In che senso il capo di Spotify finanzia l’industria militare

Gli investimenti di Daniel Ek in droni e tecnologie belliche hanno attirato contestazioni anche al servizio di streaming musicale

(Antoine Antoniol/Getty Images)
(Antoine Antoniol/Getty Images)
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In breve:

  • All’inizio dell’estate diversi musicisti hanno criticato Spotify e alcuni hanno rimosso le canzoni perché Daniel Ek, amministratore delegato e cofondatore, ha investito 600 milioni di euro nella start up tedesca Helsing che produce droni militari e software di intelligenza artificiale.
  • Le critiche si sommano a quelle sui compensi bassissimi agli artisti e sugli accordi con agenzie che producono musica dozzinale con artisti “finti”: molti sottolineano l’incoerenza tra retribuzioni irrisorie dei musicisti ed enormi risorse destinate al settore militare.
  • Le proteste sono state perlopiù simboliche coinvolgendo pochi artisti non noti: nella maggioranza dei casi non sono i musicisti a gestire la distribuzione ma le società discografiche, e non stare su Spotify limita l’esposizione e riduce il pubblico.

All’inizio dell’estate diversi musicisti in Italia e all’estero hanno pubblicato messaggi di critica contro Spotify, il servizio di streaming musicale col maggior numero di abbonati e la diffusione più ampia. Alcuni tra loro (pochissimi e non troppo conosciuti) hanno rimosso le proprie canzoni dalla piattaforma. Alla base di queste proteste c’è l’accusa rivolta allo svedese Daniel Ek, amministratore delegato e cofondatore dell’azienda, di voler investire in tecnologie militari avanzate per trarre profitto dalle recenti guerre, in particolare quella in Ucraina.

Il motivo di questa mobilitazione è che a giugno, attraverso il suo fondo d’investimento Prima Materia, Ek aveva finanziato con 600 milioni di euro la start up tedesca Helsing, che produce droni militari e sviluppa software di intelligenza artificiale per coordinare operazioni belliche. In realtà, Ek era coinvolto in Helsing già dal 2021, l’anno della sua fondazione, quando investì 100 milioni di euro nella società ed entrò a far parte del consiglio d’amministrazione insieme ai tre fondatori dell’azienda: Torsten Reil, un ex sviluppatore di videogiochi; Gundbert Scherf, un ex dipendente del ministero della Difesa tedesco; e Niklas Köhler, un ingegnere specializzato nello sviluppo di sistemi di intelligenza artificiale generativa.

L’associazione percepita tra Spotify e Helsing è diventata molto più evidente dopo il grosso investimento di giugno, e perché Ek ha assunto anche la carica di presidente dell’azienda. Non c’è però di fatto alcuna associazione tra le due aziende, dal momento che i finanziamenti di Ek sono fatti in modo privato, attraverso il suo fondo d’investimento.

Le critiche sollevate nelle ultime settimane si sono sommate a quelle che da anni riguardano Spotify, in particolare per i compensi estremamente bassi riconosciuti agli artisti (nell’ordine di pochi millesimi di euro per ogni ascolto) e per le rivelazioni di recenti inchieste giornalistiche che hanno provato come l’azienda abbia accordi economici speciali con agenzie che producono musica dozzinale pubblicata a nome di artisti “finti”, che viene poi inclusa nelle playlist ufficiali di atmosfera e sottofondo.

Diversi musicisti, critici del settore e osservatori hanno sottolineato l’incoerenza tra le retribuzioni irrisorie dei musicisti e dei gruppi che pubblicano la loro musica su Spotify e le enormi risorse che Ek ha deciso di destinare a un settore del tutto estraneo alla musica, come quello militare. Le proteste non coinvolgono solo gli artisti, ma anche molti consumatori. Sui social sono state lanciate alcune campagne per disdire gli abbonamenti a Spotify, partendo dall’idea che continuare a pagare la piattaforma equivarrebbe, almeno indirettamente, a contribuire al finanziamento di un’azienda militare.

