Il paese con più morti per eutanasia al mondo
L’Atlantic ha raccontato storie, implicazioni e difficoltà emerse in nove anni di diffusione del suicidio assistito in Canada

In Canada, un paese con una popolazione di 41 milioni di persone, circa una morte su venti è un suicidio assistito: più delle morti per Alzheimer e diabete messe insieme. Nel 2023, l’anno per cui sono disponibili i dati più recenti, sono morte in questo modo circa 15mila persone. In totale ne sono morte così poco più di 60mila dal 2016, l’anno in cui il Parlamento approvò la prima legge che autorizzava l’assistenza medica al suicidio per le persone adulte idonee.
Di recente l’Atlantic ha raccontato in un lungo articolo le questioni etiche, le implicazioni e le difficoltà relative all’enorme espansione dell’eutanasia in Canada negli ultimi nove anni. L’aumento costante delle morti di questo tipo è considerato da alcune persone il segno di quanto sia diffuso il bisogno nella popolazione, da altre la conseguenza di criteri di idoneità per la richiesta di eutanasia resi troppo liberali nel tempo.
L’espressione utilizzata in Canada per definire questo tipo di intervento medico è “assistenza medica alla morte” (medical assistance in dying, MAID). Comprende sia i casi di eutanasia, cioè quelli in cui il medico somministra i farmaci che portano alla morte (la maggior parte dei casi, in Canada), sia il suicidio assistito, cioè quelli in cui il paziente assume il farmaco da sé. Entrambi i casi sono legali, per effetto di una legge approvata nel 2016 dopo che l’anno prima la Corte Suprema del Canada all’unanimità aveva dichiarato incostituzionale una precedente che vietava l’eutanasia.
Il Canada è uno dei pochi paesi al mondo in cui l’assistenza medica al suicidio è legale, insieme ad altri come Belgio, Svizzera, Lussemburgo e Paesi Bassi, e ad alcuni stati americani. È però un caso di studio unico, sia per il numero cospicuo di MAID (in Québec sono il 7 per cento delle morti totali: la percentuale più alta al mondo), sia per le difficoltà dei medici a soddisfare la domanda crescente. «Faccio due o tre interventi a settimana, e il numero aumenta di anno in anno», ha detto all’Atlantic Claude Rivard, un medico di famiglia della periferia di Montréal, che ha assistito nella morte oltre 600 pazienti.
Nel dibattito sull’eutanasia il caso del Canada è considerato inoltre un esempio di cosa succede quando, per garantire il diritto a una morte dignitosa, un paese stabilisce come principio fondamentale l’autonomia della scelta individuale: qualsiasi negazione di tale diritto diventa arbitraria e, per molti aspetti, intollerabilmente crudele. Che è la ragione per cui, una volta introdotta, la pratica dell’eutanasia diventa molto difficile da contenere, come disse già nel 2014 Etienne Montero, professore di diritto civile e all’epoca presidente dell’Istituto europeo di bioetica, interpellato dalla Corte suprema canadese nelle discussioni prima della sentenza.
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La procedura tipica di assistenza medica alla morte in Canada prevede la somministrazione di un sedativo ad azione rapida e poi di un anestetico locale per preparare la vena all’iniezione di un altro anestetico, il propofol, in quantità sufficiente a indurre il coma profondo. A quel punto il medico inietta la dose adatta di agente paralizzante, il rocuronio, per bloccare la respirazione e provocare infine l’arresto cardiaco. Se per qualche motivo la procedura tramite flebo endovenosa non è disponibile, l’iniezione viene eseguita direttamente nel midollo osseo.
Oltre a una serie di competenze mediche specialistiche, intorno all’eutanasia si è sviluppato in Canada un settore di assistenza alle persone che scelgono la MAID e ai loro familiari prima e durante l’esperienza della morte assistita. Alcune aziende di servizi si occupano di celebrazioni e rituali, religiosi e laici, che possono aiutare a gestire meglio l’esperienza: feste in casa nel fine settimana prima della morte assistita, estrema unzione per chi è cattolico, esecuzioni di canzoni tradizionali al capezzale del paziente defunto.
