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  • Venerdì 1 agosto 2025

A El Salvador sono stati aboliti i limiti del mandato presidenziale

Il presidente Nayib Bukele potrà candidarsi per un numero illimitato di volte

Nayib Bukele (Alex Peña/Getty Images)
Nayib Bukele (Alex Peña/Getty Images)
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Giovedì il parlamento unicamerale di El Salvador, in America centrale, ha approvato una riforma costituzionale che ha abolito i limiti ai mandati presidenziali. È stata proposta da Nuevas Ideas, il partito conservatore e populista del presidente Nayib Bukele, che ora quindi potrà candidarsi per un numero illimitato di volte. La riforma ha anche esteso la durata del mandato da 5 a 6 anni, ha eliminato il ballottaggio alle elezioni e ha ridotto di due anni l’attuale mandato di Bukele, che finirà quindi nel 2027, in modo da far coincidere le elezioni presidenziali e quelle parlamentari. È stata votata da 57 dei 60 membri del parlamento (El Salvador ha circa 6 milioni di abitanti).

La legge permette a chiunque di candidarsi un numero illimitato di volte. Ora però favorirà Bukele, che ha 44 anni e si definisce “il dittatore più cool del mondo”: è in carica dal 2019 e in questi anni ha imposto una svolta autoritaria a El Salvador, limitando le libertà civili e imponendo un sempre maggiore controllo sulle istituzioni. Nonostante questo rimane molto popolare: nel 2024 fu eletto per un secondo mandato, anche se la Costituzione in teoria non lo permetteva (la Corte Suprema, composta da giudici a lui vicini, aveva stabilito che fosse suo diritto).

La popolarità di Bukele deriva dall’aver trasformato in pochi anni El Salvador dal paese con il più alto tasso di omicidi dell’America Latina in un paese più sicuro, dopo decenni in cui era stato di fatto governato da bande criminali che avevano ucciso, rapito e ricattato la popolazione. Bukele ci è però riuscito attraverso l’imposizione nel 2022 di uno “stato di emergenza” relativo al crimine organizzato, che è tuttora in vigore e che gli ha permesso di mettere in atto politiche molto repressive, con continue violazioni dei diritti umani. Le forze di sicurezza possono arrestare chiunque sia sospettato di far parte di una banda criminale, anche in assenza di prove.

L’appartenenza a una gang viene punita con una pena minima di vent’anni (contro i precedenti tre), e quando le accuse coinvolgono il terrorismo le pene diventano cumulative e sono consuete condanne a 100 o 150 anni di carcere. Sono comuni anche le detenzioni preventive, spesso prolungate, senza la formulazione di un capo d’accusa, mentre il governo ha accesso a tutte le comunicazioni private dei cittadini.

Si ritiene che negli ultimi tre anni siano state incarcerate oltre 75mila persone, con il risultato di eliminare quasi completamente i gruppi criminali a El Salvador. I diritti degli imputati sono stati soppressi, motivo per cui in carcere sono finite anche moltissime persone innocenti, che hanno poche possibilità di dimostrare la loro estraneità alle accuse.

Questi metodi violenti sono stati ampiamente pubblicizzati da Bukele, in particolare con una serie di video propagandistici il cui stile negli scorsi mesi è stato imitato dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump per parlare delle espulsioni di presunti immigrati irregolari. Bukele e Trump sono alleati: a partire da marzo del 2025 Bukele ha acconsentito al trasferimento in un carcere salvadoreño di centinaia di immigrati venezuelani arrestati negli Stati Uniti con l’accusa di far parte di bande criminali. Fra loro c’era anche Kilmar Abrego Garcia, un uomo di 29 anni espulso per errore a marzo e portato a El Salvador senza che fossero presentate accuse solide contro di lui. A giugno Abrego Garcia è stato riportato negli Stati Uniti, dove sarà processato.

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I metodi violenti di Bukele sono sostenuti da un’ampia parte della popolazione, e le politiche e i risultati ottenuti nell’ambito della sicurezza hanno oscurato gli altri insuccessi della sua gestione, a partire da quelli economici. Nel 2021 Bukele ha resto El Salvador il primo paese al mondo a dare corso legale ai bitcoin, rendendo obbligatoria l’accettazione della criptovaluta come mezzo di pagamento e convertendo in bitcoin gran parte delle riserve monetarie dello stato.

È un esperimento che oggi viene considerato un fallimento e che ha portato più costi che benefici: a gennaio di quest’anno il governo ha smesso di considerare il bitcoin una valuta legale per poter accedere a un prestito da 1,4 miliardi di dollari del Fondo Monetario Internazionale, che aveva posto questa condizione per erogare la somma.

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