Perché gli articoli del Post non sono firmati
Un po' di spiegazioni a una domanda che ci viene fatta occasionalmente da quindici anni

Chi legge il Post solo occasionalmente o chi ci arriva per la prima volta è talvolta incuriosito – pure contrariato, in casi più rari – dal fatto che la maggior parte degli articoli non sia firmata. È così da quando esiste il Post, cioè da oltre quindici anni, ed è così perché su questa scelta il Post ha costruito un pezzo della sua identità: nella maggior parte dei casi, non è importante chi ha scritto un articolo del Post. Lo hanno scritto le persone del Post, che lavorano condividendo gli stessi criteri e gli stessi obiettivi di qualità e chiarezza, e mettendo quei criteri e obiettivi davanti a qualsiasi stile o scelta personale. Quello che importa, insomma, è che il Post l’abbia pubblicato.
L’anonimato degli articoli è tipico anche di un’altra testata ben più famosa del Post, l’Economist, che per spiegarlo espresse una ragione che facciamo nostra da quindici anni: «la convinzione che quello che viene scritto sia più importante di chi lo scrive». L’ex direttore della rivista Geoffrey Crowther diceva che non firmare gli articoli serviva ad assicurarsi che il giornalista fosse «non il padrone ma il servitore di una cosa molto più importante di lui», cosa che «dà al giornale una straordinaria forza di pensiero e principi».
Ci sono anche altre ragioni. Una è che gli articoli del Post spesso nascono da discussioni e ragionamenti che coinvolgono più persone, e capita che lavorino più persone anche alla loro realizzazione. Un’altra molto importante è che lo stile e la scrittura del Post privilegiano le informazioni, i fatti e i dati sulle considerazioni, sulle creatività stilistiche e letterarie, sulle valutazioni personali e sugli estetismi di scrittura (per i quali abbiamo grande ammirazione, quando espressi con capacità e originalità); di conseguenza non c’è necessità di identificazione di uno stile peculiare di un autore o del creatore di particolari invenzioni espositive. Lo stile degli articoli pubblicati sul Post è lo stile del Post.
E non è secondario che l’anonimato dei giornalisti aiuti a mantenere i lettori più concentrati sul contenuto degli articoli rispetto all’identità di chi li ha scritti, sempre ricordando che le persone che fanno il Post e condividono le sue cose sono note e identificabili. Con quello a cui siamo abituati – da autori o commentatori di altri autori: ormai siamo tutti entrambe le cose – poter evitare che il fertile terreno delle discussioni venga dirottato da accuse personali e pregiudizi fuorvianti (favorevoli o sfavorevoli che siano) è un grande privilegio, se anche a voi interessano le cose più di chi le dice.
Ci sono delle eccezioni, dicevamo. Un articolo del Post è solitamente firmato quando l’autore ha fatto un lavoro di reporting che ha previsto un particolare lavoro di indagini, trasferte, visite sui luoghi dei fatti raccontati. O quando comprenda e citi delle fonti la cui fiducia nei confronti di chi le ha intervistate possa risultare indebolita dall’assenza di una firma sull’articolo. Talvolta anche nei rari casi di collaborazioni fisse col Post da parte di persone esterne alla redazione. Ci sono poi tutta una serie di articoli che per l’originalità dello spunto o dell’esecuzione sono firmati semplicemente perché l’autore o l’autrice lo desiderava particolarmente.
E poi ci sono gli articoli pubblicati nella sezione Storie/Idee, che invece sono scritti da persone esterne alla redazione e raccontano per l’appunto storie o idee più personali, con scelte, stili e criteri più personali: sono sempre firmati, perché l’identità dell’autore o dell’autrice è un’informazione importante per una lettura più consapevole.


