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  • Martedì 7 ottobre 2025

Ora in Francia tocca a Macron

Deve decidere cosa fare dopo le dimissioni di Sébastien Lecornu, le ennesime di un primo ministro: o ci riprova o convoca elezioni anticipate

Il presidente francese Emmanuel Macron, a destra, insieme a Sébastien Lecornu lo scorso giugno (Benoit Tessier/AP)
Il presidente francese Emmanuel Macron, a destra, insieme a Sébastien Lecornu lo scorso giugno (Benoit Tessier/AP)
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Lunedì il primo ministro francese Sébastien Lecornu ha annunciato le dimissioni, dopo che il suo nuovo governo era appena entrato in carica. Il presidente francese Emmanuel Macron le ha accettate, ma poi gli ha chiesto di restare in carica almeno fino a mercoledì per condurre un ultimo giro di negoziati con i partiti: Lecornu è il quinto primo ministro francese a dimettersi in poco più di un anno.

È uno dei risultati della grande frammentazione della politica francese: dalle elezioni del luglio 2024 non c’è una maggioranza in parlamento e i governi centristi che ci sono stati da allora sono stati tutti governi di minoranza. Uno dei principali obiettivi del governo di Lecornu sarebbe l’approvazione della legge di bilancio per il 2026, che è molto contestata: finora però non è riuscito a trovare abbastanza sostegno.

È una situazione inedita per la politica francese, che in passato era abituata a governi e a maggioranze parlamentari molto più stabili. È anche una situazione molto incerta: non sembrano infatti esserci modi semplici per uscire dalla crisi attuale.

Il governo che è stato creato domenica rimarrà comunque temporaneamente in carica, per gestire le questioni correnti e assicurare che non ci sia un vuoto di potere. Non potrà, però, approvare riforme o atti di natura politica, e dovrà limitarsi a decisioni che garantiscano la continuazione delle attività normali.

Più complicato è capire cosa potrebbe succedere da un punto di vista politico. In teoria legalmente nulla impedisce a Macron di provare, come già fatto in precedenza, a nominare un nuovo primo ministro per cercare di formare un governo più stabile. Potrebbe nominare chiunque: anche Lecornu, di nuovo.

Idealmente Macron dovrebbe trovare qualcuno capace di assicurarsi un consenso più ampio dei suoi predecessori, una cosa però non facile. Dalle elezioni dello scorso luglio, l’Assemblea Nazionale è divisa in tre schieramenti che finora non sono stati disposti a negoziare nessun accordo: il centro, formato da partiti che restano fedeli a Macron; i partiti di sinistra dei Socialisti, dei Verdi e della France Insoumise; e l’estrema destra, dominata dal Rassemblement National (RN).

Un’altra ipotesi è che questa volta, vista la gravità della crisi politica, Macron decida di sciogliere l’Assemblea Nazionale e organizzare elezioni anticipate. Legalmente può farlo: la Costituzione prevede che non si possano organizzare nuove elezioni a meno di un anno dalle precedenti. Le ultime sono state a luglio 2024, quindi questo limite non è un problema. Per Macron la questione è, più che altro, politica: i partiti che lo sostengono sono in crisi da anni, ed è molto, molto difficile che vadano bene, se ci dovessero essere elezioni anticipate.

In compenso, è probabile che l’estrema destra e il RN aumentino il loro sostegno. Proprio per questo motivo, fino a qui, i politici del RN sono tra quelli che hanno insistito di più sulla richiesta di nuove elezioni.

Alcuni partiti in passato (in particolare La France Insoumise e il RN) hanno sostenuto che Macron, vista la situazione, dovrebbe dimettersi, per permettere ai francesi di eleggere un nuovo presidente. Macron però ha detto più volte che vuole rimanere fino alla fine del mandato, prevista per il 2027. La Costituzione prevede che il presidente possa essere rimosso solo nel caso in cui «manchi ai suoi doveri in modo chiaramente incompatibile con il suo mandato», e questo non sembra essere il caso. Il parlamento può provare a destituirlo, ma la procedura richiede una maggioranza di due terzi in entrambe le camere, ed è complicato.

La crisi del governo di Lecornu, a ogni modo, complica molto le cose per l’approvazione della legge di bilancio per il 2026, che deve passare entro la fine dell’anno. Lecornu avrebbe dovuto presentare la bozza all’Assemblea Nazionale in questi giorni, ma le sue dimissioni hanno di fatto invalidato la proposta, dal momento che un governo temporaneo non può prendere decisioni politiche.

Ormai è praticamente certo che la legge non verrà approvata in tempo: l’ipotesi più probabile è che il governo proponga all’Assemblea Nazionale di approvare una legge per estendere quella attuale, come è già successo l’anno scorso e in modo analogo a come funziona l’esercizio provvisorio in Italia, per assicurare la continuazione dei servizi pubblici.