Usiamo ChatGPT più nel tempo libero che per lavoro
È una delle cose che racconta il primo rapporto approfondito di OpenAI su come gli utenti usano il suo chatbot

A quasi tre anni di distanza da quando è stato messo online, nel novembre del 2022, OpenAI ha pubblicato il primo report approfondito sull’utilizzo che gli utenti fanno di ChatGPT, il chatbot più diffuso al mondo. Lo studio è stato realizzato sulla base di un campione di un milione e mezzo di conversazioni provenienti sia da account gratuiti che a pagamento, dall’organizzazione non profit National Bureau of Economic Research (NBER).
I risultati dello studio mostrano quanto l’adozione di ChatGPT sia aumentata nell’ultimo anno, in particolare in fasce della popolazione che all’inizio sembrava aver raggiunto meno. Stabilire il genere degli utenti non è sempre facile ma, secondo lo studio, la percentuale di persone che usano nomi femminili è passata dal 37 per cento dell’inizio del 2024 al 52 per cento dello scorso maggio. ChatGPT ha inoltre una diffusione quattro volte maggiore nei paesi con redditi più bassi rispetto a quelli più ricchi.
Un dato particolarmente importante per determinare come sia cambiato il rapporto tra utenti e ChatGPT riguarda l’analisi della differenza tra i messaggi inerenti al lavoro e quelli legati alla vita personale degli utenti. All’inizio del 2024, i messaggi che non riguardavano il lavoro erano il 53 per cento del totale ma sono arrivati al 73 per cento lo scorso maggio, a conferma di come ChatGPT venga usato sempre più spesso per motivi legati alla sfera personale e privata. Come hanno notato gli autori dello studio, «mentre la maggior parte delle analisi economiche sulle AI si è concentrata sul loro impatto sulla produttività del lavoro, l’impatto sulle attività extralavorative è di scala analoga e possibilmente maggiore».

Un grafico dal rapporto How People Use ChatGPT sulle categorie di compiti per cui il chatbot viene consultato
Circa l’80 per cento delle interazioni con ChatGPT, inoltre, può essere ricondotto a tre categorie. La più diffusa riguarda i consigli pratici (Practical Guidance) e include attività come l’insegnamento e in generale i consigli su come svolgere un compito o l’«ideazione creativa». A seguire c’è la ricerca di informazioni (Seeking Information), «che sembra molto vicina a sostituire la ricerca sul web», come notano gli autori. Infine, la categoria Writing, che include la scrittura o generazione di testi di vario tipo, per il lavoro o lo studio. Quest’ultima è di gran lunga la più comune nei messaggi che riguardano l’ambito lavorativo: l’applicazione più diffusa però riguarda più la correzione, il riassunto e la traduzione di testi esistenti che non la loro generazione da zero.
Utenti di genere diverso sembrano utilizzare ChatGPT in modo diverso. Gli utenti con nomi «tipicamente femminili», come vengono definiti dagli autori dello studio, tendono a mandare più messaggi legati alla scrittura e ai consigli pratici, mentre gli utenti con nomi maschili preferiscono l’assistenza tecnica su come fare qualcosa, la ricerca di informazioni e la modifica o creazione di immagini.

Un grafico dal rapporto How People Use ChatGPT sulla suddivisione degli utenti per tipo di richieste e presunto genere
Lo studio ha classificato i messaggi anche in base al tipo di mansioni richieste al chatbot, organizzate in tre categorie: Asking, Doing e Expressing (chiedere, fare, esprimere). Fanno parte della prima tutti quei messaggi in cui l’utente chiede al chatbot consigli per una decisione o per risolvere un problema: quasi la metà delle interazioni prese in esame (il 49 per cento) rientra in questa categoria. La seconda categoria include invece le richieste di svolgere una determinata azione o compito, che rappresentano il 40 per cento del totale, mentre quella dedicata all’espressione rappresenta solo l’11 per cento del totale e include le interazioni in cui «l’utente esprime opinioni o sentimenti ma non cerca alcuna informazione o azione».
Solo una minoranza degli utenti di ChatGPT dichiara la propria età quando si registra sul sito. Dai dati parziali disponibili, però, lo studio conclude che tra coloro che dichiarano la propria età, circa il 46 per cento dei messaggi proviene da utenti tra i 18 e i 25 anni.
Stando ai risultati, alcuni degli usi più discussi di ChatGPT e di chatbot simili risultano ancora piuttosto minoritari. Solo il 4,2 per cento di tutti i messaggi presi in esame, ad esempio, ha a che fare con la scrittura di codice informatico, una delle applicazioni più redditizie del settore, visto che molti programmatori sono disposti a pagare per avere un assistente migliore nella scrittura e modifica di codice. Quella di ChatGPT risulta una percentuale molto più bassa di quella riscontrata in un’analoga analisi relativa a Claude, il chatbot di Anthropic, particolarmente apprezzato nel coding, secondo cui il 33 per cento sarebbe dedicato a quello.
Negli ultimi mesi si è molto discusso di come alcune persone utilizzino le AI come psicologi o terapeuti, tanto che persino Sam Altman, capo di OpenAI, ha espresso i suoi dubbi e timori su questo tipo di applicazione delle AI. Secondo lo studio, comunque, i messaggi sulla vita di coppia o sulla sfera personale degli utenti sono solo l’1,9 per cento del totale. Ancora più piccola (0,4 per cento) è la percentuale dei messaggi che riguarda i giochi di ruolo, le simulazioni e in generale l’ambito ludico.



