• Sport
  • Mercoledì 30 luglio 2025

Com’è che in Australia nuotano così bene

Nonostante i pochi abitanti, è sempre tra i migliori paesi ai Mondiali e alle Olimpiadi: essere un'isola gigantesca di certo aiuta, ma c'è dell'altro

Le nuotatrici della staffetta 4x100 stile libero che ha vinto la medaglia d'oro ai Mondiali di Singapore (AP Photo/Vincent Thian)
Le nuotatrici della staffetta 4x100 stile libero che ha vinto la medaglia d'oro ai Mondiali di Singapore (AP Photo/Vincent Thian)
Caricamento player

Ai Mondiali di nuoto (che si stanno svolgendo a Singapore e finiranno il 3 agosto) l’Australia ha già vinto quindici medaglie totali, otto delle quali nelle gare in vasca, e nel medagliere è seconda dietro alla Cina. Nel nuoto hanno vinto l’oro Mollie O’Callaghan nei 200 metri stile libero, Kaylee McKeown nei 100 metri dorso e le staffette 4×100 stile libero femminile e maschile.

Le due staffette in particolare hanno mostrato ancora una volta che, anche al di là e a prescindere da qualche nuotatore o nuotatrice eccezionale, la squadra australiana di nuoto è forse la migliore al mondo per profondità e costanza di risultati. Alle Olimpiadi di Parigi era arrivata seconda nel medagliere del nuoto con 7 medaglie d’oro e 18 totali: dieci in meno rispetto agli Stati Uniti. A quelle di Tokyo era finita 30-21 per gli Stati Uniti, e il terzo paese con più medaglie era stato il Regno Unito con solo 8 medaglie.

Solo gli Stati Uniti, insomma, riescono in genere a superare l’Australia per numero di medaglie nei grandi eventi, ma bisogna considerare che l’Australia ha circa un tredicesimo degli abitanti degli Stati Uniti (26 milioni contro 340). È quindi notevole, se si considera il numero di abitanti, quanti nuotatori e soprattutto nuotatrici d’élite l’Australia riesca ad avere da anni. In questo momento 5 dei 20 record mondiali femminili in vasca lunga sono detenuti da nuotatrici o squadre di staffetta australiane.

Le ragioni di questa eccellenza sono diverse e di diverso tipo: culturali, storiche, economiche e anche geografiche. Innanzitutto, quasi il 90 per cento dei 26 milioni di australiani vive a meno di 50 chilometri dalla costa. Tutte le principali città (Melbourne, Sydney, Brisbane, Perth, Darwin e Adelaide) sono sulla costa, ed è quindi normale per chi sta in Australia imparare presto a nuotare. È anche una questione di sicurezza, visto quanto può essere pericoloso nuotare nell’oceano. Tra l’altro, nonostante gli investimenti statali per evitare che succeda, l’Australia continua a essere un paese in cui annegano molte persone.

Già nel 1911, scrive il Sydney Morning Herald in un articolo sulla storia del nuoto in Australia, nuotare nell’oceano era il passatempo principale di chi stava a Sydney, e negli anni Cinquanta «la capacità di nuotare era diventata un segno distintivo degli australiani». Il crawl, il modo in cui oggi si nuota abitualmente a stile libero, è stato perfezionato in Australia, ed è australiana anche la sua variante nota come Australian crawl, che prevede un doppio battito di gambe durante la bracciata. Si pensa che il crawl fu introdotto in Australia a fine Ottocento da un nuotatore originario delle isole Salomone, nell’oceano Pacifico. Alle Olimpiadi di Melbourne del 1956 l’Australia dominò le gare di nuoto, vincendo 8 delle 13 medaglie d’oro in palio;  quelle vittorie resero il nuoto ancora più popolare ed ebbero come conseguenza la costruzione di centinaia di piscine comunali nel paese.

Il nuotatore australiano Murray Rose, vincitore di tre medaglie d’oro alle Olimpiadi di Melbourne del 1956 (Getty Images)

Secondo la Royal Life Saving, l’organizzazione che si occupa di sicurezza in acqua nel paese, in Australia ci sono oltre 2.100 piscine pubbliche, e 9 australiani su 10 abitano a meno di venti minuti di macchina da una piscina. Per fare un confronto, in Italia (un paese dove pure si nuota molto e con risultati notevoli) le piscine pubbliche attive sono circa 2.500 per 59 milioni di abitanti.

