Perché Carrefour se ne va dall’Italia
Non ha saputo reggere la concorrenza delle altre catene e ha puntato su un modello sbagliato: i negozi in franchising

Carrefour in Italia aveva grossi problemi da tempo, e anche nel resto del mondo i suoi affari non vanno benissimo: per questo la notizia della cessione dei suoi supermercati italiani, che saranno venduti al gruppo italiano NewPrinces, non è stata inaspettata. La crisi dei punti vendita è dovuta perlopiù all’insuccesso di una strategia industriale basata sul franchising, alla forte concorrenza e a un aumento dei costi legato a un’inchiesta della procura di Milano sul lavoro nella logistica. In tutto questo ci si è messa anche l’inflazione, e il fatto che i negozi di Carrefour non si sono mai distinti per le offerte a compensazione del rincaro dei prezzi, come hanno invece fatto altre catene di supermercati.
Nel più ampio contesto internazionale Carrefour è in una situazione complicata dal 2021. All’inizio di quell’anno il gruppo francese aveva ricevuto una proposta di acquisto da Alimentation Couche-Tard, una multinazionale canadese che gestisce catene di minimarket. Il governo francese tuttavia bloccò l’acquisizione, sostenendo che avrebbe messo a rischio la sicurezza alimentare del paese. Nello stesso anno Carrefour provò a comprare Auchan, un’altra catena di supermercati francese, più piccola, ma anche questa acquisizione non si concluse. Da allora il valore delle azioni di Carrefour, quotate alla borsa di Parigi, è stato stabile per molto tempo per poi diminuire progressivamente nell’ultimo anno e mezzo.
Nella prima metà del 2025 le cose sono migliorate grazie alla crescita dei tre mercati più importanti per l’azienda, ovvero la Francia, la Spagna e il Brasile, ma il gruppo non ha ancora recuperato del tutto. La scelta di vendere Carrefour Italia, che aveva chiuso il bilancio del 2024 con una perdita di circa 150 milioni di euro, ha a che fare con questo.
Di suo il settore della grande distribuzione organizzata (GDO) è caratterizzato da bassi margini di guadagno, e in questo stesso periodo in Europa ha risentito dell’inflazione, che ha portato a un aumento dei prezzi dei prodotti e quindi a una maggiore attenzione alle spese da parte dei consumatori.
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Per far crescere il gruppo nonostante questo, l’amministratore delegato Alexandre Bompard ha cercato dei modi per ridurre i costi e attrarre più clienti. In Francia per esempio ha dimezzato la differenza di prezzi media con Leclerc, la catena che storicamente propone prezzi più vantaggiosi, e questo ha permesso di ampliare la quota di mercato dell’azienda, ma la concorrenza è tanta e servivano altre scelte industriali. Già dallo scorso novembre alcuni giornali internazionali avevano anticipato che tra le possibilità prese in considerazione da Bompard e dai vertici della società ci fosse la vendita dei supermercati in alcuni paesi, tra cui l’Italia e la Polonia, dove la concorrenza nel settore dei supermercati è particolarmente alta.
Le ragioni dei problemi italiani di Carrefour sono varie e legate soprattutto agli scarsi risultati ottenuti con una strategia industriale portata avanti a partire proprio dal 2021, quella di affidare sempre più punti vendita in affiliazione commerciale, o franchising. Nel corso del tempo Carrefour Italia ha infatti sempre più rinunciato alla proprietà dei propri negozi, vendendoli a imprenditori locali che potevano continuare a usare il marchio dell’azienda e a rifornirsi dalla sua catena di distribuzione: attualmente più di 900 dei circa 1.200 punti vendita a marchio Carrefour in Italia sono in franchising. Molti dei negozi in franchising sono Carrefour Market, supermercati cittadini di dimensioni medie, o Carrefour Express, che invece sono più piccoli.

Negli ultimi anni Carrefour è stata criticata anche per le sue collaborazioni con aziende israeliane, per via della guerra nella Striscia di Gaza: nella fotografia, una protesta che invitava al boicottaggio di fronte a un supermercato Carrefour di Torino, il 21 dicembre 2024 (Matteo Secci/ LaPresse)
In teoria il modello dell’affiliazione permette di aumentare i margini di ricavo senza dover fare nuovi investimenti, ma se i singoli punti vendita in franchising funzionano male può essere un rischio: permette di tagliare i costi ma non favorisce una crescita degli utili. Come spiega un’analisi del sito specializzato Retail Watch, i piccoli supermercati affiliati che hanno difficoltà a generare profitti cambiano spesso l’azienda più grande con cui hanno un rapporto in franchising puntando a sopravvivere grazie a nuovi contratti, che di solito prevedono un certo sostegno economico iniziale. Per le società che concedono l’uso del proprio marchio questo comporta pochi ricavi e probabili perdite.
I supermercati in franchising che funzionano meglio invece cambiano raramente l’azienda con cui sono in rapporto, perché di solito sono favoriti dalle sue politiche aziendali, ad esempio sui prezzi. Quindi da un lato Carrefour ha trasformato molti supermercati che già erano in difficoltà in punti vendita in franchising, non risolvendo però i loro problemi, e dall’altro non aveva modo di prendersi i negozi che funzionavano meglio dalla concorrenza, perché non aveva condizioni migliori da garantire. Nel contesto italiano il suo più grosso problema è sempre stato quello relativo ai prezzi, spesso più alti della concorrenza.
Un altro svantaggio del modello del franchising è che riduce il controllo dell’azienda madre sulle attività dei suoi punti vendita.
Secondo un’analisi periodica di Mediobanca, tra il 2016 e il 2020 Carrefour Italia era stata la catena di supermercati con le perdite maggiori nel paese: 604 milioni di euro contro i 460 di Coop, l’altra azienda andata in perdita. Nello stesso periodo la seconda azienda con utili maggiori era stata Eurospin Italia, una catena di discount, che poi più di recente è arrivata al primo posto nella classifica. Dal 2019 al 2023 poi la quota delle vendite riconducibile a Carrefour è scesa dal 5,8 per cento al 3,7 per cento. L’inefficacia del modello franchising è stata confermata tra le altre cose quando l’anno scorso Apulia Distribuzione, una società pugliese che gestiva i propri supermercati con il marchio Carrefour, ha deciso di sciogliere il rapporto di affiliazione e creare un proprio marchio.
Nel 2025 Carrefour ha poi dovuto affrontare le conseguenze delle indagini sullo sfruttamento dei lavoratori nel settore della logistica. Secondo gli atti giudiziari letti da MilanoToday, Carrefour ha dovuto assumere circa 3mila persone che in precedenza lavoravano per il gruppo come dipendenti di cooperative o altre società. Inoltre ha subìto il sequestro di più di 60 milioni di euro di crediti fiscali e ha dovuto pagare 12 milioni di euro all’INPS.
Carrefour Italia sarà comprato dal gruppo NewPrinces per più di un miliardo di euro. Il gruppo è nato dalla fusione tra l’italiana Newlat Food e la britannica Princes, e ha fatto sapere che il marchio Carrefour verrà mantenuto per tre anni. Poi verrà ripristinato GS, che in passato era il marchio di una società con molti supermercati in Italia, venduta a Carrefour nel 2000.



