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  • Mercoledì 16 luglio 2025

La Sicilia ha messo 20 milioni di euro per spedire i rifiuti all’estero, ma non bastano

Coprono solo sei mesi e non risolvono i problemi legati alla mancanza di impianti e discariche

La discarica di Lentini
La discarica di Lentini (Regione Siciliana)
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La giunta regionale della Sicilia ha stanziato 20 milioni di euro per aiutare circa 200 comuni costretti a spedire i rifiuti all’estero per via dei guai giudiziari della discarica di Lentini, ormai colma. Nel settembre del 2023 la regione aveva messo sempre 20 milioni di euro, ma per coprire le spese di sei mesi, mentre nell’estate del 2024 erano stati stanziati 50 milioni di euro. Nei prossimi mesi serviranno quindi altri soldi – almeno altrettanti 20 milioni – per evitare che i comuni aumentino in modo significativo la tassa rifiuti.

La regione deve destinare ogni anno decine di milioni di euro allo smaltimento dei rifiuti, soprattutto perché in Sicilia non ci sono abbastanza impianti e discariche per trattarli e smaltirli: in tutta l’isola non ci sono inceneritori e le discariche sono meno di quante ne servirebbero. Negli ultimi cinque anni la situazione si è aggravata a causa della chiusura temporanea di alcune discariche – perlopiù a causa di inchieste o problemi di gestione – che ha costretto i comuni a cercare alternative per lo smaltimento in altre regioni italiane o all’estero.

Il caso più emblematico riguarda appunto la discarica di Lentini, in provincia di Siracusa, dove arrivano i camion provenienti da circa 200 comuni della parte orientale della regione. Sicula Trasporti, la società che gestisce la discarica, è stata messa in amministrazione giudiziaria nel 2020 in seguito all’inchiesta della procura di Catania che ha portato all’arresto del proprietario, Antonino Leonardi, insieme ad altre otto persone. Nel luglio del 2024 gli imputati sono stati condannati dal tribunale di Catania per associazione per delinquere, reati ambientali, frode e corruzione.

L’inchiesta e il processo hanno avuto pesanti conseguenze sulla gestione della discarica. Nel giugno dello scorso anno, a causa di un provvedimento del tribunale di Catania, gli amministratori giudiziari sono stati costretti a chiudere l’impianto di trattamento meccanico biologico (TMB), che separa la cosiddetta frazione umida dei rifiuti (i rifiuti organici) da quella secca (metalli, carta, plastiche e vetro). La chiusura ha causato moltissimi problemi ai comuni, costretti a non ritirare i sacchi lasciati in strada. L’impianto è stato poi riaperto dopo una decina di giorni in seguito a un intervento della regione. Lo stesso è successo lo scorso febbraio, quando la discarica è rimasta chiusa per due giorni.

A causa di queste interruzioni e in generale dei problemi dovuti a questa gestione incerta, ora i rifiuti vengono trattati più lentamente rispetto al passato mentre la discarica si riempie più velocemente.

È diventato molto complicato trattare nuovi rifiuti, che però devono essere smaltiti in qualche modo: la soluzione più veloce e pratica trovata negli ultimi cinque anni è stata spedirli all’estero, principalmente via nave. La maggior parte dei rifiuti prodotti tra le province di Catania, Messina, Siracusa e Ragusa – le province dei circa 200 comuni aiutati dalla regione – viene mandata in Danimarca, mentre una quota minore finisce in Olanda, Finlandia e Spagna. I contratti firmati con le aziende danesi prevedono di spedirli almeno fino al 2026, con la possibilità di proroghe.

Spedire i rifiuti all’estero ha però fatto alzare molto i costi dello smaltimento sostenuti dai comuni, che negli ultimi anni hanno già dovuto alzare la tassa dei rifiuti pagata dagli abitanti. Prima dell’inizio dei problemi, smaltire una tonnellata di rifiuti nella discarica di Lentini costava circa 200 euro, ora il prezzo è salito fino a poco più di 300 euro alla tonnellata a causa del trasporto via nave verso altri paesi. Se si aggiungono i costi dell’incenerimento in Danimarca si arriva a circa 380 euro ogni tonnellata. II trasporto e lo smaltimento in altre discariche siciliane costerebbe circa 250 euro, ma nessuna al momento può accogliere una così grande quantità ulteriore di rifiuti. I comuni della provincia di Palermo, che mandano i rifiuti alla discarica di Bellolampo, pagano circa 180 euro ogni tonnellata.

I fondi della regione vengono assegnati sulla base dei dati ricavati dall’osservatorio rifiuti regionale, creato dalla regione per fare controlli e capire con più precisione quanti rifiuti vengono prodotti in ogni comune. Finora sono stati assegnati ai comuni 120 euro per ogni tonnellata prodotta, una quota fissa che copre i cosiddetti extra costi, cioè i costi per la spedizione all’estero. A questo contributo si aggiunge un secondo fondo distribuito in base alla percentuale di raccolta differenziata: chi differenzia meno del 30 per cento dei rifiuti non ha nulla, chi differenzia dal 30 al 60 per cento ottiene il 10 per cento di soldi in più, chi supera il 60 per cento di differenziata ha il 20 per cento in più.

Lo scorso novembre la giunta regionale approvò un nuovo piano per la costruzione dei primi due termovalorizzatori siciliani, uno a Catania e uno a Palermo. Si prevede che saranno operativi nel 2028 e costeranno in tutto 800 milioni di euro. Avranno una capacità complessiva di 600 mila tonnellate all’anno, in grado di produrre energia per 50 megawatt. Secondo le opposizioni e le associazioni ambientaliste, che hanno già presentato diversi ricorsi, i termovalorizzatori servirebbero solo a gestire i rifiuti indifferenziati e non contribuirebbero a migliorare la raccolta differenziata. La Sicilia, dove viene differenziato il 55,2 per cento dei rifiuti, è la seconda regione peggiore in Italia dopo la Calabria.