Secondo l’Australian Sport’s Commission il nuoto è lo sport più praticato nel paese. Tra chi lo fa per imparare, chi per hobby e chi si allena con una squadra in piscina o nell’oceano, circa 6 milioni di persone (di cui quasi 2 milioni di bambini) nuotano in Australia considerando quell’attività uno sport, e più della metà di loro sono donne.

Quattro persone votano, in costume, alle recenti elezioni australiane, a Bondi Beach (Lisa Maree Williams/Getty Images)

In Australia esistono parametri di riferimento nazionali per l’educazione al nuoto stabiliti dall’Australian Water Safety Council (AWSC), un’organizzazione indipendente che collabora con la Royal Life Saving, con le istituzioni e con la federazione australiana di nuoto. In base a questi parametri a 12 anni ogni bambino dovrebbe essere in grado di nuotare per 50 metri di fila, e a 17 anni almeno la metà dei ragazzi dovrebbe riuscire a farlo per 400 metri (pari a 16 vasche delle piscine da 25 metri o a 8 di una da 50 metri).

Secondo il canale YouTube The Daily Aus, il fatto che nuotare sia considerata una cosa necessaria, oltre che piuttosto apprezzata, contribuisce a far avvicinare tanti giovani al nuoto. È un circolo virtuoso: si fanno sensibilizzazione e grossi investimenti sulla base, quindi sul rendere il nuoto accessibile a più bambine e bambini possibili, e di conseguenza crescono le possibilità che alcuni di loro diventino campioni.

La presenza di nuotatrici e nuotatori eccezionali come Emma McKeon, Ariarne Titmus, Kaylee McKeown o Mollie O’Callaghan a sua volta rende il nuoto più popolare e ambito tra i giovani, che mirano a emulare campioni e campionesse del nuoto. E infine l’altissima competizione ai vertici spinge chi fa nuoto agonistico a migliorarsi sempre di più.

A ulteriore conferma di quanto l’Australia sia un luogo apprezzato per il nuoto anche all’estero, di recente i nuotatori italiani Thomas Ceccon e Alberto Razzetti, ma anche il fenomenale francese Léon Marchand, sono andati ad allenarsi per un periodo al St. Peters Western Swim Club di Brisbane, uno dei migliori centri sportivi del paese.

– Leggi anche: I Trials femminili di nuoto in Australia sono delle piccole Olimpiadi

Anche in Australia non mancano i problemi, comunque: oltre alle morti per annegamento, che sono in aumento, il Guardian evidenzia che il raggiungimento dei parametri di riferimento dell’AWSC è ancora piuttosto lontano dall’essere ottenuto, e che anzi di recente la situazione è peggiorata, soprattutto dopo la pandemia (in Australia le chiusure, comprese quelle di piscine e spiagge, furono molto lunghe).

Un altro articolo del Guardian mostra la differenza nella possibilità di accesso alle piscine tra le persone che vivono in centro città e quelle che vivono in altri luoghi: nei quartieri più ricchi c’è in media una piscina ogni 7mila residenti, mentre nelle zone più periferiche e distanti dalla costa (che sono comunque molto meno abitate) si può arrivare a una piscina ogni 138mila residenti. Oltre a questo, ABC ha raccontato che diverse piscine pubbliche avrebbero bisogno di interventi di ristrutturazione.

Il 31 dicembre 2022 a Byron Bay, spiaggia nel Nuovo Galles del Sud (James D. Morgan/Getty Images)

In ogni caso i praticanti di nuoto sono in aumento nel paese. Tra il 2018 e il 2023 sono cresciuti del 33 per cento e i bambini che lo praticavano nel 2023 erano il 37,9 per cento del totale (contro il 30,8 per cento di cinque anni prima). I trials australiani (gli eventi nazionali attraverso cui si selezionano i nuotatori e le nuotatrici che parteciperanno agli eventi internazionali come le Olimpiadi) sono spesso molto seguiti, e quelli prima delle Olimpiadi di Parigi del 2024 sono stati trasmessi anche all’estero, negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in India, una cosa che non avviene per quasi nessun campionato nazionale. E la nazionale australiana, nel frattempo, continua a ottenere risultati eccellenti in tutte le manifestazioni internazionali.