Inizialmente la MAID era stata approvata per pazienti maggiorenni affetti da una «grave e incurabile condizione medica» che causasse loro «sofferenze intollerabili» e rendesse la loro morte «ragionevolmente prevedibile». Di fatto era disponibile soltanto per adulti gravemente ammalati e già in fin di vita. La richiesta doveva essere approvata da due medici, bisognava attendere 10 giorni prima dell’avvio della procedura, e i pazienti dovevano essere consapevoli e consenzienti fino all’ultimo.
Anche se la legge fissava diversi criteri di idoneità per la richiesta, alcuni erano piuttosto vaghi: non era chiaro, per esempio, quale stima medica di vita residua rendesse la morte «ragionevolmente prevedibile», se due mesi, due anni, di più o di meno. A colmare le lacune furono le autorità sanitarie provinciali, che dovettero occuparsi anche di un’altra questione complicata: chi avrebbe dovuto parlare della MAID come possibilità, nella conversazione tra medico e paziente. Secondo alcune persone dovevano parlarne i medici, con i pazienti idonei, come avrebbero parlato di una qualsiasi terapia. Secondo altre persone, era sbagliato che i medici ne parlassero come di una protesi d’anca o di un altro trattamento medico.
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In un primo momento molti specialisti si rifiutarono di eseguire le MAID, chi per convinzioni religiose, chi perché le considerava una negazione del dovere medico di non arrecare danno. Anche tra i medici non avversi alla pratica ci fu un certo smarrimento iniziale: «stavamo semplicemente inventando tutto man mano che procedevamo, con molta cautela», ha detto all’Atlantic il medico Matt Kutcher, coinvolto nella prima eutanasia eseguita nella provincia dell’Isola del Principe Edoardo, nel 2017.
Il paziente, Paul Couvrette, era un 72enne che viveva in una casa sulla spiaggia con sua moglie, dalla quale aveva saputo della MAID due anni prima, subito dopo la sentenza della Corte suprema. All’epoca lui aveva appena scoperto di avere un cancro ai polmoni: era disposto a sottoporsi a un’operazione, ma non alla chemioterapia e alla radioterapia, e aveva trovato rassicurante l’ipotesi dell’eutanasia. All’inizio del 2017, quando il cancro si era diffuso al cervello costringendolo a letto, Couvrette aveva programmato di morire nel giorno dell’anniversario di matrimonio, d’accordo con sua moglie.
Kutcher e l’infermiera che lo assistette arrivarono in anticipo, accogliendo l’invito a partecipare a un’ultima cena con figli e nipoti del paziente. Dopo la cena, ad assistere alla procedura in camera da letto insieme al medico e all’infermiera c’era soltanto la moglie; il resto della famiglia e i due cani della coppia attesero fuori, in spiaggia. Le ultime parole di Couvrette a sua moglie furono le stesse usate per la loro promessa di matrimonio: «ti amerò per sempre più tre giorni».
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La storia di Couvrette, come altre, fu considerata dai sostenitori della MAID un esempio ideale per promuovere il dibattito e accrescere la familiarità delle persone con questa scelta. Fu descritto come il caso di un uomo che non voleva morire, ma rivoleva indietro da una malattia terminale il controllo del proprio destino. Molte di quelle storie riguardavano però pazienti bianchi, istruiti e benestanti, e non somigliavano affatto a molte altre che non includevano famiglie riunite né case sulla spiaggia.
Una delle prime MAID eseguite da Sandy Buchman, un medico di Toronto, fu su un paziente completamente solo che diede il suo consenso finale mentre era disteso su un materasso sul pavimento di un appartamento in affitto. «Fu orribile», ha detto all’Atlantic Buchman, che decise quindi di co-fondare un’organizzazione non profit, MAiDHouse, per fornire una possibilità a chi non voleva e non poteva morire in casa propria o in un ospedale. Da allora oltre cento persone hanno scelto strutture dell’organizzazione come sede per l’eutanasia.
