• Italia
  • Mercoledì 17 settembre 2025

Il governo vuole salvare l’acciaieria di Genova con un forno elettrico

La proposta sta generando grandi discussioni e proteste, ma il progetto per ora è tutt'altro che certo

Uno striscione contro la costruzione del forno elettrico all’ex ILVA di Cornigliano durante la manifestazione a Genova, 4 settembre 2025 (ANSA/LUCA ZENNARO)
Uno striscione contro la costruzione del forno elettrico all’ex ILVA di Cornigliano durante la manifestazione a Genova, 4 settembre 2025 (ANSA/LUCA ZENNARO)
Caricamento player

Il 4 settembre centinaia di persone hanno sfilato per le vie di Cornigliano, un quartiere di Genova a ovest del centro storico, sventolando cartelli con le scritte «No forno elettrico». Protestavano contro l’intenzione del governo di costruire un forno elettrico nel grande stabilimento di lavorazione dell’acciaio dell’ex ILVA che si trova in città, affacciato sul mare appunto a Cornigliano, vicino all’aeroporto. Nello stesso momento un gruppo di operai e sindacati distribuiva volantini che spiegavano le ragioni per sostenere questo sviluppo dell’impianto.

L’idea fa parte del più ampio piano del governo per decarbonizzare l’ex ILVA di Taranto, la sede principale dell’azienda e uno degli impianti siderurgici più grandi d’Europa (oggi si chiama Acciaierie d’Italia, ma tutti la chiamano ancora ILVA, ed è gestita dallo Stato in amministrazione straordinaria per via della sua lunga crisi). Il piano prevede la costruzione di più forni elettrici anche a Taranto, per rendere più sostenibile l’impatto ambientale della produzione dell’acciaio, anche se non si conoscono ancora nel dettaglio i modi e i tempi in cui questa transizione dovrebbe avvenire.

A Genova invece il forno elettrico dovrebbe servire non solo per la lavorazione dell’acciaio, come già succede ora, ma anche per la sua produzione. L’obiettivo è soprattutto tutelare centinaia di lavoratori: nello stabilimento di Cornigliano sono circa un migliaio, 400 dei quali sono considerati a rischio licenziamento. Dipendono molto da Taranto, perché a Cornigliano oggi si lavora l’acciaio che viene spedito da lì (dove la produzione è ormai molto ridotta): il forno elettrico dovrebbe servire anche a diminuire questa dipendenza.

Per ora non c’è nulla di certo, ma l’ipotesi del forno elettrico sta comunque preoccupando alcuni residenti, che temono che riprendere la produzione di acciaio possa provocare danni all’ambiente e alla salute delle persone. Allo stesso tempo produrre l’acciaio con forni elettrici è l’unico modo per farlo senza utilizzare il carbone, non ci sono altre alternative più sostenibili.

La manifestazione dei comitati No Forno elettrico nel quartiere di Cornigliano a Genova, 4 settembre 2025 (ANSA/LUCA ZENNARO)

Il comitato No forno elettrico Genova, che si è costituito quest’estate ed è stato tra i promotori della manifestazione del 4 settembre, ha già organizzato un altro presidio di protesta per il 24 settembre davanti a palazzo Doria Tursi, la sede principale del comune.

Due giorni prima della manifestazione c’era stato un incontro sulla ex ILVA di Cornigliano in prefettura, a cui avevano partecipato anche il comune di Genova e i sindacati, al termine del quale il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso aveva annunciato che Genova aveva «detto sì, in modo unitario, alla possibilità di un forno elettrico». Urso aveva detto che in questo modo l’impianto di Genova può essere un’opportunità per chi deciderà di acquistare l’ex ILVA, che il governo sta cercando di vendere da tempo con grande fatica.

In seguito alle polemiche dei comitati che sono seguite a questo incontro, la sindaca di Genova Silvia Salis ha puntualizzato di non avere sostenuto l’ipotesi del forno elettrico in modo incondizionato. «Quello che ho detto è che Genova è a disposizione, è pronta a vedere le carte e non dice no per preconcetti o per partito preso […]. Aspettiamo un piano industriale preciso, con le necessarie tutele per l’ambiente e la salute dei cittadini», ha detto a Repubblica.

Al momento quella del forno elettrico a Genova è però un’opzione tutt’altro che concreta. L’accordo di programma, cioè il documento essenziale per stabilire i tempi della decarbonizzazione dell’ex ILVA di Taranto, non è ancora stato firmato. Inoltre sono appena slittati di nuovo i tempi della gara per vendere l’azienda: la scadenza per presentare le offerte, prevista per il 15 settembre, è ora fissata al 26, e le incertezze sono molte. Secondo il Sole 24 Ore gli azeri di Baku Steel, la società che aveva avviato la trattativa più concreta per l’ex ILVA, starebbero valutando di ritirarsi. Un altro possibile acquirente, la Jindal Steel, ha da poco presentato alla sindaca Salis un progetto per Cornigliano senza forno elettrico.

