Israele ha bombardato Damasco, in Siria
Dopo tre giorni di attacchi nel sud del paese, sono stati colpiti il ministero della Difesa e un edificio vicino al palazzo presidenziale

Quando in Italia era il primo pomeriggio di mercoledì, Israele ha bombardato Damasco, la capitale della Siria: ha colpito il ministero della Difesa e almeno un edificio vicino al palazzo presidenziale. Gli attacchi sono cominciati dopo tre giorni di bombardamenti nel sud del paese, giustificati ufficialmente con la volontà di proteggere la comunità drusa, coinvolta in scontri violenti con gruppi jihadisti e forze di sicurezza siriane, e con cui il governo israeliano ha una relazione particolarmente stretta.
Il ministero della Salute siriano ha detto che negli attacchi su Damasco almeno tre persone sono state uccise e 34 sono state ferite: sono numeri ancora parziali e in aggiornamento. Gli attacchi sono stati confermati dall’esercito israeliano, che ha anche pubblicato un video dei bombardamenti. Israel Katz, ministro della Difesa di Israele, ha condiviso sui social media un video che mostra una presentatrice tv siriana che cerca riparo durante il bombardamento. Nel post ha scritto: «Cominciano i colpi pesanti».
Negli scorsi giorni l’esercito israeliano aveva bombardato le forze di sicurezza siriane nella città di Suwayda, nel sud della Siria, dove erano iniziati scontri tra la comunità drusa e quella beduina. «Stiamo agendo per salvare i nostri fratelli drusi», ha scritto in un comunicato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, una ong con sede nel Regno Unito che segue da anni quello che succede nel paese ed è ritenuta affidabile, finora negli scontri tra drusi e beduini nel sud della Siria sono state uccise 248 persone.
L’attacco di mercoledì contro Damasco è una grande accelerazione della crisi. Non è ancora chiaro se sia stato un avvertimento contro il governo del presidente ad interim Ahmed al Sharaa o se sia l’inizio di una campagna prolungata.
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Gli scontri nel sud erano cominciati la settimana scorsa e si sono rapidamente estesi. Mercoledì, alcune ore prima dell’attacco, il governo israeliano aveva minacciato quello siriano di ripercussioni se non si fosse ritirato da Suwayda. Due ore dopo l’attacco invece il leader religioso druso Yousef Jarbou ha annunciato un cessate il fuoco immediato negli scontri con le forze governative siriane a Suwayda. Secondo quanto riferito da fonti del governo siriano citate da Al Jazeera l’accordo prevederebbe la presenza di forze governative sul territorio e l’istituzione di checkpoint: non è chiaro se questa soluzione verrà accettata da Israele. E non tutti i gruppi drusi avrebbero aderito al cessate il fuoco.
Israele infatti vuole evitare che le forze del governo siriano si avvicinino troppo al proprio confine: considera tutto il sud della Siria come una zona demilitarizzata ed essenziale da controllare per ragioni di sicurezza. Il governo siriano è guidato dallo scorso dicembre da Ahmed al Sharaa, che ha preso il potere dopo la caduta del regime di Bashar al Assad. Al Sharaa era il comandante di un gruppo di miliziani islamisti, ma da quando è diventato presidente ad interim cerca di presentarsi come affidabile e tollerante; così ha ottenuto la rimozione della gran parte delle sanzioni statunitensi contro la Siria e una storica stretta di mano con il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.



