Netflix sta provando a creare il suo “universo”
Come quelli di Disney e Marvel: non è così facile

Quest’estate Netflix ha organizzato un evento dal vivo per sfruttare l’enorme successo di KPop Demon Hunters, il film d’animazione diventato il più visto sulla piattaforma. Ad agosto negli Stati Uniti ci sono stati infatti due giorni di proiezioni speciali del film in versione karaoke, in cui gli spettatori potevano cantare e ballare. Lo scorso weekend poi le cantanti che danno voce alle protagoniste del film hanno partecipato a sorpresa al Saturday Night Live, il celebre programma comico della tv statunitense.
Sono alcuni dei modi con cui Netflix, che è la piattaforma di streaming con più abbonati al mondo – 300 milioni –, sta cercando di “uscire” dalla sua piattaforma e diventare un marchio di intrattenimento in senso più ampio, puntando ad avere la stessa evoluzione che hanno avuto aziende come Disney o Marvel col suo Cinematic Universe. I risultati sembrano lontani.
I primi eventi di Netflix risalgono al gennaio del 2020, quando cominciò a ospitare a San Paolo, in Brasile, “Netflix Tudum”, un evento pubblicitario di più giorni pensato per annunciare le produzioni più importanti per l’anno successivo, mostrarne i trailer, distribuire gadget e permettere ai fan di vedere dal vivo molti attori e attrici protagonisti delle produzioni Netflix. Il nome dell’evento viene dal suono che si sente quando si fanno partire i film e le serie tv sulla piattaforma.
L’evento è sempre stato molto partecipato – nel 2020 ci furono 35mila persone dal vivo e quasi 80 milioni di persone in streaming – tanto che a maggio del 2025 l’azienda ha deciso di spostarlo a Los Angeles, con l’obiettivo di dargli maggiore visibilità. Tra i partecipanti c’erano alcuni attori delle serie tv più amate come Wednesday, Squid Game, Stranger Things e Outer Banks, quelli del live action di One Piece e quelli dei film che usciranno nei prossimi mesi, come Frankenstein di Guillermo del Toro e il terzo capitolo della saga di Knives Out. La presentatrice è stata Sofia Carson, attrice e cantante che ha recitato in diversi film di Netflix come Purple Hearts e My Oxford Year.
Oltre alla sede, è cambiato anche un po’ il format della serata, che è sembrata un vero spettacolo di varietà con coreografie di ballo – come quella dei ballerini vestiti con le tute delle guardie di Squid Game – e anche un’esibizione di Lady Gaga, che ha recitato in un cameo nella seconda stagione di Wednesday, con Jenna Ortega.
Un’altra iniziativa con cui l’azienda sta provando a riunire i fan dei film e delle serie sono le “Netflix House” che progetta di aprire a novembre e dicembre a Philadelphia e Dallas. A giudicare dalle anticipazioni saranno enormi capannoni allestiti come parchi a tema ispirati ai programmi più famosi della piattaforma. Sul sito è spiegato che la “Netflix House” è una “casa dei fan”, in cui le persone possono scattarsi foto all’interno di ricostruzioni dei set delle serie tv, accedere a sale giochi, partecipare ad attività a tema e mangiare in ristoranti che prendono ispirazione dai film. Non è necessario essere abbonati e l’ingresso è gratuito, anche se serve comprare biglietti per le “esperienze”, che però non si sa ancora in cosa consisteranno.

La piantina della Netflix House di Philadelphia, in Pennsylvania (dal sito di Netflix House).
Con queste iniziative Netflix punta soprattutto a raggiungere un pubblico diverso da quello degli utenti già abbonati. È il motivo per cui già da alcuni anni sta intensificando la sua copertura di eventi sportivi, che un tempo non faceva. La notizia più recente è che ha acquistato i diritti per trasmettere il torneo di tennis Six Kings Slam 2025 che si terrà a in Arabia Saudita dal 15 al 18 ottobre, ma aveva già incluso il tennis nella sua programmazione l’anno scorso, con l’evento Netflix Slam. A novembre poi, trasmetterà un nuovo incontro di pugilato dello youtuber Jake Paul – che nel 2024 aveva combattuto contro Mike Tyson sempre su Netflix. Inoltre tutte le settimane trasmetterà incontri di wrestling, e a Natale due partite di football americano della NFL.
Nell’ultimo periodo sta inoltre puntando tantissimo sui reality show e i sui talent show e in generale su programmi che rispetto a film e serie sono più economici e veloci da produrre. Dopo il successo di numerose stagioni di reality come Love is Blind (un programma in cui i partecipanti si fidanzano senza vedersi) e The Circle (dove i concorrenti vivono separati e comunicano solo tramite un’app), Netflix ha lavorato anche ad alcuni talent show musicali, tra cui l’italiano Nuova Scena (su personaggi della scena rap) e Building the Band, in cui i cantanti-concorrenti vengono accorpati in band.
Nonostante tutti questi sforzi, però, sembra difficile che Netflix riesca a replicare quello che, per esempio, è riuscita a fare Disney, creando un universo e un immaginario così potente da riempire parchi a tema e vendere prodotti a fan di tutte le generazioni. Secondo Abigail De Kosnik, professoressa dell’università di Berkeley che studia i fandom, essere «fan di Netflix» non è un’identità e non dà alle persone un’appartenenza culturale, almeno non ancora.
– Leggi anche: L’epoca d’oro dei fandom
La mancanza di un attaccamento duraturo per i prodotti Netflix, dice De Kosnik, è causata soprattutto da due fattori. Il primo è che sembra che il pubblico si sia fatto l’idea che le serie tv di Netflix – fatta eccezione forse solo per Stranger Things – tendano a essere brevi, cioè a non essere rinnovate per più di qualche stagione, e quindi che il loro consumo sia limitato a un certo periodo di tempo. Gli abbonati a Netflix sarebbero più attaccati alla varietà di quello che la piattaforma offre che non ai suoi singoli contenuti.
Il secondo riguarda proprio il modo in cui vengono proposte e in cui le persone ne usufruiscono, col “binge watching”, cioè vedendo molti episodi consecutivi come se fosse un’abbuffata: Netflix è infatti una delle poche piattaforme che fanno uscire ancora gli episodi delle serie in blocco (per quanto da alcuni anni abbia cominciato a dividere quelle più famose in due o più parti). Questa modalità, secondo De Kosnik, non permetterebbe alle persone di creare un attaccamento duraturo con un certo prodotto culturale, e quindi renderebbe più difficile per Netflix creare un fandom longevo.



