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  • Mercoledì 8 ottobre 2025

I nuovi scontri in Siria tra esercito e curdi

Ad Aleppo: mostrano come il progetto di integrare la più importante minoranza del paese nello stato centrale stia fallendo

Combattenti delle SDF in Siria, agosto 2025
Combattenti delle SDF in Siria, agosto 2025 (AP Photo/Baderkhan Ahmad)
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Tra lunedì e martedì l’esercito siriano si è scontrato militarmente con le forze curde ad Aleppo, la seconda città della Siria e la principale del nord del paese. Le violenze sono terminate con un cessate il fuoco annunciato martedì, ma hanno mostrato come il rapporto tra lo stato centrale e i curdi, la principale minoranza del paese, sia assai teso e difficile da gestire.

Gli scontri sono avvenuti nei due quartieri di Ashrafieh e Sheikh Maqsoud di Aleppo, che sono controllati dalle Forze democratiche siriane (SDF nel più noto acronimo inglese), cioè l’esercito dei curdi siriani. Non sono chiare le cause. Secondo SANA, l’agenzia di stampa ufficiale siriana, le forze curde avrebbero attaccato dei posti di blocco dell’esercito regolare con mitragliatrici e colpi di mortaio, e l’esercito avrebbe risposto. Le SDF hanno negato, e hanno incolpato invece le provocazioni dell’esercito. Non è chiaro nemmeno quante persone siano state uccise: secondo SANA, almeno un soldato del governo e un civile, ma testimoni sul posto sostengono che potrebbero esserci altre persone.

Martedì i combattimenti si sono placati dopo che Mazloum Abdi, il capo delle SDF, è andato nella capitale Damasco per incontrare il ministro della Difesa Murhaf Abu Qasra. I due hanno concordato un «cessate il fuoco complessivo su tutti i fronti e in tutte le posizioni militari nel nord e nel nord-est della Siria». All’incontro hanno partecipato anche alcuni delegati statunitensi, che sono i principali alleati dei curdi siriani nella regione: a partire dal 2014 i curdi siriani furono fondamentali nella coalizione a guida statunitense contro il gruppo terroristico dello Stato islamico.

– Leggi anche: Tutti i gruppi della nuova Siria

La situazione tra i curdi e lo stato centrale è tesa da tempo. Durante il regime del dittatore Bashar al Assad, i curdi riuscirono a crearsi un’ampia zona di totale autonomia nel nord-est del paese, che ancora occupa circa il 30 per cento del territorio siriano. I curdi hanno il proprio esercito e la propria amministrazione e controllano anche altre piccole zone nel nord della Siria, come appunto parte di Aleppo e di Deir Ezzor.

Quando il regime di Assad fu rovesciato lo scorso dicembre dalle forze dell’attuale presidente Ahmad al Sharaa, i curdi accettarono di reintegrarsi gradualmente nello stato, pur chiedendo di mantenere una certa autonomia. A marzo Mazloum Abdi e al Sharaa firmarono un accordo che prevedeva l’integrazione completa delle SDF nelle forze armate regolari siriane, che doveva anticipare una complessiva integrazione politica.

Quell’accordo però non è mai stato applicato, soprattutto a causa della sfiducia tra le parti. È questa sfiducia, oltre all’impazienza dello stato centrale per la mancata applicazione dell’accordo, a provocare le tensioni. I curdi, tra le altre cose, sono restii ad abbandonare le armi e a integrarsi completamente nello stato perché finora i rapporti del governo centrale con le altre minoranze sono stati pessimi e violenti.

A marzo le forze governative avevano massacrato centinaia di alawiti nella zona costiera della Siria. A luglio c’erano stati invece ampi scontri con le milizie dei drusi nel sud del paese, anche in questo caso con centinaia di morti.