Ilaria Salis dice di voler essere processata, ma in Italia

Intanto il primo voto al Parlamento Europeo ha respinto la revoca della sua immunità, chiesta dal governo ungherese

Ilaria Salis durante la festa nazionale di Alleanza Verdi e Sinistra, a Roma il 7 settembre
Ilaria Salis durante la festa nazionale di Alleanza Verdi e Sinistra, a Roma il 7 settembre (ANSA/FABIO FRUSTACI)

L’europarlamentare italiana Ilaria Salis, di Alleanza Verdi e Sinistra (AVS), ha chiesto di essere processata in Italia per le accuse che le muove il governo dell’Ungheria, dove era rimasta in carcere 15 mesi prima di essere eletta al Parlamento Europeo e ottenere così l’immunità che le aveva permesso di essere scarcerata. Salis ne ha parlato in un’intervista al Corriere della Sera pubblicata martedì, il giorno in cui c’era il voto, non definitivo, della commissione Affari giuridici del Parlamento Europeo sulla richiesta del governo ungherese di revocarle l’immunità. La commissione ha respinto la richiesta.

Il passaggio più importante sarà comunque quello successivo alla commissione, quando sulla richiesta si esprimerà l’intero Parlamento, nella sessione plenaria che inizierà il 6 ottobre. Anche se non è vincolante, il voto in commissione era comunque rilevante perché di solito dà indicazioni di come si muoveranno i partiti durante la plenaria. Dopo il voto di martedì Salis ha detto di essere fiduciosa che la plenaria «confermerà questa scelta […], affermando la centralità dello stato di diritto e delle garanzie democratiche».

Nell’intervista al Corriere Salis rivendica «il diritto a un processo equo e giusto, con tutte le garanzie democratiche del caso», che non ritiene possibile in Ungheria, un paese guidato da un governo semiautoritario che ha molta influenza sulla magistratura e si comporta con grande durezza con i suoi oppositori politici.

«Io non voglio sottrarmi al processo. Anzi, voglio essere processata. Ma non in Ungheria, dove sarebbe un processo politico, dove la sentenza è già scritta. Voglio essere processata nel mio paese. In Italia. Io ho fiducia nella magistratura. Ho fiducia della magistratura italiana», dice Salis.

La richiesta della revoca dell’immunità era stata presentata a ottobre dal partito del primo ministro Viktor Orbán (Fidesz). In questi giorni il portavoce di Orbán, Zoltán Kovács, ha ricondiviso un appello sui social di Salis con le coordinate di una prigione (quella di Marianosztra): un’allusione alla minaccia di farla incarcerare nuovamente.

Il post del portavoce del governo ungherese

Salis era rimasta in carcere dal febbraio del 2023 al maggio del 2024 con l’accusa, da lei sempre respinta, di aver aggredito dei neonazisti a una manifestazione di estrema destra a Budapest. A fine maggio era passata agli arresti domiciliari a Budapest, che due settimane dopo erano stati revocati come conseguenza della sua elezione al Parlamento Europeo con AVS.

Nell’intervista al Corriere Salis chiede al governo italiano di intervenire perché il processo avvenga in Italia: i suoi avvocati sostengono che questo passaggio non richiederebbe la revoca dell’immunità, che impedisce l’arresto ma non l’avvio di un procedimento penale. Salis aggiunge che la richiesta ungherese «deve essere respinta, perché aprirebbe la strada a una persecuzione certa e spietata».

Il caso di Salis non era l’unico su cui martedì si doveva esprimere la commissione, e questo ha probabilmente inciso sul voto. Il governo di Orbán, attraverso il suo partito, infatti aveva chiesto la revoca dell’immunità anche per altri due europarlamentari ungheresi: Péter Magyar, che è anche il leader dell’opposizione a Orbán, e Klára Dobrev. Anche per loro, le richieste sono state respinte dalla commissione.

Magyar e Dobrev fanno parte dei due principali gruppi politici del Parlamento, rispettivamente i Popolari (centrodestra) e i Socialisti (centrosinistra). Questa circostanza potrebbe aver spinto i due gruppi a votare insieme per difendere i loro esponenti. Visto che i gruppi progressisti non hanno la maggioranza nella commissione, anche sul voto per Salis è stata probabilmente decisiva la scelta di alcuni parlamentari dei Popolari (lo scrutinio era segreto), nonostante negli ultimi mesi il gruppo avesse spesso votato insieme alla destra e all’estrema destra.