La Francia contro l’accordo sui dazi tra Unione Europea e Stati Uniti

«È un giorno buio», ha scritto il primo ministro François Bayrou: ma non è l'unico a pensarla così

François Bayrou all'Eliseo, il 19 marzo 2025 (AP Photo/Thibault Camus)
François Bayrou all'Eliseo, il 19 marzo 2025 (AP Photo/Thibault Camus)

Lunedì il primo ministro francese François Bayrou ha usato parole molto dure per riferirsi all’accordo sui dazi tra Stati Uniti e Unione Europea, annunciato domenica sera. In un messaggio su X ha scritto:

«È un giorno buio quello in cui un’alleanza di persone libere, unite per affermare i loro valori e difendere i loro interessi, finisce per sottomettersi»

L’accordo prevede che gli Stati Uniti impongano dazi del 15 per cento sulla maggior parte delle merci europee. L’Unione non imporrà dazi aggiuntivi sulle importazioni statunitensi, e si è impegnata a investire centinaia di milioni di euro nell’acquisto di prodotti energetici, armi e altri prodotti dagli Stati Uniti (ne abbiamo parlato più estesamente qui). È stata una vittoria per Trump, sia dal punto di vista commerciale sia politico, e una mezza sconfitta per l’Unione Europea, che ha evitato lo scenario peggiore – ossia un proseguimento della guerra commerciale o dazi molto più alti – ma non è riuscita a far valere le proprie condizioni.

– Leggi anche: L’accordo sui dazi è una vittoria per Trump

Nelle trattative la Francia aveva sempre sostenuto la necessità di adottare un approccio duro verso Trump. Aveva proposto di adottare contromisure serie, tra cui l’aumento dei dazi sulle merci statunitensi e una limitazione degli investimenti europei negli Stati Uniti: il contrario di quello che poi è successo. Lunedì critiche simili a quelle di Bayrou sono state espresse da altri membri del governo francese. Il ministro con delega agli Affari europei, Benjamin Haddad, ha definito l’accordo «squilibrato» e ha detto che gli Stati Uniti «hanno scelto la coercizione economica e di ignorare completamente le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio».

Le critiche sono arrivate anche dall’opposizione, sia da destra che da sinistra. Jordan Bardella, il presidente del Rassemblement National (di estrema destra), ha definito l’accordo una «resa» dell’Unione, e ne ha approfittato per criticare la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il governo francese. Il leader del Partito Socialista, Olivier Faure, ha detto che l’accordo «è una vergogna».

Nelle trattative la Francia si è scontrata con altri paesi che invece promuovevano un approccio più cauto, soprattutto per evitare di danneggiare gli affari delle proprie aziende e quindi l’economia interna. Inizialmente era di questa idea anche la Germania, l’altra principale economia europea, oltre alla Francia. Il governo del cancelliere Friedrich Merz chiedeva di trovare rapidamente un accordo con gli Stati Uniti, in modo da tutelare le esportazioni delle proprie aziende automobilistiche. Nelle ultime settimane però Merz si era avvicinato alla Francia, sostenendo quindi un atteggiamento più assertivo, consapevole anche di avere ormai poco tempo per negoziare.

L’Italia ha mantenuto un approccio un po’ ambiguo: la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha provato a sfruttare i suoi buoni rapporti con Trump per ottenere un abbassamento dei dazi, senza riuscirci. Lunedì il ministro degli esteri Antonio Tajani ha detto che la soglia del 15 per cento è «assolutamente sostenibile».

La frammentazione delle posizioni all’interno dell’Unione è stato uno dei principali problemi durante i negoziati, che hanno indebolito i margini di trattativa di von der Leyen.