C’è un nuovo fronte nella guerra civile in Sudan
I combattimenti si stanno concentrando nel Kordofan, a metà tra l'area controllata dall'esercito e quella delle Rapid Support Forces

Negli ultimi due mesi i combattimenti della guerra civile in Sudan si sono concentrati soprattutto nella regione del Kordofan: si trova a metà tra l’area controllata dall’esercito, a est, e quella controllata dal gruppo paramilitare Rapid Support Forces, a ovest, e per entrambi sarebbe importante conquistarla. Da oltre due anni i due gruppi combattono una sanguinosa guerra civile in cui sono state uccise più di 150mila persone, e che ha causato 12 milioni di sfollati (si tratta di stime approssimative, perché molte aree del paese sono quasi inaccessibili da anni).
Il Kordofan è una regione del Sudan centrosettentrionale, comprende 3 dei 18 stati che formano il paese e ci abitano tra i 6 e gli 8 milioni di persone (per via dei moltissimi sfollati è difficile sapere con precisione quante persone abitino nei singoli stati). È importante per l’esercito perché confina con il Darfur, la grossa regione controllata quasi interamente dalle Rapid Support Forces, e dove da mesi il gruppo paramilitare dice di voler formare un governo parallelo (cosa che per ora non ha fatto nonostante un accordo con altre milizie alleate firmato a febbraio). Allo stesso modo, è importante per le Rapid Support Forces perché a est del Kordofan ci sono le aree che sono state riconquistate dall’esercito negli ultimi mesi, inclusa la capitale Khartum, e conquistarlo permetterebbe loro di riavvicinarsi a quella parte di territorio.

Soldati dell’esercito in un’area appena riconquistata a sud di Khartum, 27 marzo 2025 (AP Photo)
Ci sono altre due ragioni per le quali i combattimenti si stanno spostando in Kordofan. La prima è che è una regione ricca di petrolio: al momento la maggior parte degli impianti è controllata dall’esercito, ma di recente le Rapid Support Forces hanno minacciato di attaccarli se fossero proseguiti i bombardamenti dell’esercito. Inoltre secondo gli analisti il gruppo paramilitare si starebbe preparando ad assaltare El Obeid, la capitale del Kordofan settentrionale, dove ci sono una grossa raffineria e un’importante base militare.
La seconda ragione è che una parte considerevole dei combattenti delle Rapid Support Forces arriva da un gruppo etnico originario del Kordofan occidentale, per cui queste aree hanno un valore simbolico e anche pratico per il gruppo, nel senso che sono una fonte di reclute e che dal punto di vista della propaganda qui i paramilitari possono presentarsi come difensori delle comunità locali.
I combattimenti nei tre stati che compongono la regione del Kordofan si sono intensificati da inizio giugno, un paio di mesi dopo l’offensiva che ha portato l’esercito a riconquistare la capitale e che ha scacciato i miliziani verso ovest (soprattutto verso il Darfur, che come detto ora è una regione ampiamente controllata da loro). Negli ultimi due mesi sono stati uccisi anche molti civili, in attacchi compiuti sia dall’esercito sia dalle Rapid Support Forces, accusati entrambi di gravi violazioni dei diritti umani.
L’ultimo massacro è avvenuto due settimane fa nel Kordofan settentrionale, a Shag Alnom e in altri paesi vicini. Secondo le organizzazioni per i diritti umani sono stati uccisi più di 400 civili, molti dei quali bruciati in roghi appiccati intenzionalmente dai miliziani delle Rapid Support Forces, o fucilati. Ad aggravare la situazione umanitaria ci sono anche le condizioni climatiche: il paese è nel pieno della stagione delle piogge, che durerà fino a ottobre. Questo aumenta il rischio di inondazioni, e spesso intere aree diventano inaccessibili per le organizzazioni umanitarie che tentano di consegnare aiuti alla popolazione.
Oltre a quello in Kordofan resta aperto il fronte di Al Fashir, la capitale del Darfur settentrionale: è una città controllata dall’esercito nel territorio delle Rapid Support Forces, ed è assediata da più di un anno. Di recente un attacco del gruppo paramilitare ha costretto a scappare, perlopiù a piedi, centinaia di migliaia di persone che vivevano in un grosso campo per sfollati nella zona.
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