Ma quindi adesso come si possono chiamare i propri figli?
Sui cognomi c'è grande libertà, in attesa di una legge che metta delle regole, mentre sui nomi le limitazioni sono le stesse da tempo

Secondo molti sondaggi e ricerche settembre è il mese dell’anno con più nascite in diversi paesi del mondo, inclusa l’Italia. È quindi probabile che nelle prossime settimane più persone del solito si troveranno nella situazione di decidere come chiamare le loro figlie o i loro figli neonati. Dal 2022, per effetto di una storica sentenza della Corte costituzionale, questa situazione prevede la possibilità di scegliere anche il cognome: solo quello materno, solo quello paterno, o entrambi, nell’ordine preferito.
Riguardo al nome la situazione è più chiara, perché esiste già da tempo una legge che ne regola l’attribuzione (la 396/2000, agli articoli 34 e 35). È vietato dare al proprio figlio o alla propria figlia «lo stesso nome del padre vivente, di un fratello o di una sorella viventi», anche aggiungendo appellativi come “junior” o “jr”. Serve a evitare omonimie perfette in famiglia, e quindi è vietato anche dare a una figlia il nome della madre vivente in caso di scelta del solo cognome materno: una casistica impossibile prima del 2022 per le figlie riconosciute dai padri (potevano chiamarsi come le madri perché la trasmissione automatica del cognome paterno impediva comunque l’omonimia).
Non si può nemmeno scegliere un cognome come nome proprio (“Brambilla” o “Maradona”, per esempio), né «nomi ridicoli o vergognosi». Lo sono, secondo l’interpretazione prevalente di questa legge e di diverse sentenze, quelli che potrebbero procurare un pregiudizio morale al figlio o alla figlia. Per esempio, non sono ammessi nomi non comuni di personaggi di fantasia (“Lupin”, “Biancaneve”, “Frankenstein”), ma nemmeno nomi comuni non ridicoli che possono però suonare tali in combinazione con il cognome (“Margherita Pizza”).
Nel caso di nomi stranieri, si possono registrare usando soltanto lettere dell’alfabeto italiano: il nome cinese maschile 伟, per esempio, è ammesso solo nella forma italiana corrispondente “Wei”. Già per questo motivo, prima che per altre valutazioni, sarebbe probabilmente impraticabile in Italia una scelta eccentrica come quella dell’imprenditore americano Elon Musk per il suo settimo figlio, il cui nome contiene un grafema non presente nell’alfabeto (“X Æ A-12”).

Le scarpe del giocatore sloveno di basket NBA Luka Doncic con il nome della sua figlia neonata Gabriela, durante una partita a Dallas, in Texas, il 2 dicembre 2023 (Richard Rodriguez/Getty)
C’è poi la questione dei nomi femminili attribuiti ai bambini e di quelli maschili attribuiti alle bambine, per cui valgono più che altro le abitudini. La legge stabilisce che il nome «deve corrispondere al sesso», ma esistono diverse eccezioni, peraltro chiarite da una circolare del ministero dell’Interno del 2007 e da successive sentenze. “Maria” è ammesso e ampiamente utilizzato come secondo nome maschile, per esempio. “Andrea”, che è un nome tradizionalmente maschile in Italia ma femminile in altri paesi, è ammesso anche come nome per una bambina. In ogni caso, i nomi non possono essere più di tre, separati o no da una virgola (quelli dopo la virgola non compaiono poi nei documenti).
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L’attribuzione dei cognomi è più facile, in teoria, perché le scelte possibili sono di meno rispetto ai nomi. Ma dopo la sentenza della Corte costituzionale del 2022, che ha abolito la trasmissione automatica del cognome paterno ai figli (nati nel matrimonio, fuori dal matrimonio o adottivi), si è creato un vuoto normativo che rende poco chiaro come saranno gestite alcune situazioni. In attesa di una legge che le regolamenti, peraltro sollecitata dalla stessa Corte, è anche ipotizzabile che l’attuale incertezza stia limitando genitori che vorrebbero attribuire il doppio cognome o solo quello materno, ma temono possibili complicazioni burocratiche sul lungo periodo (o anche sul breve, negli uffici dell’anagrafe e nelle prefetture).
Secondo il più recente rapporto dell’Istat, le persone nate nel 2023 e registrate con il doppio cognome sono state il 6,2 per cento, con una distribuzione non omogenea nel paese. La percentuale maggiore c’è stata nel centro-nord, come confermato anche da dati più recenti sul comune di Milano, dove figlie e figli nati nel 2024 e registrati con il doppio cognome sono stati il 18,6 per cento.

