Ion Iliescu ha cambiato la Romania
Fu il primo presidente dopo la dittatura comunista, avvicinò il paese all’Europa ma venne anche accusato di crimini e brutalità: è morto ieri

Martedì è morto Ion Iliescu, il primo presidente della Romania dopo la fine della dittatura comunista di Nicolae Ceaușescu, nel 1989, e uno dei più noti e controversi politici romeni. Iliescu ebbe un ruolo importante nella transizione della Romania dal comunismo a posizioni più vicine a quelle dell’Unione Europea e degli Stati Uniti. Fu però anche accusato di brutalità e crimini contro la popolazione romena, e di non essere riuscito a contrastare in modo efficace la corruzione. Aveva 95 anni ed era malato da tempo: a giugno era stato operato per cancro ai polmoni.
Iliescu nacque nella cittadina di Oltenița, poche decine di chilometri a sud della capitale Bucarest, nel 1930. Da ragazzo studiò nell’Unione Sovietica (URSS), la federazione di paesi comunisti guidati dalla Russia. Pur senza farne parte, la Romania fu fortemente influenzata dall’URSS: dopo la Seconda guerra mondiale, per decenni venne governata da un dittatore comunista eccentrico e crudele, Nicolae Ceaușescu.
Alla fine del 1989 grosse proteste portarono alla fine del regime di Ceaușescu. Iliescu a quel punto venne nominato alla guida del Consiglio del Fronte di Salvezza Nazionale (FSN, l’organismo transitorio che guidò la Romania dalla fine del regime al 1993) in un modo che per tanti fu un po’ inaspettato.
Iliescu negli anni Sessanta era stato un collaboratore molto vicino a Ceaușescu, ricoprendo, tra le altre cose, il ruolo di ministro della Gioventù e occupandosi della propaganda. In seguito assunse però un ruolo più marginale, a causa delle sue posizioni più liberali rispetto a quelle di Ceaușescu. Negli anni Ottanta Iliescu era un funzionario minore: quando diventò il leader dell’FSN, la maggior parte dei romeni sapeva solo vagamente chi fosse.
Dopo la destituzione, il dittatore Nicolae Ceaușescu e sua moglie Elena vennero processati in modo molto sbrigativo da un tribunale militare istituito dall’FSN: furono condannati a morte e uccisi il 25 dicembre 1989.

Un soldato in borghese spara in aria per spaventare alcune persone che protestano contro il regime comunista, nel dicembre del 1989 (AP/Czarak Sokolowski)
L’FSN doveva essere un organismo temporaneo, ma si trasformò in un partito politico e decise di partecipare alle prime elezioni dopo la fine della dittatura, nel maggio del 1990. L’FSN controllava le istituzioni e i media romeni, e vinse con facilità: Iliescu venne eletto presidente a grande maggioranza.
Fu presidente dal 1990 al 1996, e poi nuovamente dal 2000 al 2004. Tra le altre cose allontanò la Romania dall’influenza dell’Unione Sovietica e della Russia, e nel 1995 il paese chiese formalmente di entrare nell’Unione Europea (successe nel 2007); nel 2004 entrò nella NATO, la principale alleanza militare dei paesi occidentali.
Iliescu però preferì attuare un processo graduale di transizione dal comunismo, rifiutandosi per esempio di riformare il sistema giudiziario e gli apparati di sicurezza, e scegliendo come suoi collaboratori persone che avevano avuto ruoli di rilievo nel precedente regime, secondo i suoi critici allo scopo di rinforzare il proprio potere personale. Allo stesso tempo, non rese più efficiente l’amministrazione pubblica romena e non riuscì a ridurre la corruzione, che ancora oggi è un problema molto diffuso.
Nel 2018 un tribunale romeno accusò Iliescu di crimini contro l’umanità per non aver fatto abbastanza per evitare la morte di centinaia di romeni durante le proteste che portarono alla caduta di Ceaușescu, nel 1989. Iliescu è stato anche parecchio contestato per il modo in cui represse altre proteste, organizzate a Bucarest tra il 1990 e il 1991 per chiedere riforme più incisive e l’allontanamento dei funzionari compromessi con il comunismo. In quegli anni l’FSN incoraggiò migliaia di minatori romeni a partecipare alle proteste per attaccare e disperdere i manifestanti.
Uno degli episodi più violenti, noto in romeno come “mineriada”, avvenne tra il 13 e il 15 giugno del 1990, quando migliaia di minatori giunsero a Bucarest e dispersero violentemente le proteste contro il governo, con il sostegno di Iliescu e dell’FSN: attaccarono i manifestanti e i partiti dell’opposizione, uccidendo sei persone e ferendone centinaia. Iliescu fu indagato varie volte, per il suo ruolo sia nelle proteste del 1989 sia nella mineriada, ma non è mai stato condannato. Molto probabilmente, dopo la sua morte le accuse contro di lui cadranno.



