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  • Mercoledì 8 ottobre 2025

Il Politecnico di Torino è una potenza a Tashkent

Da quindici anni ha un campus e gestisce corsi in Uzbekistan con professori italiani: ha contribuito alla crescita di un'industria dell'automobile quasi monopolista

di Valerio Clari

La sede del Politecnico di Torino di Tashkent
(Valerio Clari/il Post)
La sede del Politecnico di Torino di Tashkent (Valerio Clari/il Post)
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Lungo le strade di tutto l’Uzbekistan, nelle città e nelle steppe, le automobili in circolazione sono quasi tutte uguali: cinque o sei modelli al massimo, nove su dieci con lo stesso marchio, quello della statunitense Chevrolet, quasi tutte bianche o nere. Non sono importate, le producono tutte lì, in Uzbekistan: le fa l’azienda statale UzAuto Motors, in accordo con la statunitense General Motors, proprietaria del marchio Chevrolet. La storia dell’autosufficienza automobilistica uzbeka ha però anche un altro protagonista: il Politecnico di Torino.

A Tashkent, capitale del paese da tre milioni d’abitanti e principale città dell’Asia centrale, ci sono un’università e un campus che si chiamano proprio così: Turin Polytechnic University in Tashkent (TTPU).

Dal 2009 è una delle principali università di ingegneria del paese. La sede asiatica del Politecnico di Torino ha formato ingegneri e dirigenti per il settore automobilistico uzbeko. Ogni anno, da più di quindici anni, fino a 50 professori provenienti da Torino fanno periodi di lezione lì (in inglese), vivendo dentro il campus e formando studenti che laureandosi ottengono il doppio titolo, quello della TTPU ma anche quello del Politecnico di Torino.

Un cortile interno del campus, all’interno della capitale uzbeka (Valerio Clari/il Post)

Le collaborazioni internazionali delle grandi università occidentali sono oggi piuttosto comuni. Lo erano meno nel 2009, soprattutto in Asia centrale, e sono decisamente meno frequenti le sedi distaccate di università straniere aperte in un altro paese: ci sono la Sorbona e la New York University ad Abu Dhabi, o la Duke University in Cina, per fare alcuni esempi.

La storia del Politecnico in Uzbekistan nacque per quella che l’attuale rettore Stefano Corgnati definisce una «fortunata coincidenza».

Nel 2008 General Motors aveva un centro di ricerche per lo sviluppo di nuovi motori diesel all’interno delle strutture del Politecnico, e nello stesso periodo aveva fatto accordi con il governo uzbeko per cominciare la produzione nel paese. Fu l’azienda statunitense a mettere in contatto l’università con il governo dell’allora presidente uzbeko Islam Karimov. Nel giro di un anno fu costruito da zero e aperto il campus di Tashkent, nella zona nord-ovest della città. Dal 2009 iniziarono i corsi di laurea di ingegneria meccanica (con particolare focus sul settore automobilistico), civile e informatica.

Un’aula di lezione all’interno del campus (Valerio Clari/il Post)

Dice Corgnati: «Per il Politecnico fu il primo vero piano di internazionalizzazione. Oggi abbiamo una presenza consolidata in vari paesi, 82 titoli di doppia laurea in giro per il mondo e una percentuale di studenti stranieri a Torino fra le più alte nelle università non “per stranieri”». Dice che allora il Politecnico agì anche come «strumento di diplomazia della conoscenza», rendendo più facili i rapporti fra Italia e Uzbekistan.

Per l’Uzbekistan l’accordo fu invece lo strumento per creare o consolidare le competenze soprattutto nel settore automobilistico. All’inizio tutte le lezioni erano tenute da insegnanti italiani, oggi siamo intorno al 50 per cento di professori da Torino e l’altra metà locali. Alla TTPU gli studenti uzbeki possono prendere la laurea triennale, poi proseguire con quella magistrale a Torino (o in un’altra università europea).

