“Neon Genesis Evangelion”, spiegata bene
La più influente serie televisiva animata giapponese, uscita trent’anni fa, ha avuto una storia difficile, tre finali diversi e tre adattamenti solo in italiano
di Gabriele Niola

Il 4 ottobre del 1995 andò in onda in Giappone il primo episodio della serie tv animata Neon Genesis Evangelion. In quel momento in Giappone le serie tv non funzionavano più come prima e i cartoni animati su robot giganti (chiamati mecha) erano considerati fuori moda. Neon Genesis Evangelion cambiò tutto. Non solo le serie tv giapponesi d’animazione riguadagnarono pubblico nel paese, ma cominciarono a essere ampiamente esportate nel resto del mondo. Evangelion ebbe un’enorme influenza su tutto ciò che venne dopo, generando un fandom e un culto che durano da trent’anni.
Neon Genesis Evangelion gode di una considerazione tale che quando nel 2019 Netflix ne acquisì i diritti e ordinò nuovi adattamenti e doppiaggi, gli appassionati si lamentarono di quello italiano al punto da spingere Netflix a farne un altro. Questo culto si è sviluppato nonostante, o forse grazie, a una trama molto complicata, a molte difficoltà economiche, a diversi rifacimenti e cambi di tono, a tre finali diversi e a un ampio margine di interpretazione su cosa racconti la serie.
Il creatore, Hideaki Anno, appartiene alla prima generazione di creatori di anime (come vengono chiamate le produzioni commerciali animate giapponesi) che è cresciuta guardando gli anime. Si è formato lavorando come animatore a Nausicaä della valle del vento di Hayao Miyazaki, e ha poi fondato un suo studio di animazione con altri colleghi, lo Studio Gainax. Dopo alcuni primi progetti non andati bene, nel 1990 realizzò Nadia – Il mistero della pietra azzurra, che lo portò vicino alla depressione. Da questo malessere e da un nuovo finanziamento per una serie animata nacque Neon Genesis Evangelion.
Insoddisfatto delle storie che vedeva negli altri prodotti animati e determinato a raccontare ciò che aveva passato e a trasmettere l’idea che fuggire dai problemi non serve a nulla, creò una storia solo parzialmente convenzionale: quella di un ragazzo apatico e timido che viene obbligato da un padre con cui non ha rapporti a pilotare un gigantesco robot, rischiando la vita contro alieni che minacciano il pianeta. Dentro questa cornice inserì un livello di introspezione inedito. Lungo i 26 episodi di Evangelion ci sono momenti di speculazione filosofica, fantasie di fine del mondo, una fortissima simbologia giudaico-cristiana usata per dare mistero e solennità e trovate visive fuori dal comune per una serie animata.
Neon Genesis Evangelion nasce come una serie commerciale, piena di combattimenti, ironie, ammiccamenti sessuali e i classici elementi dell’animazione televisiva giapponese. Le prime puntate seguono una struttura classica, con un nuovo nemico ogni volta e una trama più grande che viene portata avanti di episodio in episodio. Ma già il protagonista era inedito per l’epoca: non il classico eroe ma un quattordicenne tormentato da problemi di abbandono, che rifugge il contatto umano per paura di essere ferito e sembra a tratti privo di una vera volontà. Man mano che procede, la storia diventa meno prevedibile. Compaiono altri personaggi inediti e anche la trama sembra cambiare genere, introducendo elementi o svolte mai viste in una serie mecha.
Neon Genesis Evangelion aveva anche molte novità tecniche. Si fa un grande uso di inquadrature statiche, coperte da dialoghi fuori campo per far concentrare il pubblico su ciò che avviene nella mente dei personaggi. Ci sono soluzioni di doppiaggio inedite e soprattutto c’è un design completamente nuovo. Non solo i mecha, cioè i robot, hanno una forma asciutta, atletica e molto più umanoide rispetto ai classici e massicci robot degli anime, ma anche il design dei nemici è un catalogo di idee visive sorprendenti. I più banali somigliano ad animali preistorici (come faceva già Go Nagai, creatore di Goldrake), e i più originali si presentano come forme geometriche inafferrabili o anche solo come un anello di luce.
Neon Genesis Evangelion fu prodotto in fretta: gli episodi venivano modificati fino all’ultimo, anche poco prima della messa in onda. Da un certo momento in poi della serie la qualità dell’animazione cala vistosamente, cosa che autori e Studio Gainax hanno sempre attribuito a problemi di produzione. Questi problemi, uniti alla necessità di modificare la trama per non farla somigliare troppo al vero attacco terroristico avvenuto nella metropolitana di Tokyo e al continuo mutare della visione di Hideaki Anno, influenzato dallo studio della psicologia, hanno fatto sì che dall’episodio 16 in poi la serie cambiasse, spostando il conflitto dall’esterno (quello contro gli alieni) all’interno (quello dentro i personaggi).
