il tribunale di Milano e la Corte d’appello hanno dichiarato inammissibile la richiesta della procura sostanzialmente per ragioni di competenza territoriale, dicendo cioè che essendo la sede di Tod’s nelle Marche la vicenda dovrebbe essere seguita da un tribunale marchigiano. A fine maggio Storari ha quindi fatto ricorso in Cassazione, contestando le motivazioni del respingimento della richiesta.
Nei giorni scorsi Tod’s aveva diffuso una nota in cui diceva in sintesi di aver sempre rispettato le regole. Venerdì Della Valle, il presidente e amministratore delegato di Tod’s, ha tenuto una conferenza stampa nella sede milanese dell’azienda per difendersi pubblicamente dalle accuse. Ha invitato Storari a visitare i suoi stabilimenti, e «ad avere una condotta meno superficiale quando si occupa delle realtà imprenditoriali del nostro paese», aggiungendo che indagini di questo tipo rischiano di danneggiare enormemente il “made in Italy”. Della Valle ha detto anche che Tod’s controlla la filiera e verifica le condizioni di lavoro dei dipendenti, ma che l’azienda non può essere accusata «per un comportamento scorretto di chi decide, a nostra insaputa, di violare le regole».
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