Emmanuel Macron dice che nominerà un nuovo primo ministro entro venerdì sera
Per risolvere la crisi di governo in corso, dopo che era apparso sempre più isolato anche fra i suoi alleati

L’ufficio della presidenza francese ha annunciato che Emmanuel Macron nominerà un nuovo primo ministro «entro 48 ore» da mercoledì sera, cioè entro venerdì sera, per superare la crisi di governo causata dalle dimissioni lunedì del primo ministro Sébastien Lecornu. Sarebbe il sesto primo ministro in poco più di un anno, in un periodo di instabilità senza precedenti nella Francia contemporanea. Macron si trova in una situazione complicata, anche perché ogni giorno che passa è sempre più isolato: anche i suoi principali alleati e i primi ministri dei suoi governi precedenti stanno prendendo le distanze da lui.
Per uscire dallo stallo politico le opzioni del presidente sono limitate e tutte problematiche: se non riuscirà a nominare un nuovo governo, che avrebbe probabilmente solo il mandato di far approvare la legge di bilancio per il 2026 entro la fine dell’anno, sarà probabilmente costretto a indire elezioni anticipate (come aveva fatto nel 2024) oppure dimettersi, cosa che però finora ha detto di non voler fare.
Mercoledì sera Lecornu, dopo aver fatto nuove consultazioni tra vari partiti per trovare una soluzione, ha parlato alla televisione francese: ha confermato che ci sarebbe una maggioranza contraria allo scioglimento del parlamento e con cui sarebbe possibile approvare la legge di bilancio entro la fine dell’anno, e di ritenere possibile la formazione di un nuovo governo entro 48 ore, ma prevedendo difficoltà e senza dare alcun dettaglio sulla sua possibile composizione.
In generale però Macron sembra molto debole e isolato. Martedì l’ex primo ministro Edouard Philippe, centrista in carica fra il 2017 e il 2020, ha detto che Macron dovrebbe considerare le dimissioni anticipate, dopo l’approvazione della legge di bilancio. Le dimissioni del presidente sono invocate da tempo dalle opposizioni di destra e di sinistra, ma finora nessuno dell’area politica vicina a Macron le aveva mai incluse fra le opzioni possibili.
Philippe, ex esponente del partito conservatore I Repubblicani e dal 2021 fondatore di un nuovo partito chiamato Horizons, “Orizzonti”, non è l’unico alleato di Macron che si sta distanziando dal presidente. Lunedì Gabriel Attal, ex primo ministro che guida Renaissance, il partito di Macron, aveva detto di «non capire più» il presidente, mentre l’altra ex prima ministra Élisabeth Borne gli ha consigliato di «ascoltare e cambiare», riferendosi a una possibile sospensione della riforma delle pensioni approvata nel 2023 fra enormi proteste.
Nella primavera del 2024, per superare la frammentazione del parlamento francese, Macron aveva convocato a sorpresa nuove elezioni, ma la situazione era ulteriormente peggiorata. L’Assemblea Nazionale è divisa in tre schieramenti che finora non sono stati disposti a negoziare alcun accordo: il centro, formato da partiti che restano fedeli al presidente; i partiti di sinistra dei Socialisti, dei Verdi e della France insoumise; e l’estrema destra, dominata dal Rassemblement National (RN).
Da allora Macron ha nominato tre diversi primi ministri centristi (o di centrodestra), che hanno guidato governi di minoranza molto simili e molto deboli (quello di Lecornu non è praticamente nemmeno iniziato). Ora sembra aver “finito” gli alleati politici a cui poter dare l’incarico di governo. Tutte le opzioni che gli sono rimaste sono complesse. Convocando nuove elezioni legislative potrebbe ottenere il solo risultato di aumentare consensi e seggi delle opposizioni, soprattutto quella di destra, e ritrovarsi comunque con un parlamento senza una maggioranza chiara.
L’altra ipotesi è di dare l’incarico di formare il governo a un esponente del blocco di sinistra, un Socialista, che guiderebbe a sua volta un governo di minoranza, dovrebbe cercare l’appoggio dei centristi e con ogni probabilità come prima decisione proverebbe a cancellare o sospendere la riforma delle pensioni approvata nel 2023.
Anche all’interno del suo stesso partito in molti ritengono che Macron nell’ultimo anno abbia esercitato i suoi poteri premurandosi soprattutto di mantenere il controllo. Ha quindi nominato primi ministri a lui vicini senza il sostegno del parlamento, rifiutandosi invece di delegare ai partiti politici la ricerca di un accordo preventivo.
Altri commentatori invece sottolineano le enormi distanze fra i tre blocchi parlamentari e ritengono che con un sistema così frammentato a essere in crisi sia proprio il sistema politico francese, della cosiddetta “Quinta Repubblica”. Quando la Costituzione del 1958 fu approvata il sistema prevedeva di fatto due grandi blocchi politici, uno conservatore e uno socialista e il sistema funzionava con un presidente che si appoggiava a una maggioranza parlamentare chiara. Quando questa maggioranza mancava, indiceva nuove elezioni e poi “conviveva” con la nuova maggioranza emersa dopo il voto.
Un sistema frammentato e senza maggioranza indebolisce tutto il sistema e le dimissioni del presidente potrebbero non risolvere la questione, ma solo rappresentare un precedente che in futuro indebolirebbe la stessa figura del capo dello stato.



