Scene rimaste quasi solo nei film
Sono quelle ambientate nelle videoteche: il documentario “Videoheaven”, in Italia in questi giorni, ne ha raccolte decine

Videoheaven, documentario realizzato montando insieme scene di film o serie tv ambientate in un videonoleggio, dura quasi tre ore. Sono più di 100 i film considerati, più le serie, e ci sono voluti dieci anni per realizzarlo. Il lavoro infatti non è stato solo quello di trovare le scene ma anche di ottenerne i diritti di utilizzo. Il risultato è un documento unico che racconta, con la voce narrante di Maya Hawke, come il cinema abbia usato e raccontato i videonoleggi, e la storia del ruolo del videonoleggio nella cultura cinematografica.
Videoheaven è in questi giorni in tour in Italia: il 25 settembre è stato al Museo del Cinema di Torino, il 28 settembre sarà alla Fondazione Prada di Milano e soprattutto dal 26 al 30 settembre sarà al festival Archivio Aperto di Bologna, organizzato dalla fondazione Home Movies (dove sarà ospite anche l’autore). È un piccolo esempio di un generale rinnovato interesse per i film su supporto fisico e più in generale della cultura da home video.
I negozi di videonoleggio sono stati, tra la fine degli anni ’80 e per tutti gli anni ’90, un pezzo fondamentale della cultura cinematografica. Così importanti che, nonostante fossero allora percepiti come concorrenti dei cinema, nei film venivano rappresentati molto spesso. Ci ambientavano sparatorie, scene d’amore, interi film, monologhi esistenziali o sequenze di tensione. L’idea di farne un documentario di montaggio è venuta al regista statunitense Alex Ross Perry nel 2014, dopo aver letto il libro Videoland: Movie Culture at the American Video Store di Daniel Herbert, che racconta il ruolo sociale avuto dal videonoleggio. Quel libro avrebbe dovuto contenere anche un capitolo, poi scartato, sui videonoleggi nei film. Da lì Alex Ross Perry ebbe l’idea per il documentario.
Ancora poco studiata e raccontata, la home video culture è stata uno snodo cruciale nella storia del cinema che cambiò il rapporto delle persone con i film e poi una parte della cinefilia. È stato il primo fenomeno a rendere il consumo cinematografico più privato e solitario, a volte ossessivo, consentendo di ripetere molte volte la visione anche solo di alcune parti dei film o di studiarli come alla moviola. Una parte degli studi accademici sul cinema si basa sulla possibilità data dall’home video di misurare le durate delle singole inquadrature, stabilendo quanto certi registi montino poco o tanto i loro film. Le videoteche sono state a lungo i luoghi in cui nascevano queste nuove comunità di cinefili. Come noto, un’intera generazione di appassionati e di registi si è formata con le videoteche e come testimoniano molti spezzoni di Videoheaven era una forma di aggregazione sociale molto diversa da quella che esisteva intorno alle sale, meno votata alla speculazione intellettuale. Senza contare che, con la vendita, per la prima volta tutti potevano possedere una propria copia personale di un film.
Fu un mutamento nei consumi che cambiò anche la produzione. L’home video fu il primo modo per distribuire film o produzioni audiovisive che al cinema non avrebbero trovato spazio, come raccolte di videoclip musicali, registrazioni di concerti e tutta una serie di produzioni di serie B pensate direttamente per il mercato di videocassette prima e DVD dopo. E anche i classici, da sempre riproposti periodicamente in sala o in televisione, acquisirono un valore di mercato completamente diverso con la loro circolazione in home video, dando vita al collezionismo cinematografico dei film, che in precedenza era limitato solo al merchandising.
Tramite i suoi pezzi di film Videoheaven racconta tutto questo attraverso le fasi di vita dei videonoleggi, da quando quelli indipendenti andavano benissimo negli anni ’80; a quando sono diventati catene (principalmente Blockbuster) nei ’90; a quando sono stati marginalizzati dal commercio online e dalla pirateria nei Duemila e poi spazzati via dallo streaming negli anni Dieci. Nel recensire il documentario sul New Yorker Richard Brody ha scritto che la cosa che risalta di più è come le videoteche fossero usate nei film per raccontare i modi in cui le persone fruivano il cinema e che, vedendo Videoheaven, si percepisce «la difficoltà, nell’era dello streaming, di mostrare le esperienze cinematografiche ordinarie delle persone».



