I soldi per i nuovi tram ci sono, quelli per assumere chi li guiderà ancora no
È un problema di diversi comuni in cui ci sono cantieri di nuove linee finanziati col PNRR

Molti assessori alla Mobilità di grandi città italiane hanno un problema: si stanno spendendo oltre 5 miliardi di euro per costruire nuove tramvie – tra l’altro con una certa fretta – eppure dal prossimo anno rischiano di non esserci poche decine di milioni di euro per farle funzionare, e per assumere i tranvieri che le guideranno. Finora i comuni e le aziende che gestiscono il trasporto pubblico si sono preoccupati soprattutto di approvare i progetti e aprire i cantieri, ma con le scadenze che si avvicinano hanno iniziato a fare i conti – letteralmente – con i soldi stanziati ogni anno dallo Stato, che non bastano più.
Lo scarto tra la grande disponibilità di soldi per costruire nuove opere e la mancanza di soldi per mandarle avanti dipende dalla differenza tra due capitoli molto importanti dei bilanci, ovvero gli investimenti e la spesa corrente, quest’ultima essenziale per far quadrare i conti sul lungo periodo.
Il PNRR, il piano nazionale di ripresa e resilienza finanziato coi fondi europei, ha messo a disposizione quasi 200 miliardi di euro per investimenti in opere che dal 2026 dovranno essere sostenuti dalla spesa corrente. Questo principio vale per i tram e in generale per il trasporto pubblico, ma anche per gli ospedali e gli asili nido. La spesa corrente serve in particolare per pagare il personale: in particolare nuovi tranvieri, medici, insegnanti.
Detto in parole ancora più semplici: con i soldi del PNRR vengono costruite le tramvie, mentre i soldi della spesa corrente servono per farle funzionare. I primi ci sono e li ha messi l’Unione Europea, i secondi invece devono metterli ogni anno i comuni, sostenuti dallo Stato. In totale negli ultimi anni sono stati investiti 5,4 miliardi di euro per costruire nuove tramvie. La maggior parte è stata presa dal PNRR, un’altra parte da altri finanziamenti statali o europei legati allo sviluppo della mobilità.
Quando vennero pubblicati i bandi del PNRR, molte città ne approfittarono subito partecipando con progetti che erano fermi da anni proprio per mancanza di soldi. Dal 2022 sono stati aperti cantieri a Roma, Milano, Bologna, Palermo, Padova, Firenze, Bergamo, Napoli, Cagliari, altri progetti sono in fase avanzata a Sassari, Trieste e Brescia. I tram sono considerati un investimento lungimirante perché sono più efficienti rispetto agli autobus e a parità di investimento permettono di trasportare molti più passeggeri.
In molte città sono state semplicemente ripristinate le tramvie smantellate negli anni Sessanta o Settanta con la diffusione dell’automobile, in altre sono state progettate linee completamente nuove per integrare e migliorare la rete esistente. Quasi tutte apriranno entro la fine del 2026, come prevedono le scadenze del PNRR.
Uno dei progetti più ambiziosi e attesi riguarda Padova, dove sono in corso i cantieri di due nuove linee del tram che completeranno la linea chiamata SIR1, già attiva dal 2007. La SIR2 taglia la città da ovest a est: è lunga 17,5 chilometri e avrà 36 fermate. La SIR3 invece è più breve, 5,4 chilometri, e collegherà la stazione ferroviaria al rione Voltabarozzo, nella zona sudest della città. Una volta completato, il sistema tramviario sarà lungo 35 chilometri con 69 fermate. Per realizzarlo sono stati investiti circa 500 milioni di euro, per due terzi provenienti dal PNRR.
Ogni anno Padova, come tutte le altre città italiane, riceve soldi dallo Stato attraverso il fondo nazionale dei trasporti, pensato per assicurare livelli minimi di servizio pubblico su tutto il territorio nazionale.
Il fondo nazionale dei trasporti è indispensabile perché le aziende che gestiscono il trasporto pubblico locale non si sostengono solo con gli incassi dei biglietti o degli abbonamenti: servono soldi per assumere e pagare il personale, per pagare il carburante e gli interventi di manutenzione, e soprattutto per raggiungere le zone meno popolate. Per il 2025 il fondo nazionale dei trasporti ammonta a 5,3 miliardi di euro, ritoccato di soli 120 milioni rispetto al 2024, un aumento giudicato insufficiente dalle aziende e dai comuni.