Lo stabilimento dell’ex ILVA di Genova è il secondo più importante in Italia dopo quello di Taranto, ed è il principale punto di collegamento con gli altri impianti dell’azienda in Piemonte, a cominciare da quello di Novi Ligure. Si estende su circa un milione di metri quadrati tra il mare e il resto del quartiere di Cornigliano, da cui dista poche centinaia di metri.

Attualmente a Cornigliano si producono la banda stagnata, cioè la latta (quella usata per lo scatolame alimentare), la banda cromata e quella zincata. La prima è particolarmente importante perché lo stabilimento di Cornigliano è l’unico a produrla in Italia, e non ne soddisfa nemmeno la richiesta, tanto che l’Italia compra centinaia di tonnellate di banda stagnata dall’estero ogni anno.

Rotoli di acciaio in un capannone dell’ex ILVA di Cornigliano, a Genova, 24 gennaio 2024 (ANSA/LUCA ZENNARO)

Qui le lavorazioni sono a freddo: l’ultimo altoforno alimentato a carbone fu spento nel 2005 (l’unico altoforno ancora in funzione è a Taranto). Ora il governo vorrebbe costruirne uno elettrico per produrre più di due milioni di tonnellate di acciaio all’anno soltanto a Genova, riattivando quindi una lavorazione a caldo dopo vent’anni.

Antonio Apa, segretario della UILM di Genova (Unione Italiana Lavoratori Metalmeccanici), dice che «noi sindacati non siamo contrari al forno elettrico ma stiamo parlando di aria fritta perché l’accordo di programma non c’è e non sappiamo neanche chi sarà l’acquirente, né che cosa vorrà fare». Apa sostiene che lo stabilimento di Genova avrebbe bisogno di molti altri investimenti oltre a quelli per il forno elettrico in sé e per i vari macchinari necessari ad alimentarlo. «Negli ultimi vent’anni l’ex ILVA di Cornigliano non è diventata il centro di eccellenza che era stato promesso sarebbe diventato», dice. «In più, il sito industriale va sistemato, ti crolla addosso».

Anche Nicola Appice, rappresentante sindacale per la Fim CISL, pensa che bisognerebbe partire dalla manutenzione dell’impianto, così come da quella delle attrezzature e dei mezzi che circolano dentro lo stabilimento. Dice che il problema non è tanto il forno elettrico, ma che continua a mancare un investitore e da questo dipende anche il futuro di chi lavora a Cornigliano. Al momento lì lavorano circa 940 persone, di cui una parte in cassa integrazione. Appice dice che i lavoratori «sono stanchi e angosciati perché non sanno cosa succederà», e che la paura maggiore di tutti è che la situazione a Taranto peggiori:«Se si ferma Taranto siamo fregati».

I comitati ambientalisti e civici sono invece contrari alla possibilità che venga costruito un forno elettrico a Genova, un’opzione giudicata dannosa per la salute degli abitanti e per l’ambiente. Patrizia Avagnina, residente di Cornigliano e una delle fondatrici del comitato Donne di Cornigliano che in passato si oppose all’altoforno dell’ex ILVA, ha detto durante una recente assemblea pubblica che «un forno elettrico non è un forno green. Cornigliano ha già pagato con morti e malattie anni di sfruttamento industriale».

Dopo l’incontro di inizio settembre con il ministro Urso, anche il Coordinamento delle associazioni contro il forno elettrico a Cornigliano ha ribadito che il quartiere «ha già espresso la propria posizione con decenni di dure battaglie». Il Coordinamento ha inoltre chiesto alle istituzioni di valutare alternative all’ex ILVA per l’area industriale.

Al proposito nei giorni scorsi il presidente della Liguria, Marco Bucci, ha detto di avere «una lista di aziende» che vorrebbero operare nell’area industriale di Cornigliano, ma che lo spazio eventualmente a loro disposizione dipenderà da cosa si deciderà di fare con l’ex ILVA, se sarà realizzato il forno elettrico oppure no. La preoccupazione dei lavoratori però è che queste aziende non diano lavoro: «Questa è un’area che fa gola, ci sono le banchine, una rete ferroviaria e infrastrutture per l’arrivo dei mezzi pesanti. Se dovesse essere ceduta a società della logistica che spostano container, servirebbe molto meno personale. Adesso però nessuno lo sa», dice Appice.

– Leggi anche: La trionfale inconcludenza di Adolfo Urso sull’ex ILVA