Come Marco Bellocchio è diventato un regista “mainstream”

Ma mai commerciale e rimanendo coerente con i suoi primi film: a Venezia ha presentato la serie tv Portobello, sul caso Enzo Tortora

(Daniele Venturelli/Getty Images for ITALIAN GLOBAL SERIES FESTIVAL)
(Daniele Venturelli/Getty Images for ITALIAN GLOBAL SERIES FESTIVAL)
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A 85 anni il regista italiano Marco Bellocchio ha scritto e diretto una serie tv, la seconda della sua vita dopo Esterno notte, sul caso Enzo Tortora. Si intitola Portobello ed è considerata una delle serie più attese e importanti dell’anno, sia per l’argomento sia perché a occuparsene è un regista abituato ad avere punti di vista forti su ciò che racconta.

Le prime due puntate sono state presentate alla Mostra del cinema di Venezia, negli spazi dedicati ai film principali (cosa non frequente per le serie). È una coproduzione tra la piattaforma statunitense HBO Max, il canale francese Arte e Rai Fiction (oltre alle case di produzione The Apartment, Our Films e Kavac). Sarà la serie con cui la piattaforma di streaming HBO Max verrà lanciata in Italia nel 2026, e con la quale cercherà di convincere i potenziali spettatori a sottoscrivere un abbonamento. Solo successivamente sarà trasmessa dalla Rai, che pur di averla quindi è stata disposta ad arrivare seconda.

È il punto di arrivo di uno spostamento di Bellocchio nell’industria culturale iniziato nel 2000, con uno dei suoi film più noti: Buongiorno, notte. Prima di quel film Bellocchio era molto stimato e rispettato come regista di film d’autore, fin dai suoi primi film negli anni Sessanta, ma per decenni era stato lontano dal successo. A differenza di altri grandi nomi del cinema italiano non ha sempre lavorato con gli attori e le attrici più importanti e di certo non ha sempre incassato. Semmai è sempre stato un regista di grandi idee, molto rigoroso e coerente nel proporle e iconoclasta. Il suo primo film, I pugni in tasca, racconta di un ragazzo di famiglia borghese che insofferente dell’istituzione familiare e delle sue costrizioni uccide i genitori come gesto liberatorio. Uscì nel 1965.

Buongiorno, notte nel 2003 fu una svolta e fece molto parlare di sé anche perché era un film sul caso Moro, uno dei primi a elaborare quella storia e riraccontarla con un punto di vista che, come spesso capita con Bellocchio, è fuori dall’ordinario e un po’ provocatore. I protagonisti del film sono i brigatisti, e la storia trova un modo di comprenderli senza assolverli, raccontando la loro storia anche prima di quella di Moro e poi la resistenza della Democrazia Cristiana a tentare di liberare il loro presidente.

Del film poi fu molto discusso il finale, inusuale per i film su storie vere italiane perché palesemente falso: Aldo Moro, in un momento di poca sorveglianza, riusciva a uscire dal nascondiglio e vagava per Roma in attesa di essere trovato. In un certo senso è l’equivalente italiano di quello che poi anni dopo fece Tarantino con la morte di Hitler in Bastardi senza gloria.

Da quel film in poi Bellocchio ha alternato produzioni più di nicchia e vicine a quelle che aveva sempre fatto ad altre che cominciavano ad avere attori molto importanti, budget alti e raccontavano spesso e volentieri fatti della storia italiana con il chiaro intento di mettere in luce le angherie e la violenza di varie forme di potere sulle persone.

Vincere, del 2009, racconta di Ida Dalser, amante di Mussolini che fu internata forzatamente per nascondere lei e il figlio avuto dal dittatore; Bella addormentata, del 2012, racconta gli ultimi sei giorni nella vita di Eluana Englaro e la lotta dei genitori contro l’accanimento terapeutico nei suoi confronti; Il traditore (2019), il suo più grande successo commerciale, racconta del pentito di mafia Tommaso Buscetta e ha Pierfrancesco Favino nel ruolo principale; Esterno notte (2022), la sua prima serie tv, ha raccontato di nuovo il caso Moro ma con più tempo e più concentrazione sul ruolo della Chiesa; Rapito (2023) racconta il caso di Edgardo Mortara, il bambino ebreo bolognese sottratto con la forza alla sua famiglia dal papa nel 1858 e cresciuto in Vaticano fino al punto di disprezzare i propri genitori.

Ognuno di questi film è stato più grande del precedente, nel senso produttivo, e più richiesto e “litigato” tra i grandi festival, a cui Bellocchio partecipava anche prima di questa fase della sua carriera, ma con meno attenzioni. Sono tutti film considerati di grande riuscita, con invenzioni creative e questioni profonde, che tuttavia partono anche da spunti molto popolari e di interesse nazionale, altra cosa che non capitava prima di Buongiorno, notte. L’impressione è che lavorando sulla storia italiana e su fatti e personaggi veri, Bellocchio abbia trovato una maniera di continuare a fare quel che aveva sempre fatto, con il medesimo piglio e approccio, ma trovando anche un pubblico ampio.

Infatti al contrario di altri artisti che hanno conosciuto una fama crescente lungo la loro carriera, Bellocchio non ha mai cambiato né idee né spirito. Non è mai “diventato commerciale”, come si dice in questi casi. Quello che è cambiato è stato il suo modo di girare e in certi casi di scrivere i film, perché si è adattato al linguaggio del cinema moderno e poi della serialità; Portobello per esempio ha il ritmo, i colori e le soluzioni di regia (come i movimenti di macchina per esempio) tipici della serialità internazionale. Ha cambiato anche la maniera in cui dirige gli attori, cioè come chiede loro di recitare passando da esperimenti con toni ieratici o poco enfatici (un buon esempio è come recita Sergio Castellitto in L’ora di religione, come se con ogni battuta sfidasse qualcuno) a una recitazione sempre molto curata ma più tradizionale.

Questo però non ha annacquato la sua forza polemica o cambiato le sue idee. Nei film degli ultimi 25 anni si trovano prese di posizione e idee visive ugualmente autoriali e sofisticate di quelle dei primi film. Per esempio in Bella addormentata i politici entrano ed escono dal parlamento attraversando una tenda simile a un sipario, quando la spostano per entrare si vede che il parlamento è palesemente uno schermo, l’immagine riprodotta in televisione della politica più che la politica vera. È il tipo di soluzione che solitamente non si trova nelle produzioni commerciali, ma in quelle d’autore.

Alla stessa maniera Bellocchio non ha attenuato il suo spirito iconoclasta, semmai è il resto del sistema mediatico che l’ha accettato e consente a lui cose che agli altri vengono proibite. Esterno notte è una serie tv Rai in cui si mettono in cattiva luce il papa e il Vaticano senza mezzi termini e che è andata in onda in prima serata. Non solo non è frequente, ma è anche il massimo traguardo per qualcuno che è stato un agitatore per tanti anni, che per esempio ha inserito bestemmie nei propri film, cosa molto rara in Italia. Allo stesso modo le prime due puntate di Portobello, che è senza dubbio la produzione più moderna nello stile, più accattivante e adatta a un pubblico ampio che Bellocchio abbia mai fatto, sottolineano molto il ruolo giocato dalla Rai nell’affossare l’immagine di Enzo Tortora, dopo anni in cui Tortora era stato il conduttore più popolare e di successo proprio della Rai.