Alle isole Fiji c’è un’epidemia di HIV
I casi sono più di dieci volte quelli di dieci anni fa, e il governo sta provando a intervenire

Nel 2014 nelle isole Fiji, arcipelago del Pacifico meridionale con poco meno di un milione di abitanti, le persone sieropositive erano meno di 500; dieci anni dopo quel numero è diventato circa dodici volte tanto, 5.900. Questo aumento è dovuto in parte al numero crescente di persone testate, in parte alla diffusione di pratiche che favoriscono i contagi, come la condivisione di siringhe tra persone tossicodipendenti. A gennaio il governo ha dichiarato ufficialmente un’epidemia di HIV.
Secondo i dati più recenti raccolti da UNAIDS, l’agenzia delle Nazioni Unite per il contrasto alla diffusione dell’HIV, delle persone sieropositive stimate nel 2024 soltanto il 24 per cento stava ricevendo il trattamento antiretrovirale, che rallenta la replicazione del virus e riduce molto il rischio di sviluppare l’AIDS, oltre a impedire il contagio. La stragrande maggioranza delle persone risultate sieropositive invece non era a conoscenza della propria condizione. Entrambi questi fattori rendono molto più difficile il contenimento del virus. Si parla di stime proprio perché si ritiene che siano ancora molte le persone sieropositive non testate e che non sanno di aver contratto il virus o di aver sviluppato l’AIDS.
Come nella stragrande maggioranza dei paesi, fino a pochi mesi fa anche alle Fiji era stato adottato un approccio perlopiù securitario alla diffusione e all’abuso di sostanze stupefacenti. Non esistevano progetti di “riduzione del danno”, cioè pensati per ridurre i rischi associati all’uso di droghe attraverso la distribuzione di materiali sterilizzati e l’accompagnamento delle persone verso un uso consapevole. Un tipico esempio è la distribuzione di siringhe sterili, proprio per evitare la diffusione di virus come l’HIV, ma non solo. È un approccio ancora poco diffuso, sperimentato solo in alcuni paesi più progressisti, ma che finora ha mostrato risultati promettenti in molti contesti.
A gennaio di quest’anno il governo delle Fiji ha approvato un programma che include alcune di queste attività di prevenzione, tra cui la distribuzione di kit sicuri per l’uso di sostanze. Prevede inoltre la distribuzione di preservativi e la somministrazione gratuita della PrEP, cioè la profilassi per le persone sane che protegge dal virus.
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Finora uno dei principali fattori che hanno alimentato la diffusione dell’HIV è stata proprio la difficoltà di trovare siringhe sterilizzate: possono infatti essere acquistate in farmacia soltanto con ricetta medica e comunque hanno un costo che non tutti possono permettersi. Inoltre, la diffusione di sostanze stupefacenti tra le categorie più fragili della società ha portato alla diffusione di pratiche particolarmente pericolose. Una di queste è il “bluetoothing”, riconosciuta dal governo come la principale causa della diffusione del virus: le persone si iniettano la sostanza in vena e poi prelevano subito il sangue per iniettarlo in un altro braccio, in modo da condividere la dose e la siringa, risparmiando.
Diversamente da altri paesi, la sostanza più consumata endovena alle Fiji è la metanfetamina (crystal meth), che più comunemente viene fumata attraverso una pipa o inalata. Negli ultimi 15 anni è diventato molto più facile trovarla, perché le Fiji si trovano in una posizione logisticamente comoda per il narcotraffico internazionale, a metà tra il continente americano – dove viene in larga parte prodotta – e quello oceanico, dove è rivenduta a un prezzo molto alto. In anni recenti si è diffusa anche tra le persone molto giovani, e questo ha abbassato molto l’età media delle persone con HIV: degli oltre 1500 nuovi casi registrati solo tra il 2023 e il 2024, 41 avevano meno di 15 anni.