Le quote assegnate da un bookmaker per i nomi possibili del primogenito della principessa britannica Kate Middleton e del principe William, fuori dall’ospedale di Saint Mary a Londra, il 23 luglio 2013 (Peter Macdiarmid/Getty)
Non sono disponibili dati utili a chiarirlo, ma è possibile che per effetto della sentenza del 2022 sia aumentata anche la percentuale di figlie e figli registrati solo con il cognome materno e riconosciuti da entrambi i genitori. Prima della sentenza il cognome materno era una possibilità, ma più spesso una necessità, solo per quelli non riconosciuti dal padre: il figlio o la figlia prendeva per legge «il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto» (quindi la madre). La situazione in cui il figlio o la figlia manteneva il cognome materno ed era riconosciuto da entrambi i genitori si realizzava solo se il padre lo o la riconosceva in un secondo momento e la coppia non richiedeva il cambio del cognome.
Un caso reso possibile dagli effetti della sentenza della Corte costituzionale, tra gli altri, è che figlie e figli nati dagli stessi genitori abbiano cognomi diversi. In una famiglia sentita dal Post la prima figlia, nata prima del 2022, ha solo il cognome paterno, e la seconda figlia, nata dopo, solo quello materno. Non c’è una ragione particolare alla base della loro scelta: «ci piaceva come suonavano insieme nome e cognome, ed eravamo liberi di farlo», spiega la madre.
La scelta di usare cognomi diversi, attualmente del tutto legittima, potrebbe essere limitata in futuro se un’eventuale legge dovesse assecondare un suggerimento contenuto nella sentenza della Corte costituzionale: preservare l’«identità familiare» rendendo vincolante per eventuali altri figli e figlie la scelta del cognome fatta dalla coppia al momento del riconoscimento del loro primo figlio o della loro prima figlia.
Per chi sceglie il doppio cognome un aspetto che dovrebbe essere chiarito da una legge è anche la gestione di un eventuale disaccordo tra i genitori su quale dei due cognomi anteporre: se quello del padre o quello della madre. Se i genitori non si accordano, secondo una circolare del ministero dell’Interno, a stabilire l’ordine deve essere un giudice, caso per caso, ma non è chiaro sulla base di quali criteri.
Un’altra questione ancora da chiarire è l’eventuale moltiplicazione dei cognomi man mano che le persone con il doppio cognome avranno figli e figlie, magari con persone che avranno a loro volta un doppio cognome. Una possibile soluzione è che le generazioni successive ereditino dai loro genitori con doppio cognome solo il primo di ciascuno dei due, come succede nei paesi di lingua spagnola, dove la trasmissione del doppio cognome è una consuetudine secolare. In Italia i doppi cognomi sono invece trattati come un singolo cognome composto da due o più parti. Servirebbe quindi una legge per consentire di scomporli e trasmetterne ai propri figli e figlie solo una parte.
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Questa differenza culturale nella tendenza ad attribuire il doppio cognome emerge peraltro anche nel rapporto dell’Istat. Nel 2023 le percentuali più alte di doppi cognomi in Italia riguardarono le coppie di cittadinanza latina (come sono raggruppate nel rapporto quelle di Spagna, Portogallo e paesi del Centro-sud America) e le coppie miste, con un genitore di cittadinanza latina e l’altro di cittadinanza italiana.



