La fazione drusa che non vuole il cessate il fuoco nel sud della Siria
Il suo leader spirituale, Hikmat al Hijri, sta sfruttando gli scontri con i clan beduini e le milizie governative per sovvertire le gerarchie
di Daniele Raineri, foto di Gabriele Micalizzi

Nella notte tra giovedì e venerdì i clan beduini nel sud della Siria hanno ripreso l’attacco contro i drusi nella regione drusa di Suwayda, dopo una settimana di violenze, scontri e tre cessate il fuoco che erano stati accettati da entrambe le parti e però sono durati poco. A rompere i cessate il fuoco è stata una fazione drusa che fa capo al leader spirituale Hikmat al Hijri: la sua decisione ha portato al proseguimento dei combattimenti.
Secondo fonti locali ci sono già 600 morti, distribuiti fra clan beduini, milizie druse e forze di sicurezza del governo di Damasco, che sono intervenute per interrompere gli scontri e in un primo momento erano state accolte dai drusi con un messaggio ufficiale di riconoscenza. Ora i drusi considerano quelle milizie, formate anche da combattenti di religione islamica che hanno idee estremiste, come alleate dei beduini.
Le milizie invece accusano i drusi di essere fulul, rimasugli del regime dittatoriale di Bashar al Assad che non si rassegnano alla sconfitta di dicembre, quando il regime era stato rovesciato dal gruppo Hayat Tahrir al Sham, oggi al potere. Ci sono morti fra i civili e accuse reciproche di esecuzioni a sangue freddo e torture.

Milizie del governo siriano, che includono combattenti jihadisti, a Izraa, nella regione di Suwayda, 16 luglio (Gabriele Micalizzi, CESURA, per il Post)
L’accesso dei giornalisti stranieri alla regione di Suwayda è stato vietato dal ministero dell’Informazione siriano con la formula «è per la vostra sicurezza».
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Quelli in corso sono scontri localizzati tra milizie che contano al massimo poche migliaia di uomini e che erano cominciati per motivi futili. Tra drusi e beduini c’è un’ostilità che dura da decenni e che nel tempo ha preso la forma e il ritmo di una faida: a volte i beduini rapiscono, rapinano o uccidono un druso, i drusi rispondono nello stesso modo e si va avanti così. Questa volta però la crisi si è ingrossata. Quando il governo siriano del presidente Ahmad al Sharaa ha mandato le sue milizie nella regione di Suwayda, Israele ha deciso di cominciare una serie di bombardamenti aerei a favore dei drusi a Suwayda e anche sulla capitale Damasco. L’esercito israeliano occupa una striscia di territorio nel sud siriano.

Il ministero della Difesa siriano bombardato il 16 luglio da Israele, Damasco, 17 luglio (Gabriele Micalizzi, CESURA, per il Post)
Sono i combattimenti più violenti da quando a dicembre le milizie islamiste avevano cacciato il dittatore Bashar al Assad, ma per adesso non è la crisi più letale. A marzo le milizie del governo avevano ucciso circa 1.500 persone della minoranza religiosa alawita in quattro giorni, dopo che alcuni ex soldati di Assad avevano tentato una sollevazione armata nella regione di Latakia che affaccia sul mare. A maggio c’erano stati attacchi delle milizie islamiche nei quartieri drusi della capitale Damasco ed erano state uccise quaranta persone.
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La comunità drusa è spartita in tre zone territoriali ciascuna sotto la guida di un leader spirituale. Le grandi decisioni richiedono l’unanimità dei tre. Hikmat al Hijri è uno di questi tre leader, assieme a Youssef Jarbou e a Hammoud al Hannawi. Questi ultimi due hanno posizioni molto più concilianti e hanno accettato i cessate il fuoco. Al Hijri invece sostiene che i combattenti drusi non debbano accettare tregue in questa piccola guerra contro i beduini e contro il governo. Ha fatto un appello a governi internazionali, come Israele e Arabia Saudita, affinché intervengano a favore dei drusi e li salvino dalla rappresaglia delle milizie beduine e governative.
Il nipote del leader druso Youssef Jarbou, Mohammed, dice al Post che al Hijri ha questa posizione molto dura perché spera di sovvertire la gerarchia nella regione drusa. Al Hijri non controlla il territorio più grande e vorrebbe allargare il suo potere anche alla città di Suwayda, capoluogo della regione, che adesso è di pertinenza di Jarbou. Da leader minore vorrebbe diventare il leader più importante. La guerra in questo caso sarebbe anche un’occasione per scardinare il sistema attuale e per un regolamento di conti tra drusi.
Mohammed Jarbou, il nipote, accusa al Hijri di voler controllare i traffici lucrosi che derivano dal fatto che la regione drusa è al confine, dove passano beni anche di contrabbando. Non c’è modo di verificare queste affermazioni, ma se non altro rendono l’idea del clima che c’è all’interno della comunità drusa sotto attacco e potrebbero spiegare perché i cessate il fuoco durano così poco.
Raccontare questi giorni di violenze soltanto come un affare druso sarebbe un errore. Tutte le fazioni hanno il loro interesse in questi scontri. Le milizie del governo vogliono controllare la regione drusa. I beduini vogliono vendicarsi con ferocia sui drusi. Israele vuole creare una zona cuscinetto al confine con la Siria a furia di raid aerei, dove soltanto milizie molto amichevoli possano imbracciare le armi – come i drusi di al Hijri e non come i combattenti mandati dal governo.



