C’è una carestia a Gaza, dice un’organizzazione appoggiata dall’ONU

Secondo l'IPC, che monitora le crisi alimentari nel mondo, spesso una persona su tre resta più giorni senza mangiare

Un gruppo di palestinesi schiacciati in attesa della distribuzione di cibo, a Gaza City, nel nord della Striscia di Gaza, il 26 luglio 2025
Un gruppo di palestinesi schiacciati in attesa della distribuzione di cibo, a Gaza City, nel nord della Striscia di Gaza, il 26 luglio 2025 (AP/Abdel Kareem Hana)

Il 29 luglio l’Integrated Food Security Phase Classification (IPC) ha diffuso un’allerta con cui dice che nella Striscia di Gaza si sta concretizzando una carestia. Il rapporto non costituisce ufficialmente una classificazione della situazione come carestia, ma secondo l’IPC l’accesso al cibo e ad altri beni essenziali è sceso a livelli senza precedenti: fame, malnutrizione e malattie stanno provocando un aumento delle morti legate alla mancanza di cibo.

L’IPC (acronimo di “Iniziativa per la Classificazione Integrata delle Fasi della Sicurezza Alimentare”) è una piattaforma che riunisce 21 organizzazioni e istituzioni intergovernative, tra cui varie agenzie delle Nazioni Unite come l’Organizzazione Mondiale della Sanità e il Programma Alimentare Mondiale. L’IPC stabilisce la gravità di situazioni di penuria alimentare, usando metodi e indicatori condivisi a livello internazionale. Le sue conclusioni sono poi usate dai governi o dalle organizzazioni internazionali per valutare il grado di accesso di una popolazione a un’alimentazione adeguata.

Secondo la metodologia usata dall’IPC, si può parlare di una situazione di carestia in una certa area quando una famiglia su cinque si trova in una situazione di estrema mancanza di cibo; quando il 30 per cento dei bambini è gravemente malnutrito; e quando almeno due persone adulte, o quattro bambini, ogni 10mila muoiono ogni giorno a causa della fame o di disturbi a essa associati.

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Persone palestinesi vicino al centro della GHF a Rafah, nel sud della Striscia (AP Photo/Abdel Kareem Hana)

Secondo l’allerta una persona su tre nella Striscia di Gaza resta per più giorni senza mangiare, e i casi di malnutrizione stanno rapidamente aumentando. Da metà aprile a metà luglio nella città di Gaza (la principale della Striscia, nel nord) più di 20mila bambini sono stati ricoverati per problemi di malnutrizione acuta. Di questi, più di 3mila erano gravemente malnutriti. Almeno 16 bambini sono morti di fame.

Il rapporto sulla Striscia di Gaza cita tra le cause della carestia l’aggravarsi dei bombardamenti israeliani e l’aumento delle operazioni militari nella Striscia negli ultimi mesi, come pure le rigidissime restrizioni imposte dal governo del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu sull’entrata di cibo e altri beni essenziali.

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L’IPC ha anche criticato la Gaza Humanitarian Foundation, l’organizzazione voluta da Israele per controllare la distribuzione di cibo nella Striscia, dicendo che gli aiuti distribuiti sono insufficienti e che il modo in cui vengono gestiti esclude le persone più fragili. Il sistema imposto da Israele con la GHF ha creato le condizioni per stragi continue di palestinesi: da quando è diventata operativa, a fine maggio, centinaia di persone sono state uccise vicino ai suoi centri o comunque durante le operazioni di distribuzione del cibo.

Secondo il rapporto, anche se il sistema di distribuzione della Gaza Humanitarian Foundation funzionasse e non ci fossero le violenze che avvengono quasi quotidianamente, questo porterebbe comunque all’affamamento della popolazione.

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