A quel periodo risale anche la fondazione di un’organizzazione di vari specialisti, la Canadian Association of MAID Assessors and Providers, che dal 2017 si occupa di formazione e assistenza per i medici impegnati nelle procedure di eutanasia in Canada. Ne fa parte, tra gli altri, una rispettata psichiatra oncologica di Toronto, Madeline Li, che ha raccontato un altro caso clinico problematico capitato a lei nel 2018: un paziente trentenne con una diagnosi di cancro la cui prognosi era buona. Nonostante avesse il 65 per cento di probabilità di guarire con le cure adatte, l’uomo aveva richiesto l’eutanasia perché rifiutava qualsiasi trattamento per paura del dolore.
Le conversazioni avute con diversi specialisti non gli avevano fatto cambiare idea, e quindi aveva cominciato a lamentarsi con le autorità sanitarie locali sostenendo che gli stessero illegittimamente impedendo di accedere alla MAID. A quel punto lo mandarono da Li per discuterne.
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La legge canadese esplicita solo in parte cosa sia da considerare come condizione «grave e incurabile». Ed è ambigua sulla definizione di «incurabile»: se significhi mancanza di qualsiasi cura disponibile, per esempio, oppure probabilità che una cura disponibile non funzioni. In mancanza di chiarimenti, prevalse un’interpretazione suggerita dai sostenitori della MAID: era incurabile qualsiasi condizione medica che non potesse essere curata con mezzi accettabili per il paziente.
Questa interpretazione rendeva idonea la richiesta del paziente trentenne con un cancro probabilmente curabile, ma che rifiutava le cure. Li ha detto di avergli chiesto: «e se avessi il 100 per cento di possibilità di guarire? vorresti la MAID?». E lui rispose di no. Semplicemente non voleva soffrire durante le cure, né per eventuali effetti collaterali (anche solo la colonscopia a cui si era sottoposto lo aveva traumatizzato). Date le circostanze, il rifiuto dell’uomo di ricevere qualsiasi cura rendeva la sua morte «ragionevolmente prevedibile».
Perplessa per quel caso, prima di procedere Li si consultò con altri specialisti e scoprì che non condividevano i suoi dubbi. «Molte persone non hanno scrupoli etici o clinici al riguardo: si tratta dell’autonomia del paziente e, se un paziente lo desidera, non spetta a noi giudicare», ha detto Li, che alla fine eseguì l’eutanasia ma pentendosene subito. Da allora non considera più l’incurabilità una questione determinabile dal paziente, ma una valutazione che deve basarsi anche su valori condivisi e criteri medici oggettivi: «si può essere idonei perché la legge è piena di lacune, ma questo non significa che abbia senso dal punto di vista clinico», ha detto.
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I dilemmi etici che molti medici canadesi hanno dovuto affrontare, secondo diversi operatori e specialisti sentiti dall’Atlantic, hanno aumentato lo stress in un sistema sanitario pubblico già indebolito da carenza di personale e riduzioni dei finanziamenti. Questi e altri fattori variabili da paese a paese, come le diverse culture medico-legali, tendono a influenzare l’impatto sociale dell’introduzione e dell’evoluzione delle leggi sull’eutanasia. In Belgio, per esempio, passarono oltre vent’anni prima che il numero di morti assistite arrivasse al 3 per cento delle morti totali; in Canada ne sono bastati cinque.
Una nuova legge, promulgata nel 2021 dal governo guidato dal primo ministro Justin Trudeau, ampliò notevolmente il numero di persone idonee per la MAID. Oltre a quelle che avrebbero potuto chiederla già prima, per cui fu abolito l’obbligo di attendere 10 giorni dopo la richiesta, fu inclusa un’altra categoria di persone (denominata track 2) per cui fu abrogato il requisito della morte «ragionevolmente prevedibile». Potevano farne richiesta anche persone che non avevano malattie terminali, ma soffrivano per esempio di dolore cronico o di alcuni disturbi neurologici.
