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  • Sabato 30 agosto 2025

Negli Stati Uniti un tribunale ha dichiarato illegali molti dazi di Trump

Ma per ora li ha lasciati in vigore per dare modo al governo di fare ricorso alla Corte Suprema

Alcuni container al porto di Oakland, in California, ad agosto del 2025 (AP Photo/Noah Berger)
Alcuni container al porto di Oakland, in California, ad agosto del 2025 (AP Photo/Noah Berger)
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Venerdì la Corte d’appello federale degli Stati Uniti, che si occupa dei ricorsi nei casi che riguardano il commercio internazionale, ha stabilito che molti dei dazi imposti dal presidente Donald Trump negli ultimi mesi sono illegali, e che dovrebbero essere annullati. Ha rimandato però il loro annullamento a metà ottobre, dando il tempo all’amministrazione statunitense di fare ricorso alla Corte Suprema.

I dazi sono presentati da Trump come uno dei suoi principali successi, e il principale strumento per convincere gli altri paesi ad accettare accordi favorevoli per gli Stati Uniti, perciò un intervento giudiziario che ne comprometta l’efficacia potrebbe metterlo in grossa difficoltà. Trump ha accolto la decisione molto male, come c’era da aspettarsi, dicendo che se i suoi dazi dovessero essere eliminati sarebbe un «disastro totale per il paese». Ha detto che farà ricorso alla Corte Suprema, composta per la maggioranza da giudici favorevoli alle sue posizioni. Non è comunque scontato che si pronuncino a suo favore, visto che in questi mesi diversi avvocati e accademici esperti, anche conservatori, avevano a loro volta definito illegale il modo in cui Trump ha introdotto i dazi.

Secondo la Corte d’appello Trump non aveva il potere di imporre dazi così estesi a decine di partner commerciali senza l’approvazione del Congresso, a cui la Costituzione conferisce il potere di imporre le tasse, inclusi i dazi. Alcune leggi negli Stati Uniti permettono al presidente di imporre dazi in autonomia, ma in modo più limitato di quanto ha fatto Trump. Per aggirare questa limitazione Trump aveva invocato l’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA): è una legge del 1977 che permette al presidente di regolare il commercio in una situazione di «emergenza nazionale», e che però non parla mai di dazi. Era stata usata più che altro per imporre sanzioni o l’embargo nei confronti di paesi nemici degli Stati Uniti.

«Sembra improbabile che il Congresso, nel promulgare l’IEEPA, intendesse discostarsi dalla sua prassi passata e concedere al presidente un’autorità illimitata di imporre dazi», hanno scritto i giudici nella sentenza. La Corte doveva esprimersi in seguito ai ricorsi di 12 stati e di cinque piccole aziende statunitensi, che avevano sostenuto di essere state danneggiate economicamente dai dazi. Lo ha fatto seguendo quanto aveva già stabilito a maggio un tribunale di grado inferiore sempre sullo stesso argomento.

La decisione della Corte riguarda diversi dazi, fra cui quelli che Trump ha imposto a decine di paesi a partire da aprile e che poi ha più volte rivisto nel corso di questi mesi, fino a farli entrare in vigore all’inizio di agosto, e alcuni dei dazi più alti nei confronti di Cina, Canada e Messico. Secondo la Corte le motivazioni invocate da Trump per dichiarare un’emergenza nazionale, come i deficit commerciali di questi paesi con gli Stati Uniti o l’entrata di fentanyl nel paese dal Messico, non gli permettevano comunque di imporre queste misure.

Non sono inclusi invece i dazi su acciaio, alluminio e automobili straniere. Trump li aveva imposti dopo che il dipartimento del Commercio aveva stabilito che quelle importazioni costituissero una minaccia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti.

Secondo il governo statunitense, se la sentenza fosse confermata dovrebbe rimborsare alcune tasse sulle importazioni, cosa che produrrebbe un grosso danno finanziario: a luglio, le entrate derivanti dai dazi ammontavano a 159 miliardi di dollari, più del doppio rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.