Gli ultimi due episodi si svolgono nella mente del protagonista, con animazioni minimaliste, se non proprio abbozzate, e immagini fisse. E non ci sono più battaglie come vorrebbe il genere di partenza, ma un’analisi della condizione umana. Inizialmente la cosa non fu accolta bene da una parte dei fan della serie, perché molti misteri non venivano risolti. Era l’obiettivo dichiarato di Anno: costringere lo spettatore a confrontarsi con temi profondi e mai proposti prima in un prodotto del genere, e non con la sola trama.
Nel 1997, un anno dopo la fine della serie, visti il grande successo e i grandissimi profitti fatti con l’home video e il merchandising, furono realizzati due film per rifare con più mezzi quel finale realizzato in fretta. Uno fu chiamato Death & Rebirth e raccontava da capo tutta la serie compressa in 100 minuti (una pratica standard nell’animazione giapponese) senza il finale. L’altro era intitolato The End of Evangelion ed era un finale pieno di brutalità, rivelazioni impreviste e grande epica. Non era quello che il pubblico si aspettava, di nuovo. Sebbene i due finali, uno ambientato nella mente del protagonista e uno all’esterno, non si escludessero a vicenda, quello della serie regolare conteneva speranza mentre quello del film era pieno di disperazione.
È qui che il finale di Neon Genesis Evangelion divenne un caso. Mentre la serie, con le repliche e l’uscita in home video, continuava a crescere in importanza, seguito e riconoscimenti, venendo distribuita anche fuori dal Giappone (nel 2000 arrivò in Italia trasmessa da MTV), Hideaki Anno si dedicò ad altri progetti che non ebbero lo stesso successo. A partire dal 2007 fece uscire una serie di quattro film che riraccontavano tutta la storia in modo più spettacolare. I primi due film (del 2007 e 2009) contenevano diversi cambiamenti nella trama ma il terzo (del 2012) introduceva così tante novità da cambiarla radicalmente. Il quarto uscì nove anni dopo, nel 2021, dopo una gestazione lunga e travagliata a causa dei problemi di salute mentale e della depressione del suo autore. Il finale era ancora completamente diverso, questa volta meno doloroso.
Oggi chi vuole iniziare a vedere Neon Genesis Evangelion deve tenere presente che non esiste un finale ufficiale ma tre versioni della storia. Su Netflix si trova il nuovo adattamento, quello voluto dai fan. Il primo riadattamento voluto da Netflix nel 2019 era stato affidato a Gualtiero Cannarsi, la persona che aveva adattato la serie nel 2000 così come alcuni film dello Studio Ghibli. Cannarsi cambiò alcuni termini chiave della serie e riscrisse i dialoghi anche per correggere degli errori che lui stesso aveva fatto in precedenza, dovuti a inesperienza e al fatto che ci aveva lavorato di episodio in episodio senza conoscere tutta la trama.
Fu contestato, per esempio, per il cambio del nome degli emissari degli alieni, prima tradotti come “Angeli” poi come “Apostoli”. Ma anche per lo stile di doppiaggio. Cannarsi ha sempre spiegato di adottare uno stile estremamente rispettoso dei formalismi e dei toni della lingua giapponese, ma larga parte degli appassionati trovava respingenti dialoghi così formali in italiano e alla fine ebbe la meglio, al punto che Netflix commissionò un nuovo adattamento, il terzo.
Lungo i 26 anni passati tra la prima trasmissione del primo episodio e l’uscita dell’ultimo film, la serie è diventata una delle proprietà intellettuali giapponesi più note, riconosciute e redditizie. Quasi tutta la produzione animata dotata di qualche ambizione venuta dopo Neon Genesis Evangelion (come per esempio la serie Cowboy Bebop) gli deve qualcosa, sia perché la serie ha dimostrato che il pubblico era pronto e desideroso di contenuti più adulti e complessi, sia perché le sue soluzioni, idee e trovate sono state molto adottate e copiate. Il merchandise della serie è da sempre tra i più venduti in assoluto e il fenomeno è ritenuto tra i principali responsabili della crescita e internazionalizzazione del cosplay, cioè la pratica di mascherarsi da personaggi di serie, film o fumetti. I diritti di trasmissione della serie sono tra i più costosi, tra il 2015 e il 2018 in Giappone ha viaggiato un treno ad altissima velocità tutto tematizzato Neon Genesis Evangelion e la sigla originale della serie è da 30 anni la canzone più cantata nei karaoke giapponesi. Nel complesso, all’interno del Giappone Neon Genesis Evangelion ha un culto paragonabile a quello che Guerre stellari ha negli Stati Uniti.
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