– Leggi anche: Come Spotify usa gli artisti “finti” per riempire le sue playlist e pagare meno diritti

I recenti nuovi investimenti di Ek in Helsing coincidono con una fase in cui il settore delle tecnologie militari sta avendo una forte espansione, dovuta anche ai massicci piani di riarmo varati da molti governi europei.

In un’intervista data al Financial Times, Ek ha detto che era consapevole che i suoi investimenti in tecnologie militari avrebbero generato critiche e boicottaggi, ma che allo stesso tempo è convinto «al cento per cento» che saranno utili per l’Europa, dato che serviranno a sviluppare sistemi sempre più autonomi e in grado di svolgere compiti complessi con un intervento umano minimo. Ek ha aggiunto anche che, se l’Europa non svilupperà tecnologie di questo tipo tramite le sue aziende, nel prossimo futuro rischierà di dipendere dagli Stati Uniti per la propria difesa.

All’inizio le attività di Helsing erano concentrate soprattutto sullo sviluppo di due software: Altra, che usa i dati raccolti da sensori, radar e altri strumenti militari per produrre mappe interattive e aggiornate in tempo reale, e Cirra, un sistema di intelligenza artificiale capace di riconoscere veicoli, droni o potenziali minacce a partire da quei dati, aiutando così a capire cosa sta davvero succedendo durante un’operazione militare.

A partire dallo scorso anno, Helsing ha cominciato a specializzarsi anche nella produzione di droni militari: ha venduto migliaia di droni dei modelli HF-1 e HX-2 all’Ucraina, il cui esercito li utilizza nella guerra contro l’invasione russa.

Nel 2025 l’azienda ha presentato anche l’SG-1 Fathom, un drone subacqueo autonomo per la sorveglianza marittima e la protezione di infrastrutture come cavi sottomarini o gasdotti e basato su un sistema di intelligenza artificiale chiamato Lura, in grado di analizzare in tempo reale i suoni del mare e identificare navi o sottomarini con un’efficienza superiore a quella dei sonar tradizionali.

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Finora le proteste contro gli investimenti di Ek sono state perlopiù simboliche. Solo pochi artisti hanno scelto di ritirare la propria musica da Spotify, e in tutti i casi si tratta di nomi non particolarmente noti al grande pubblico.

La scorsa settimana i King Gizzard & The Lizard Wizard, un gruppo australiano di rock psichedelico, hanno ritirato quasi tutto il loro catalogo dalla piattaforma, giustificando la decisione proprio sulla base degli investimenti militari di Ek. Anche i Deerhoof e gli Xiu Xiu, due band americane di rock sperimentale con una loro piccola ma solida notorietà, hanno detto che rimuoveranno i propri dischi da Spotify per la stessa motivazione.

In Italia finora il caso più citato è stato quello di Auroro Borealo, cantautore conosciuto e apprezzato in una nicchia della musica indie, che a luglio aveva annunciato di aver tolto la sua musica da Spotify dopo aver saputo dell’investimento di Ek. «Non mi è mai importato di guadagnare pochi millesimi di euro da ogni stream, ma quando gli introiti della mia musica vengono impiegati nel mercato delle armi, la questione diventa per me eticamente insostenibile» aveva scritto Auroro Borealo, il cui vero nome è Francesco Roggero.

Casi del genere sono però rari. Negli ultimi dieci anni alcuni dei musicisti più importanti e famosi al mondo hanno criticato anche molto duramente Spotify e il modo in cui compensa gli artisti, ma oggi praticamente tutti hanno la loro musica sulla piattaforma. Nella stragrande maggioranza dei casi infatti non sono direttamente i musicisti a gestire la distribuzione dei propri dischi, ma le società discografiche, con cui hanno firmato appositi accordi che salvo rare eccezioni prevedono la pubblicazione sulle piattaforme di streaming.

Oltre alle eventuali resistenze della società discografica, ci sono altre ragioni per cui anche i musicisti che vorrebbero togliere la propria musica dalle piattaforme poi non lo fanno. Una è che non stare su Spotify limita significativamente la propria esposizione, e può comportare una riduzione del proprio pubblico. L’altra è che anche i limitati guadagni che derivano dagli streaming sono spesso importanti per il sostentamento economico dei musicisti.

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