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Come la legge precedente, anche quella approvata nel 2021 e tuttora in vigore utilizza alcune espressioni ambigue per definire i criteri validi per la seconda categoria di persone idonee. Prima di fare richieste, i pazienti devono aver preso «seriamente in considerazione i mezzi ragionevoli e disponibili» per alleviare le loro sofferenze, e devono essere stati indirizzati verso quei mezzi. Dopo la richiesta devono passare almeno 90 giorni.
I medici devono anche accertarsi che la sofferenza della persona che fa richiesta sia continua e intollerabile, e sia legata a una condizione medica fisica, non a una malattia mentale o a indigenza. Queste condizioni sono la ragione per cui la maggioranza dei medici che eseguono le MAID non tratta le richieste del secondo tipo, quelle prive del requisito della morte «ragionevolmente prevedibile». Non lo fa perché, come scrive l’Atlantic, in un sistema in cui l’accesso individuale all’assistenza sanitaria varia molto, non è per niente facile distinguere «l’esperienza fisica della malattia cronica e della disabilità dalle disuguaglianze strutturali e dalle difficoltà di salute mentale che spesso la accompagnano».
In Canada è un argomento controverso, anche perché una riflessione sulle relazioni tra le leggi sull’eutanasia e l’assistenza sanitaria fu implicitamente suggerita dal governo all’epoca dell’espansione dei criteri nel 2021. L’ufficio parlamentare di bilancio fornì una stima secondo cui la nuova legge avrebbe portato tra le altre cose a un risparmio di quasi 150 milioni di dollari l’anno sulle spese sanitarie.
Nel 2022, prima di morire con l’eutanasia, una quarantaquattrenne affetta da SLA nella provincia di Manitoba disse ai media che la malattia in sé non era la ragione per cui voleva morire. Definì insufficienti le 55 ore settimanali di assistenza domiciliare garantite dalla provincia, e rifiutò l’idea di finire in una struttura di assistenza a lungo termine. «Alla fine non è stata una malattia genetica a farmi fuori, è stato il sistema», scrisse nel suo necrologio.
Altre storie di persone idonee mostrano però come, anche in mancanza del requisito della morte «ragionevolmente prevedibile», le valutazioni siano difficili e diverse da caso a caso. Un medico citato dall’Atlantic ma rimasto anonimo ha raccontato il caso di una persona di trent’anni costretta in casa con danni irreversibili ai nervi, che le rendevano doloroso anche un minimo soffio d’aria. Le aveva provate tutte, anche terapie non tradizionali, senza successo.
Nonostante le sofferenze di quella persona sembrassero anche a lui intollerabili e incurabili, il medico non se la sentì di eseguire la MAID, ma nemmeno di dire no. Segnalò il caso ai centri di coordinamento dei medici che eseguono le MAID, e alla fine un altro medico eseguì la procedura. Nel 2023 i pazienti morti tramite MAID che rientravano nella categoria track 2 furono 622: poco più del 4 per cento dei casi, in aumento rispetto al 3,5 per cento dell’anno precedente.
A marzo il Comitato delle Nazioni Unite per i diritti delle persone con disabilità ha chiesto l’abrogazione della MAID in Canada per i casi che rientrano nella categoria track 2, privi del requisito della morte «ragionevolmente prevedibile». Secondo il Comitato la legge promulgata dal governo canadese altera il presupposto del suicidio assistito sulla base di «percezioni negative e abiliste della qualità e del valore» delle vite delle persone con disabilità, e non affronta le disuguaglianze sistemiche che aumentano la sofferenza percepita di quelle persone.
Per effetto di una nuova legge molto contestata, che dovrebbe entrare in vigore nel 2027, la MAID in Canada potrebbe diventare disponibile anche per le persone con problemi di salute mentale.
Intanto, tramite una legge provinciale, nel 2023 il Québec ha esteso l’eutanasia anche alle persone che ne fanno richiesta anticipata. Pazienti con malattie neurodegenerative possono definire una soglia che non desiderano oltrepassare: quando non riconoscono più i propri figli, per esempio, o quando diventano incontinenti. Una volta superata quella soglia, una persona di fiducia nominata dal paziente può segnalare il caso ai medici, che valutano le sofferenze della persona e se la sua richiesta anticipata soddisfa i criteri di idoneità.



