Il primo grande multiverso dei fumetti

Quarant'anni fa la DC Comics pubblicò “Crisi sulle Terre Infinite”: un'opera che anticipò le logiche di molti film di supereroi odierni

Crisi sulle Terre Infinite, 1985-1986 (DC Comics)
Crisi sulle Terre Infinite, 1985-1986 (DC Comics)
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Oggi la maggior parte dei film di supereroi è ambientata in un multiverso, cioè un insieme di universi alternativi che esistono in parallelo, ciascuno con le proprie leggi, eventi e personaggi. Questi mondi (per esempio uno è quello di Spider-Man, nell’universo Terra-616, e un altro è quello di Captain Carter, nell’universo Terra-838), seppur separati, possono entrare in contatto, permettendo incroci in cui supereroi di realtà diverse interagiscono, si scontrano o collaborano. Dal 2021, con l’uscita di Spider-Man: No Way Home e l’inizio della cosiddetta “fase 4”, questa struttura è diventata una caratteristica centrale del Marvel Cinematic Universe, l’universo narrativo dei film della Marvel, ma anche la concorrente DC Comics ha seguito una direzione simile, dal multiverso avviato da Zack Snyder (2013-2021) al nuovo corso inaugurato dal film Superman diretto da James Gunn.

In realtà il concetto di multiverso esiste da decenni nel mondo dei fumetti: era comparso nei fumetti DC a partire dagli anni Sessanta, con la coesistenza di versioni alternative degli stessi personaggi su Terre parallele. Ma fu Crisi sulle Terre Infinite, una delle serie più influenti di sempre per il genere supereroistico, a impiegarlo per la prima volta come base di una grande operazione narrativa e editoriale: una storia pensata per riordinare la continuità dell’universo DC attraverso l’unificazione dei suoi mondi, e per far interagire tutti i personaggi della casa editrice.

Scritta da Marv Wolfman, disegnata da George Pérez e pubblicata da DC Comics in 12 numeri tra il 1985 e il 1986, Crisi sulle Terre Infinite non è ricordata tanto per la sua forza narrativa, quanto per l’impatto che ebbe sul settore. Fu il primo grande crossover della storia, cioè una serie in cui personaggi provenienti da testate, mondi narrativi e linee temporali diverse si incontrano all’interno di una singola trama: il modello alla base di molti film di supereroi odierni.

L’altra particolarità che contraddistingue Crisi sulle Terre Infinite è che, in un certo senso, la DC Comics fu costretta a pubblicarla per esigenze editoriali.

Alcune vignette di Crisi sulle Terre Infinite, DC Comics, 1985

Negli anni Ottanta la continuità temporale delle storie della casa editrice era molto confusa, stratificata in decine di personaggi che a volte venivano duplicati in versioni diverse: c’erano due Flash (Jay Garrick e Barry Allen), due Lanterna Verde (Alan Scott e Hal Jordan), due Atomo (Al Pratt e Ray Palmer), e così via. In altri casi convivevano interpretazioni molto distanti dello stesso personaggio, con origini, caratteri e ambientazioni diverse.

Il motivo è che erano state introdotte delle nuove versioni tra gli anni Cinquanta e Sessanta, quando il mercato dei fumetti di supereroi stava vivendo un periodo di forte crisi. Per comprendere le ragioni che portarono a questo sovraffollamento di personaggi, bisogna considerare che, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, i primi supereroi creati tra gli anni Trenta e Quaranta, quelli della cosiddetta Golden Age, cominciarono a essere percepiti come antiquati. Salvo rare eccezioni come Wonder Woman, si trattava perlopiù di omoni muscolosi e determinati che combattevano gangster o nazisti a suon di pugni, senza grandi sfumature psicologiche.

Nel decennio successivo, con il calo di popolarità dei supereroi e l’affermazione di altri generi (gialli, horror, western, romantici), molte testate vennero chiuse. Ma sul finire del decennio, alcuni editori — in particolare la DC Comics — tentarono di rilanciare il genere, reinventando da capo. Nacque così la cosiddetta Silver Age.

Una vignetta di Flash dei due mondi, DC Comics, 1961

Rispetto ai predecessori, questi eroi avevano un profilo più razionale, scientifico e aggiornato ai tempi: non più vigilanti dal pugno facile, ma scienziati, piloti, professionisti alle prese con identità segrete, dilemmi morali e mondi fantastici, spesso ispirati alla fantascienza. I supereroi della Silver Age continuarono a evolversi nella cosiddetta Bronze Age (tra la fine degli anni Sessanta e i primi Ottanta), un periodo in cui le storie iniziarono a trattare temi più maturi e complessi.