Un murale sul Politecnico di Torino nei corridoi dell’università a Tashkent (Valerio Clari/il Post)

Il vicerettore Bakhtiyor Yokubov, che fu tra i primi laureati dei corsi del Politecnico, racconta che una volta finiti gli studi triennali in Uzbekistan e i dottorati all’estero molti studenti tornano in Uzbekistan, dove «hanno posizioni di vertice in molte aziende, o diventano a loro volta insegnanti e dirigenti universitari».

I legami con l’apparato dello stato e con l’azienda UzAuto Motors sono continui e solidi. L’attuale ministro dell’Istruzione superiore, Kongratbay Sharipov, è stato rettore del Turin Polytechnic, mentre parte dei progetti di ricerca e dei laboratori sono finanziati dall’azienda automobilistica.

Un laboratorio per auto elettriche e il vicerettore Bakhtiyor Yokubov (Valerio Clari/il Post)

Più dell’80 per cento delle auto vendute in Uzbekistan continua a essere prodotta da UzAuto, che vende Chevrolet anche in Russia e Bielorussia. Le principali alternative sul mercato uzbeko sono ADM, azienda locale che produce le Kia, e la cinese BYD (con stabilimenti in Uzbekistan), mentre dazi alti bloccano di fatto le importazioni di auto dall’estero. UzAuto contribuisce in modo sensibile al prodotto interno lordo nazionale, impiega più di 30mila persone, ed è l’azienda che produce più auto in Asia centrale.

L’università nella maggior parte dei casi garantisce quindi un futuro aziendale o accademico. Guido Marchetto è stato project manager alla TTPU, cioè il responsabile dei corsi di laurea del Politecnico di Torino, e oggi è uno dei professori che passano settimane (nel suo caso un paio di mesi l’anno) a Tashkent. Dice: «Per molti degli studenti questa università è una sorta di scala mobile sociale, per cui alcuni risultano anche più motivati e focalizzati sugli studi di quanto succeda in Italia».

La biblioteca del Politecnico, che è anche aula studio e sede di esami (Valerio Clari/il Post)

Gli studenti dell’università sono 2.400, quelli coinvolti nei corsi gestiti da Torino circa 800. Per i corridoi delle strutture si vedono sia ragazzi che ragazze.

Il vicerettore dice che a seconda dei corsi di laurea la maggioranza di maschi è più o meno larga (ingegneria meccanica è più maschile, per esempio), ma che la situazione non è troppo diversa da quelle di università simili in Occidente. In questo senso la TTPU e Tashkent sono piuttosto un’eccezione, in un paese a maggioranza musulmana in cui le discriminazioni di genere sono diffuse.

Un laboratorio di robotica (Valerio Clari/il Post)

Marchetto racconta che i professori italiani (possono essere fino a quindici in contemporanea) vivono all’interno del campus dove hanno una stanza, un ufficio e una cucina comune in cui ci «si organizza per cenare». All’interno del campus ci sono campi sportivi, palestre, una piscina e molti giardini sullo stile di un campus statunitense: «Si può anche fare sport qui, ma non restiamo sempre chiusi dentro, anche perché questo paese e questa città sono cambiati tantissimo da quando abbiamo iniziato e ora sono un posto dove è piacevole stare o uscire».

Quando la TTPU aprì, l’Uzbekistan governato da Karimov era un paese molto chiuso, in cui le libertà civili e democratiche erano fortemente limitate (tuttora è uno stato autoritario e una democrazia non compiuta). I dirigenti del Politecnico dicono di non aver incontrato mai particolari difficoltà o problemi, anche perché il progetto era stato voluto dal governo ed era funzionale alla crescita industriale.

Una delle palestre: all’interno del campus ci sono molte strutture sportive (Valerio Clari/il Post)

Nel tempo le collaborazioni fra le due sedi del Politecnico di Torino sono aumentate, andando oltre il settore automobilistico. Ora riguardano anche i temi dell’energia, della gestione dell’acqua – sia a livello urbano che agricolo –, delle tecniche e delle costruzioni antisismiche. I progetti futuri riguardano invece maggiormente la ricerca, l’innovazione e la formazione di imprese.

A livello economico l’Uzbekistan si è aperto al mondo da meno di una decina d’anni. A maggio ci è andata in visita ufficiale la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, stringendo accordi che riguardano vari settori economici.

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