Il governo vuole controllare di più le terapie farmacologiche per preadolescenti e adolescenti trans
Ha approvato un disegno di legge sui bloccanti della pubertà e sulle terapie ormonali, che è già molto contestato

Il Consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge per regolamentare l’uso dei farmaci per la disforia di genere da parte di preadolescenti e adolescenti transgender. Il ddl non è ancora stato depositato in parlamento, ma è già stato contestato da alcuni attivisti per i diritti delle persone trans sulla base di una versione del testo diffusa da alcuni siti di notizie e delle anticipazioni pubblicate dallo stesso governo.
Le critiche riguardano principalmente tre aspetti. Il primo è l’istituzione di un registro nazionale di informazioni sulla salute dei pazienti a cui vengono somministrati questi farmaci, perché viene visto come una possibile “schedatura” delle persone trans giovani. Il secondo riguarda il fatto che verrebbero sostanzialmente equiparate le terapie che oggi vengono prescritte alle persone minorenni già sviluppate sessualmente (cioè gli ormoni mascolinizzanti e femminilizzanti) e quelle che vengono prescritte ai preadolescenti non ancora sviluppati sessualmente, cioè i cosiddetti bloccanti della pubertà. Il terzo aspetto ritenuto critico è che per la prescrizione dei bloccanti sia necessaria una diagnosi e dei percorsi «psicologici, psicoterapeutici ed eventualmente psichiatrici».
Attualmente in Italia alle persone minorenni con disforia di genere, che cioè vivono un profondo disagio perché non si riconoscono nel genere corrispondente alle proprie caratteristiche fisiche sessuali, possono essere prescritti due diversi tipi di terapie farmacologiche.
Ai preadolescenti possono essere prescritti i bloccanti della pubertà, il cui scopo è ritardare o sospendere lo sviluppo dei caratteri sessuali. Per chi vive con disagio il proprio sesso biologico infatti affrontare lo sviluppo, e quindi la crescita del seno, dei peli, il cambio della voce, eccetera, può creare un grave malessere, e in alcuni casi portare ad atti di autolesionismo o tentativi di suicidio. Le terapie con i bloccanti sono pensate per evitare questo malessere ma anche per dare tempo ai pazienti di capire meglio il proprio vissuto e confermare o meno di essere trans.
Agli adolescenti minorenni (quindi alle persone di 15, 16 o 17 anni a seconda dei casi: non c’è un’età specifica perché lo sviluppo sessuale avviene in tempi diversi da persona a persona) invece possono anche essere prescritti farmaci ormonali che cambiano l’orientamento dello sviluppo sessuale. Si parla di farmaci mascolinizzanti per le persone con caratteristiche biologiche femminili e femminilizzanti per quelle con caratteristiche biologiche maschili.
Nell’ultimo anno e mezzo sia in Europa che in Italia si è molto discusso dei farmaci bloccanti dopo la pubblicazione del “rapporto Cass”, un’ampia analisi della letteratura scientifica sul tema commissionata dal servizio sanitario inglese e condotta dalla pediatra britannica Hilary Cass. Molto in breve, il rapporto sosteneva che fino a quel momento i bloccanti fossero stati prescritti senza sufficiente cautela e che fossero necessari più studi per valutarne gli effetti a lungo termine.
Il nuovo disegno di legge approvato dal governo italiano si può considerare una delle conseguenze di questo rapporto. Alla fine del 2024 infatti era stato citato dal Comitato Nazionale di Bioetica (CNB) italiano in una relazione al governo che consigliava di finanziare più studi clinici indipendenti per raccogliere maggiori dati riguardo agli effetti e al rapporto costi/benefici dei bloccanti, e raccomandava che le prescrizioni di questi farmaci fossero effettuate in maniera controllata, possibilmente all’interno di sperimentazioni promosse dallo stesso ministero della Salute, e comunque seguendo gli stessi criteri anche in eventuali prescrizioni esterne alle sperimentazioni cliniche.
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Il disegno di legge mostra come il governo ha pensato di gestire la questione, ma non chiarisce del tutto come saranno prescritti i farmaci per la disforia di genere in futuro, perché gli aspetti tecnici saranno regolamentati da protocolli clinici che dovranno essere adottati dal ministero della Salute.
La relazione del CNB italiano non parlava dei farmaci ormonali prescritti alle persone minorenni che già hanno affrontato lo sviluppo sessuale, ma solo dei bloccanti. Tuttavia per quello che si sa per il momento il ddl non fa distinzioni tra i due generi di farmaci. Prevede che la somministrazione di entrambi possa avvenire solo dopo una «specifica diagnosi da parte di una équipe multidisciplinare e agli esiti documentati dei percorsi psicologici, psicoterapeutici ed eventualmente psichiatrici precedentemente svolti».
Roberta Parigiani, avvocata nonché portavoce e attivista del Movimento identità trans (Mit), ha spiegato a Domani che i bloccanti «possono essere usati in fasi iniziali, proprio per valutare se c’è o meno volontà di proseguire nel percorso», quindi prima di una diagnosi definitiva che può essere complicata per le persone più giovani. Per questo vincolare la loro prescrizione a una diagnosi definitiva può allungare i disagi sofferti da ragazze e ragazzi con disforia di genere.
Per Parigiani anche l’aver messo sullo stesso piano i bloccanti e le terapie ormonali è un errore perché sono farmaci prescritti in casi diversi e le eventuali cautele sui bloccanti potrebbero anche restringere l’accesso agli ormoni per le persone trans minorenni che hanno già chiara la propria identità di genere. Vincolare questa terapia a un percorso psicoterapeutico, o addirittura psichiatrico, va in direzione contraria rispetto a un approccio usato per anni per le persone trans, che riconosce loro la capacità di comprendere la propria identità di genere senza doversi sottoporre a una psicoterapia.
L’altro aspetto del ddl che è stato contestato è quello che riguarda l’istituzione di un registro «per la prescrizione e la dispensazione dei farmaci» negli ospedali, dove si può accedere alle terapie per la disforia di genere gratuitamente. Secondo quanto annunciato dal governo questo registro, pensato per essere gestito dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ed essere trasmesso periodicamente al ministero della Salute, dovrebbe contenere le informazioni usate per prescrivere i farmaci, «inclusi gli esiti documentati dei precedenti percorsi psicologici, psicoterapeutici ed eventualmente psichiatrici svolti; le eventuali comorbilità diagnosticate; il monitoraggio clinico e il follow up».
Parigiani e altri attivisti temono che tale registro sarebbe di fatto una schedatura delle persone trans più giovani perché conterrebbe informazioni dettagliate sui loro casi specifici.
Un’ultima cosa prevista dal ddl è l’istituzione di un «tavolo tecnico» che ogni tre anni renda conto al parlamento delle valutazioni dell’AIFA basate sul registro. Il tavolo sarebbe presieduto da rappresentanti del ministero della Salute e di un’autorità politica delegata alle questioni che riguardano la famiglia: sarebbe dunque un organo politico.
Il ddl ora dovrà essere sottoposto al parlamento per essere trasformato in legge e in questo processo potrebbe subire degli emendamenti. Se dovesse essere approvato nella versione attuale, prevederebbe che in attesa dei nuovi protocolli clinici del ministero della Salute sulle terapie per la disforia di genere le somministrazioni di bloccanti e farmaci ormonali ai minorenni debbano essere approvate dal Comitato Etico Nazionale per le sperimentazioni cliniche in ambito pediatrico.



