Per il ministro dello Sport la guerra in Ucraina è «un fatto molto più cruento» di quella a Gaza
E per questo dice che è giusto escludere solo la Russia dalle Olimpiadi di Milano e Cortina, e far partecipare Israele

Lunedì il ministro dello Sport Andrea Abodi, rispondendo ad alcune domande dei cronisti al termine del suo intervento al Meeting di Rimini, ha ribadito che gli atleti israeliani e quelli russi verranno trattati in modo diverso alle Olimpiadi invernali di Milano e Cortina che inizieranno il 6 febbraio 2026. Ai primi verrà consentito di gareggiare regolarmente, ai secondi invece no: e questo, secondo Abodi, è giustificato dal fatto che la guerra in Ucraina «è stato un fatto molto più cruento» rispetto a quella a Gaza.
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Abodi ha detto di essere contrario alla possibilità di escludere Israele, sostenendo che questa sia «la fase nella quale le diplomazie devono essere sempre più incisive». Per questo se non si consentisse la normale partecipazione degli atleti israeliani «credo che si farebbe un ulteriore passo indietro rispetto alla funzione dello sport che deve unire piuttosto che dividere». Quando gli è stato chiesto della diversità di trattamento riservata agli atleti russi, Abodi ha risposto:
La Russia è stato un fatto molto più cruento, molto più aggressivo, che ha inciso sulla sovranità di una nazione che doveva essere supportata, sostenuta e difesa.
Le parole di Abodi hanno generato dapprima qualche polemica politica: soprattutto per il fatto che, per come l’ha messa lui stesso, Abodi sembra suggerire che ci sia una sorta di classificazione delle guerre in base a quanto sono cruente, che quella a Gaza abbia meno dignità e necessità di attenzioni rispetto a quella in Ucraina e che la popolazione palestinese sia meno degna di sostegno. Il deputato e responsabile dello Sport del Partito Democratico Mauro Berruto, che già negli scorsi giorni aveva condiviso una petizione per sospendere Israele da tutte le competizioni internazionali, ha criticato duramente le parole del ministro definendole «incommentabili», e dicendo di essere «sconcertato» e «incredulo».
Martedì è stata poi la stessa ambasciata russa in Italia a intervenire. Lo ha fatto, come spesso accade, con toni duri e ironici, e con un lungo commento pubblicato anche sui propri profili social che si conclude così: «Sarebbe molto auspicabile che le autorità italiane seguissero con chiarezza i principi fondamentali del Movimento Olimpico e si astenessero dal formulare, per bocca dei propri funzionari sportivi, cui è delegata la preparazione delle Olimpiadi, dichiarazioni che alterano il senso e il significato del compito loro affidato».
Il Comitato olimpico internazionale (CIO) ha stabilito nel dicembre del 2023 la sospensione della Russia e della Bielorussia dalle Olimpiadi, come conseguenza per l’invasione in Ucraina. Agli atleti di quei paesi è tuttavia concesso, a certe condizioni e dopo una specifica autorizzazione dello stesso CIO, partecipare ai Giochi ma solo a livello individuale e non in rappresentanza delle proprie nazioni: per questo a Parigi hanno gareggiato sotto una bandiera neutrale con l’acronimo AIN (Athlète Individuel Neutre), e con una divisa che non riportava stemmi o colori di Russia e Bielorussia.
A Milano e Cortina succederà un po’ la stessa cosa: solo atleti individuali russi e bielorussi, e tutti con una bandiera neutrale. Ciò comporta l’esclusione delle squadre dalle gare, come per esempio quella di hockey russo che ha vinto un oro e un argento alle ultime due edizioni, quella di Pyeongchang in Corea del Sud nel 2018 e quella di Pechino in Cina nel 2022.


