Un triplice femminicidio è diventato un caso in Argentina
Perché tiene insieme grandi temi come il narcotraffico, la violenza di genere e la povertà

Sabato migliaia di persone hanno manifestato a Buenos Aires, in Argentina, per chiedere giustizia per l’uccisione di tre ragazze, Brenda del Castillo e Morena Verdi (due cugine di 20 anni) e Lara Gutiérrez (di 15 anni), i cui corpi sono stati ritrovati mercoledì scorso a Florencio Varela, nella periferia della città. L’omicidio, legato agli ambienti del narcotraffico, è stato ampiamente raccontato e commentato dai giornali e da importanti politici: perché ha riguardato tre giovani donne, e perché fino a pochi anni fa l’Argentina era poco coinvolta nel traffico di droghe e le violenze legate a questo contesto, a differenza di paesi come il Messico o la Bolivia, erano meno frequenti.
Secondo quanto riferito finora dalla polizia, del Castillo, Verdi e Gutiérrez erano state attirate nella casa dove poi erano state uccise: credevano di star andando a una festa e per questo venerdì 19 settembre erano salite spontaneamente su una macchina che era andate a prenderle a La Matanza, il quartiere di Buenos Aires dove vivevano. Una volta arrivate nella casa di Florencio Varela erano state torturate a lungo prima di essere uccise e sepolte in giardino sotto diversi strati di pietre e cemento.
In questi giorni sono state arrestate sei persone, quattro uomini e due donne fra i 18 e i 29 anni, sospettate di aver contribuito all’omicidio. Fra loro non c’è il presunto mandante, il capo della banda conosciuto come “Pequeño J”, che la polizia sta cercando.
Javier Alonso, ministro della Sicurezza della provincia di Buenos Aires, ha detto che l’omicidio è stato mostrato in diretta su un account privato di Instagram che hanno guardato 45 persone (Meta ha detto di non aver trovato alcuna prova della diretta sulla piattaforma). I corpi sono stati ritrovati cinque giorni dopo grazie all’ultima posizione rilevata dai cellulari delle tre vittime, che si erano spenti sabato.
Florencio Varela è uno dei quartieri più problematici e poveri di Buenos Aires, dove negli ultimi anni si sono stanziate diverse bande di narcotrafficanti che ne controllano zone specifiche, con un conseguente aumento delle violenze. Secondo uno studio dell’INDEC (l’equivalente argentino dell’ISTAT) nel 2022 il 60 per cento degli abitanti non aveva accesso a una rete fognaria e molte persone non hanno l’allacciamento al sistema di distribuzione pubblico di gas e acqua.
Non è ancora certo perché le tre ragazze siano state uccise, ma secondo le ipotesi della polizia si sarebbe trattato di un regolamento di conti, trasformato in un monito per i nemici della banda attraverso la diretta streaming. Il ministro Alonso ha detto che in un video dell’omicidio mostrato alla polizia da una delle persone arrestate si sentiva una persona, presumibilmente Pequeño J, dire «questo è quello che succede a chi mi ruba la droga».
In questi giorni l’omicidio è stato definito da moltissimi giornali, associazioni ed esponenti politici un “narcofemicidio”, ossia un femminicidio avvenuto in un ambiente legato al narcotraffico, in cui la violenza contro le donne è strutturale e spesso strumentale durante le guerre fra bande. Secondo l’osservatorio nazionale MuMaLá, dal 2020 a oggi sono stati 196 i femminicidi avvenuti in questo contesto in Argentina.
– Leggi anche: Come il femminicidio è entrato nei codici penali, partendo dall’America Latina

Paula Fabero, madre di Brenda del Castillo, alla manifestazione a Buenos Aires, il 27 settembre 2025 (REUTERS/Cristina Sille)
In questi giorni i giornali argentini hanno scritto che le ragazze venivano da una situazione molto precaria e di povertà, e che non riuscivano a trovare un lavoro stabile. Alcuni hanno scritto che erano delle prostitute, cosa che le famiglie hanno smentito, e che avevano accettato di partecipare alla festa perché erano stati offerti loro 300 dollari. Un’ipotesi molto riportata, e che è stata citata anche dalla madre di Brenda del Castillo in un’intervista, è che le ragazze o una persona a loro vicina avessero rubato a uno dei componenti della banda della cocaina o dei soldi, e che per questo sarebbero state uccise.
Una buona parte del dibattito che si è sviluppato in questi giorni si è concentrata sull’intersezione fra questo mondo, le motivazioni che spingono le persone, soprattutto giovani, a entrarci e la violenza di genere. Ne ha parlato in questi termini, fra gli altri, Silvia Fesquet, la caporedattrice del Clarín, il principale giornale argentino. Il dibattito si è ampliato fino a includere, negli ambienti di sinistra, una critica alle politiche neoliberiste del presidente Javier Milei, che fra le altre cose hanno diminuito drasticamente i fondi per l’istruzione e per i programmi di assistenza sociale, alcuni dei quali sono strutturati per risolvere il problema della precarietà e della disoccupazione giovanile, che colpisce soprattutto le giovani donne. Ne ha parlato domenica su Página/12, il più importante giornale di sinistra del paese, la giornalista ed esperta di violenza di genere Mariana Carbajal.