Andrea Ragona, assessore alla Mobilità di Padova, dice che il suo comune dovrebbe incassare circa 4 milioni in più, a malapena sufficienti per coprire l’aumento dei costi degli ultimi anni. Per ora il piano del comune prevede di ripensare la rete del trasporto pubblico per eliminare tutte le sovrapposizioni tra autobus e nuovi tram: dismettendo alcune corse degli autobus si possono recuperare risorse utili. Comunque non basterà. «Non avendo soldi a sufficienza, non abbiamo molte altre alternative», dice Ragona. «Ci dispiace, perché con quei soldi avremmo potuto potenziare il servizio di sera, nei festivi e sulle linee meno servite».

Un cantiere su una linea del tram a Milano (Emanuele Cremaschi/Getty Images)
Dal dicembre scorso, quando il governo ha discusso e poi approvato la legge di bilancio, tutte le associazioni che rappresentano le aziende di trasporto pubblico hanno chiesto di aumentare il fondo nazionale dei trasporti, soprattutto in vista dell’apertura di nuove linee di tram e bus finanziate con il PNRR.
Secondo Agens, l’associazione legata a Confindustria, mancano almeno 800 milioni di euro per far fronte ai maggiori costi. Le lamentele sono dovute al fatto che per sua natura il settore del trasporto pubblico non è regolato dal mercato: lo Stato, le regioni e i comuni fissano una serie di obblighi che le aziende devono rispettare, come l’estensione delle linee e la frequenza delle corse. «Purtroppo il fondo nazionale dei trasporti ha un’atavica carenza di fondi, da anni», dice Antonino Genovese, responsabile del centro studi di Agens. «Da anni chiediamo di rivedere l’impostazione generale del fondo, sia per quanto riguarda i finanziamenti annuali, sia per le condizioni imposte alle aziende che avrebbero bisogno di più libertà nella definizione di corse e frequenze».
L’aumento dei costi non seguito da un analogo aumento del fondo ha reso il trasporto pubblico locale meno sostenibile e ha costretto molte città e soprattutto province a eliminare corse su molte linee, in particolare quelle meno frequentate, che collegano i piccoli paesi. Alla lunga la riduzione delle corse ha conseguenze anche sui bilanci, perché rende meno attrattivo il trasporto pubblico rispetto al mezzo privato.
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A Bergamo si stanno posando i binari della nuova tramvia T2 che collegherà il centro della città a Villa d’Almè, verso la Val Brembana, attraverso cinque comuni. In totale il percorso sarà di 11,5 chilometri e completerà la prima linea T1 aperta nel 2009 che porta in Val Seriana. In totale per la T2 sono stati investiti 225 milioni di euro, anche in questo caso per la maggior parte provenienti dal PNRR, e anche qui come a Padova ne mancano circa 4 all’anno per farla funzionare una volta inaugurata.
Di questi 4 milioni, circa 2 saranno impiegati per pagare i tranvieri impegnati sulle 150 corse al giorno della nuova linea. TEB, la società che gestisce le tramvie di Bergamo, passerà da 48 a 80 dipendenti.«Prima di pagarli però dobbiamo trovarli», dice Gianni Scarfone, amministratore delegato di TEB. Oltre alla mancanza di fondi, infatti, c’è un altro problema: dopo il pensionamento di molte persone assunte alla fine degli anni Ottanta, ora le aziende faticano a trovare nuovi autisti e tranvieri.
Molte aziende, compresa TEB, hanno aperto candidature per assumere in anticipo persone senza patente, pagate per frequentare corsi, ottenere le abilitazioni e al termine di questo percorso entrare in servizio sui mezzi. A Bergamo l’hanno chiamata Bus Academy. Lo stesso stanno facendo altre aziende.
Anche Bologna, dove sono in corso imponenti lavori per costruire le nuove linee del tram, sta affrontando il problema della mancanza di autisti. Secondo le stime della CGIL ne manca almeno un centinaio, una carenza che aumenterà quando entreranno in funzione le nuove linee. I sindacati dicono che sempre meno persone partecipano ai bandi perché l’autista o il tranviere non sono più mestieri ambìti a causa di molti turni serali e straordinari ricorrenti.
In grandi città come Bologna, Milano, Roma e Firenze è ancora più difficile trovare autisti perché lo stipendio basato sul contratto nazionale è troppo basso se rapportato al costo delle case e in generale della vita. L’azienda TPER (Trasporto Passeggeri Emilia-Romagna) è arrivata a mettere a disposizione a persone neo assunte 20 piccoli appartamenti a prezzi calmierati, come soluzione temporanea nel primo anno di contratto.
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