Come ci si prepara a un’escursione in montagna

Anche i sentieri più semplici richiedono cautele, indumenti e attrezzature adeguate, e tante persone lo scoprono tardi

Una fila di escursionisti lungo un sentiero
Escursionisti in cammino lungo le Tre Cime di Lavaredo, nelle Dolomiti di Sesto, il 7 agosto 2023 (Athanasios Gioumpasis/Getty)
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Molti dati e aneddoti condivisi da chi si occupa di operazioni di soccorso in montagna indicano da tempo che una quantità notevole di persone ci arriva senza essere adeguatamente equipaggiata e preparata. Spesso sono persone convinte che i pericoli riguardino chi percorre vie ferrate e fa arrampicata, e non chi cammina lungo un sentiero nel bosco. Eppure, come ha detto di recente il presidente del soccorso alpino e speleologico Maurizio Dellantonio, la maggior parte delle 83 persone morte in montagna tra il 21 giugno e il 23 luglio erano escursionisti.

L’impreparazione è un problema non soltanto per chi finisce nei guai, ma per tutte le persone che frequentano la montagna, perché rischia di assorbire forze e risorse in interventi di soccorso che si potrebbero evitare con accortezze semplici ma fondamentali. È anche un problema che rischia di aumentare negli anni, man mano che il turismo e le temperature sempre più alte in città porteranno anche persone con poca o nessuna esperienza ad avventurarsi in montagna nel tempo libero, alla ricerca di un po’ di aria fresca.

Le condizioni fisiche e il livello di preparazione
«Le prime due domande da porsi riguardano le proprie condizioni fisiche e di salute e le proprie capacità tecniche», dice Roberto Bolza, vicepresidente del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico. Un margine di imprevedibilità da mettere in conto c’è sempre. Gli interventi di soccorso riguardano a volte un malore, altre volte inciampi o cadute causate da una banale distrazione. «Certe cose accadono, ed è impossibile prevederle», dice Bolza, ma «un conto è cadere mentre si cammina su un marciapiede, e un conto è inciampare in montagna, dove si può finire fuori dal sentiero e rotolare magari per metri lungo un pendio scosceso».

La valutazione dei propri limiti deve essere onesta e realistica, dice, non misurata su obiettivi da emulare, scoperti magari per caso sui social e incompatibili con le proprie competenze e abilità. La stessa valutazione va estesa al gruppo con cui si decide di andare in escursione in montagna, e di cui potrebbero far parte anche persone poco allenate o bambini. La scelta dell’itinerario, che può essere più o meno impegnativo a seconda della lunghezza, del dislivello e del tipo di terreno, deve dipendere dal livello di preparazione generale, non del singolo membro più esperto.

Due escursionisti seduti su una panchina

Due escursionisti fanno una pausa lungo un sentiero di 150 chilometri tra Fanes e Lagazuoi, vicino Cortina d’Ampezzo, il 16 agosto 2023 (Sean Gallup/Getty Images)

Pianificare il più possibile, anche le alternative
Una volta deciso il percorso, bisogna informarsi sulle condizioni del sentiero e recuperare una mappa aggiornata (cartacea o digitale) in modo da poterlo visualizzare. Serve soprattutto a sapersi orientare durante l’escursione e avere chiaro in quali punti intermedi sono gli eventuali rifugi dove trovare riparo in caso di necessità, se per esempio cambia il tempo, dice Erika Reniero, tecnica di soccorso alpino.

La valutazione delle condizioni meteorologiche è un aspetto fondamentale: la regola è che si esce solo se non ci sono perturbazioni in arrivo, e sapere dove si trovano i rifugi serve in ogni caso. Bisogna infatti tenere a mente che, per quanto le previsioni siano precise man mano che si avvicina il giorno in cui si intende fare l’escursione, in montagna le condizioni possono cambiare facilmente. «La quota, l’arrivo di correnti fredde e altri fattori variabili possono determinare situazioni particolari. Magari in una valle c’è un temporale, e nella valle di fianco a due chilometri in linea d’aria c’è un sole splendente», spiega Bolza.

Conviene avere anche un programma alternativo, un altro percorso o un’altra attività, se per qualche motivo di sicurezza, per imprevisti o per altre ragioni non è possibile seguire il programma iniziale. Secondo Diego Dellai, alpinista e tecnico di elisoccorso alpino, è un’accortezza che serve molto a ridurre i rischi: «a volte si creano delle situazioni per cui uno prova comunque a rispettare il programma originale, ma solo perché non ha altre scelte».

Le scarpe
Per camminare in montagna servono calze e scarpe da trekking, perché hanno la suola scolpita, danno maggiore stabilità al passo e copertura da urti laterali contro rocce o altre superfici. Non vanno bene né le scarpe da ginnastica, né le sneakers. Indossare scarpe adatte, con la suola scolpita e una buona copertura, è fondamentale perché non solo riduce il rischio di farsi male, ma rende più semplice tirarsi fuori da situazioni difficili nel caso di piccoli imprevisti. Non basta sapere di averle in casa: bisogna verificarne le condizioni prima di pianificare l’escursione, e se necessario comprarne di nuove.

«Ho visto tantissime persone arrivare in montagna con le scarpe adatte, ma magari erano scarponi lasciati in garage da dieci anni, da cui poi si staccava la suola, che a duemila metri è un problema», ricorda Reniero. Non dipende per forza dall’usura: la colla può seccarsi anche in scarpe relativamente poco usate, lasciate per lungo tempo in luoghi esposti al sole o troppo caldi. È sbagliato anche tenerle in luoghi troppo umidi, che possono favorire altri processi, tra cui lo sbriciolamento del materiale di cui è composta la suola.

