Gli Stati Uniti lasceranno l’UNESCO, di nuovo
Lo avevano già fatto nel 1984 e nel 2017, ma poi erano rientrati: accusano l'agenzia di avere «un'agenda politica globalista», tra le altre cose

Gli Stati Uniti hanno annunciato che lasceranno l’UNESCO, cioè l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di promuovere la cooperazione tra gli stati nell’ambito dell’istruzione, della scienza, della cultura, e della comunicazione. Lo ha comunicato oggi il dipartimento di Stato, cioè il ministero degli Esteri degli Stati Uniti.
Il dipartimento di Stato ha motivato la decisione spiegando che considera la permanenza degli Stati Uniti nell’UNESCO contraria al loro interesse nazionale, dal momento che l’agenzia promuove cause sociali e culturali contrarie alle posizioni dell’amministrazione di Donald Trump. Fra queste c’è quella che viene definita «un’agenda globalista per lo sviluppo internazionale» contraria all’approccio di Trump alla politica estera, tendenzialmente improntato sulla cosiddetta linea “America First”. Con l’espressione «agenda globalista» l’amministrazione statunitense e molti movimenti e partiti di destra intendono i presunti tentativi di aumentare i poteri delle organizzazioni internazionali rispetto ai governi dei singoli paesi.
Da quando è diventato presidente, Trump ha avuto un approccio più isolazionista rispetto ai suoi predecessori: una delle sue prime decisioni è stata quella di fare uscire gli Stati Uniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Ha anche interrotto quasi tutti i programmi di USAID, l’agenzia federale che per decenni ha fornito aiuti umanitari e assistenza per lo sviluppo a diversi paesi del mondo.
Il dipartimento di Stato ha anche detto di trovare problematica la decisione dell’UNESCO di ammettere la Palestina come stato membro dell’agenzia, nel 2011. Secondo il dipartimento di Stato avrebbe contribuito alla diffusione della retorica anti-israeliana all’interno dell’organizzazione. Negli ultimi mesi, Trump ha rivolto accuse molto simili anche a diverse importanti università statunitensi, sostenendo che siano antisemite.
L’impatto della decisione degli Stati Uniti sull’UNESCO sarà principalmente economico: sono il suo principale finanziatore, con quasi 157 milioni di dollari. Il secondo finanziatore (che diventerà il primo, quando si ritireranno gli Stati Uniti) è la Cina, con 132 milioni di dollari. Negli ultimi anni la percentuale dei fondi dell’UNESCO fornita dagli Stati Uniti era già molto diminuita: fino al 2017 era circa il 20 per cento, ora è l’8.
In quell’anno gli Stati Uniti avevano lasciato l’UNESCO per la seconda volta, per volere sempre di Donald Trump, al tempo al suo primo mandato. La decisione, motivata da quello che il governo di allora definì un pregiudizio anti-israeliano dell’UNESCO, fu annullata dal presidente Joe Biden nel 2023. La prima volta in cui il paese lasciò l’organizzazione fu nel 1984, durante la presidenza di Ronald Reagan: rientrò nel 2003, quando era presidente George W. Bush. Entrambi erano del Partito Repubblicano, come Trump.
La direttrice dell’UNESCO, Audrey Azoulay, ha detto che per quanto sia una scelta deprecabile, la decisione degli Stati Uniti era attesa e che quindi secondo lei l’organizzazione è preparata per le sue conseguenze, dato che è meno dipendente dai finanziamenti degli Stati Uniti rispetto al passato. La decisione dovrebbe diventare effettiva il 31 dicembre del 2026: fino a quel momento gli Stati Uniti continueranno a essere membri dell’organizzazione.



