La Corte Suprema degli Stati Uniti ha permesso a Trump di iniziare a smantellare il dipartimento dell’Istruzione

Lunedì la Corte Suprema degli Stati Uniti ha stabilito che l’amministrazione del presidente Donald Trump potrà riprendere il proprio progetto di licenziamenti di massa all’interno del dipartimento dell’Istruzione. In precedenza il piano era stato bloccato da un tribunale di grado inferiore, contro cui l’amministrazione Trump aveva fatto ricorso. Meno di due ore dopo la decisione della Corte, il dipartimento ha informato molti dei 4mila dipendenti del loro prossimo licenziamento, inizialmente previsto per aprile e ora spostato al primo agosto.
Già nel 2016, durante la sua prima presidenza, Trump aveva detto di voler chiudere il dipartimento dell’Istruzione, ma non aveva avuto l’appoggio necessario dal Congresso. Alla fine di marzo aveva firmato un ordine esecutivo per chiudere il dipartimento e demandare completamente ai singoli stati la gestione del sistema scolastico (che è già gestito principalmente a livello locale, ma non del tutto). Trump e buona parte del Partito Repubblicano sono ostili al dipartimento dell’Istruzione perché contrari ai programmi educativi che promuove, come quelli contro le discriminazioni della comunità LGBTQ+.
Tre dei nove giudici della Corte Suprema, quelli che hanno posizioni progressiste, hanno firmato una dissenting opinion, cioè un documento in cui si dissociano dalla decisione presa a maggioranza e la criticano. In particolare i giudici progressisti hanno definito «indifendibile» la scelta dei colleghi di permettere a Trump di smantellare un’agenzia federale attraverso un ordine esecutivo invece che passando per un voto del Congresso a larga maggioranza, come sarebbe previsto. I giudici progressisti vedono una «grave minaccia alla separazione dei poteri prevista nella Costituzione».
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