Per chi ha in programma un’escursione lunga o una di più giorni, un buon consiglio è avere anche dei cerotti per vesciche. «Sembra una cavolata, ma è una cosa che non tutti sanno e che può servire molto a chi è meno abituato a camminare per lunghissimi tratti», dice Reniero.

L’abbigliamento
Vestirsi a strati e con un abbigliamento tecnico – niente felponi o cose del genere – è la scelta migliore, perché permette di non soffrire il caldo e di essere preparati in caso di pioggia o freddo improvvisi. Non serve spendere tanto: l’importante è che siano indumenti specifici, pensati per chi va in escursione. È utile avere una giacca impermeabile in caso di pioggia e, quando si è al riparo, un telino isotermico, di quelli usati dai sanitari e chiamati anche “metalline”. «La giacca ripara dall’acqua, non dal freddo. Il telino è leggero da trasportare e può servire se bisogna rimanere fermi in un punto in attesa che passi un temporale improvviso», dice Reniero.

Un uomo percorre un sentiero, con le montagne sullo sfondo

Un escursionista attraversa un sentiero sotto il rifugio Passo Principe, nel parco naturale Sciliar-Catinaccio, nelle Dolomiti occidentali in Alto Adige, il 21 agosto 2024 (Sean Gallup/Getty Images)

Altre cose da avere
Se non ci sono fonti d’acqua o punti di ristoro intermedi, è meglio avere acqua in più che averne poca, soprattutto se la giornata è calda. Servono il berretto per evitare colpi di calore e insolazioni, occhiali da sole per riparare gli occhi, e la crema solare per evitare scottature, ma senza esagerare con le quantità. «Quando do indicazioni ultimamente cerco di essere dettagliato, per esempio specifico “crema solare protezione 50, barattolino piccolo”, perché mi è capitato chi portava il barattolone gigante di crema solare protezione 15 perché comunque voleva abbronzarsi», racconta Dellai.

Un’altra cosa che può far comodo sono i bastoncini regolabili da trekking, spesso considerati a torto una cosa da professionisti, quando in realtà possono servire a chiunque. «Danno stabilità al passo, soprattutto lungo i sentieri ripidi, e permettono di scaricare un po’ di peso sulle braccia e affaticare di meno le gambe, quindi a maggior ragione possono servire a chi è alle prime armi», dice Dellai.

Chiedere aiuto
Il numero da chiamare in caso di emergenza per richiedere soccorso in montagna è il 112, o in alternativa il 118. Il Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico, in collaborazione con il Club Alpino Italiano (CAI) e il ministero del Turismo, ha sviluppato un’app specifica, GeoResQ, che anche in zone con connessione dati limitata – purché presente – permette di inoltrare richieste di soccorso che includono in automatico la geolocalizzazione del dispositivo.

In linea generale le prestazioni di soccorso in Italia sono a carico del Servizio Sanitario Nazionale. In alcune regioni – Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Trentino-Alto Adige e Veneto – è previsto il pagamento di un contributo soltanto se al soccorso non segue l’obbligo di ricovero, o se la chiamata non è motivata da situazioni di pericolo o reali necessità sanitarie. In questi casi ciascuna di quelle regioni determina i costi del servizio in modo diverso.

Cambiare mentalità
Un aspetto su cui soccorritori, alpinisti ed esperti concordano è che andare in montagna, anche solo per un’escursione poco impegnativa, richiede di adottare un approccio e una mentalità diversi da quelli utilizzati in altri luoghi e per altre attività. «Quando si parla di materiali, attrezzature e altre cose da avere non è che acquistarli vuol dire essere a posto: bisogna saperli usare, e certe cose richiedono manualità ed esperienza», chiarisce Bolza.

Un caso frequente è quello dei turisti che hanno soltanto una settimana di ferie e vogliono farci stare dentro tutto, che sia bello o cattivo tempo, altrimenti pensano di avere sprecato la vacanza. «La cosa difficilissima da far capire è che la montagna ha altri tempi rispetto alla vita di tutti i giorni: quando non ci sono le condizioni non si va», spiega la guida alpina Luca Vallata, che lavora nelle Dolomiti. Ha altri tempi anche nel senso che per fare un’escursione, una ferrata o una via, attività con livelli di difficoltà differenti, ci vuole una preparazione lunga: «chi non ce l’ha deve procedere per gradi, partendo dalle cose facili».

Per esempio, molte persone scoprono l’esistenza del lago di Sorapis, in provincia di Belluno, perché vedono le foto sui social o le storie degli influencer, e pensano che sia sufficiente conoscere da dove parte il percorso per arrivarci. «Non sanno che è un percorso lungo, da un’ora e mezzo», con poco dislivello ma un certo sviluppo, spiega Vallata. Segnala anche che c’è un tratto di ferrata non difficile da fare, ma comunque pericoloso, perché in caso di caduta lungo la parete rocciosa non c’è possibilità di salvarsi.

C’è anche una questione di stagionalità, che viene spesso trascurata o ignorata. «Nella valle in cui si trova il lago di Sorapis, che è molto incassata, spesso c’è ancora neve in tarda primavera, anche se non si vede perché sul passo magari splende il sole. Capita tantissime volte di vedere persone in scarpe da ginnastica che vengono recuperate tramite l’elisoccorso con la neve fino alla cintola», racconta Vallata.

Per chi non ha abbastanza esperienza, un consiglio generale e valido in ogni caso è «andare in montagna con chi ha più esperienza di te, perché puoi apprendere modi di fare e di organizzare le giornate che poi ti aiutano in caso di problemi», dice Dellai. Bisogna anche imparare ad adattarsi alle circostanze e accettare l’idea di tornare indietro quando è necessario, rinunciando ai propri programmi. Non saperlo fare è un limite che a volte riguarda anche escursionisti esperti, ricorda Reniero.