Con la pubblicazione di queste nuove versioni, gli editor della DC Comics cominciarono a scervellarsi per trovare un posto in cui sistemare quelle vecchie. La storia Flash dei due mondi, pubblicata nel 1961, introdusse per la prima volta l’idea di universi distinti che comunicano tra loro: Barry Allen, il nuovo Flash, durante un esperimento si ritrova su una Terra parallela con Jay Garrick, il Flash degli anni Quaranta. L’idea era semplice ma efficace: le due versioni del personaggio vivevano su pianeti diversi e coesistenti, e questo espediente consentiva agli sceneggiatori di sviluppare due linee narrative differenti senza contraddirsi.

Da quel momento, Terra-2 venne identificata come la dimensione degli eroi della Golden Age, mentre Terra-1 ospitava i nuovi supereroi. Con il tempo furono introdotte molte altre “Terre” alternative: su Terra-3, per esempio, esisteva un mondo speculare in cui i supereroi erano malvagi, come Ultraman e Owlman, versioni corrotte di Superman e Batman.

Una vignetta di Ultraman (DC Comics)

Presto la situazione sfuggì di mano. Le Terre alternative si moltiplicarono, generando una rete di storie sempre più difficile da seguire anche per i lettori più esperti. Le incongruenze narrative si accumulavano, e la continuità temporale dell’universo DC era ormai diventata un labirinto. Nel saggio Supergods, il fumettista scozzese Grant Morrison — uno dei più importanti autori tuttora in attività — ha scritto che, in quegli anni confusi della DC Comics, «molti sceneggiatori usavano le Terre parallele non per creare un senso di meraviglia o possibilità, ma solo per giustificare banali colpi di scena in storie altrettanto banali».

Fu a quel punto che Wolfman propose di risolvere il caos con un’unica grande storia capace di mettere ordine: Crisi sulle Terre Infinite, per l’appunto. La trama è cervellotica, contraddittoria e interamente sacrificata alle esigenze di ordine che Wolfman aveva in mente. Semplificando molto, ruota attorno a una minaccia cosmica: l’Anti-Monitor, una creatura proveniente da un universo di antimateria, che inizia a distruggere una dopo l’altra tutte le Terre del multiverso.

Per contrastarlo, un misterioso essere chiamato Monitor riunisce i supereroi dei vari mondi alternativi. Comincia così un conflitto che coinvolge decine di personaggi e realtà parallele e culmina in una battaglia finale che porta all’unificazione delle Terre sopravvissute in un’unica linea temporale.

Un’illustrazione del fumettista statunitense Alex Ross, realizzata per una ristampa celebrativa di Crisi sulle Terre Infinite

In questo modo, la DC Comics ottenne ciò che si era prefissata fin dall’inizio: cancellare il multiverso e ripartire da un’unica Terra, con una nuova cronologia ordinata e coerente. Era un modo per semplificare decenni di contraddizioni, rilanciare i personaggi storici e renderli più accessibili a un pubblico nuovo.

Tra le conseguenze più immediate ci furono la riscrittura delle origini di molti personaggi e l’affermazione di una generazione di autori che, negli anni Novanta, diventò una delle più importanti del fumetto americano. Il rilancio di Batman fu affidato a Frank Miller, che negli anni precedenti si era fatto le ossa alla Marvel, dove aveva realizzato uno dei cicli più belli mai dedicati a Daredevil. Con Batman: Anno Uno (1987) Miller riscrisse le origini di Bruce Wayne in una chiave più noir, violenta e realistica, che ha ispirato quasi tutte le trasposizioni cinematografiche del personaggio. L’anno prima Miller aveva scritto Il ritorno del Cavaliere Oscuro, considerata da molti appassionati la miglior storia mai dedicata a Batman.

A John Byrne, un altro autore che si era formato nella Marvel scrivendo su testate come The Uncanny X-Men e I Fantastici Quattro, fu invece affidato il compito di elaborare un nuovo Superman. Lo fece con Man of Steel (1986), una miniserie che rese Superman meno onnipotente, più vicino agli esseri umani e maggiormente legato a Jonathan e Martha Kant, i suoi genitori terrestri.

Nei decenni successivi, il concetto di “crisi” tornò più volte nei fumetti DC, diventando una strategia per aggiornare e rilanciare il suo universo narrativo. Crisi infinita (2005), miniserie scritta da Geoff Johns, reintrodusse il multiverso — ora composto da 52 Terre — e mise in discussione la deriva più cupa e violenta che i supereroi avevano preso in quel decennio. Crisi finale (2008), scritta da Morrison, ribaltò il paradigma di Crisi sulle Terre Infinite: invece di un solo universo stabilì che potevano coesisterne di paralleli, ciascuno con la propria versione degli eroi.

La copertina del primo numero di Crisi sulle Terre Infinite

Anche la Marvel ha usato ampiamente il multiverso nei suoi fumetti, molto prima che diventasse un elemento ricorrente nei film. Già negli anni Settanta, le saghe cosmiche di Jim Starlin avevano anticipato alcuni aspetti di questo concetto. Nei decenni successivi il tema venne sviluppato in serie come What If…? — che ipotizzava versioni alternative delle storie più celebri — e poi in crossover come Age of Apocalypse (1995), House of M (2005) e Secret Wars (2015).

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