L’accordo della famiglia Elkann col fisco italiano sull’eredità degli Agnelli
Riguarda un aspetto solo apparentemente laterale della loro lunga storia di ostilità familiari e cause giudiziarie

La famiglia Elkann ha trovato un accordo con il fisco italiano per un debito ipotizzato in un’inchiesta sull’eredità della famiglia Agnelli, da anni al centro di complicate vicende giudiziarie e personali che hanno di fatto diviso la famiglia. L’accordo, scrivono diversi giornali, prevede il versamento di 175 milioni di euro all’Agenzia delle Entrate ed è legato all’accusa di truffa ai danni dello Stato e di dichiarazione infedele in concorso a carico di cinque persone: John, Lapo e Ginevra Elkann, figli di Margherita Agnelli e del suo primo marito, lo scrittore Alain Elkann; il commercialista degli Agnelli; e il notaio che si occupò dell’eredità di Marella Caracciolo di Castagneto, che morì nel 2019 ed era la madre di Margherita e la moglie di Gianni Agnelli, uno degli industriali più noti della storia d’Italia e presidente del gruppo Fiat dal 1966 al 1996.
La famiglia Elkann ha fatto sapere in un comunicato che l’accordo serve a «chiudere rapidamente e definitivamente una vicenda dolorosa sul piano personale e familiare»: la vicenda giudiziaria intorno all’eredità è stata infatti innescata dalla madre Margherita, con cui i fratelli Elkann non hanno più rapporti. Gli Elkann sostengono che l’accordo non sia un’ammissione di colpa nell’inchiesta della procura di Torino, che resta ancora in corso e che è solo uno dei cinque procedimenti sull’eredità degli Agnelli. Per capire il significato dell’accordo con il fisco, però, bisogna capire perché Margherita Agnelli fece un esposto contro i figli, e cosa c’entra la residenza di Marella Caracciolo.
Prima di morire, Gianni Agnelli decise che il suo successore sarebbe stato il nipote John Elkann, figlio di Margherita, la quale invece avrebbe voluto favorire il suo secondo marito, Serge de Pahlen, da cui ha avuto cinque figli. L’intera famiglia però approvò la decisione del capostipite, e già nel 1997, quando aveva 21 anni, John Elkann possedeva quasi un quarto delle quote della società Dicembre, la parte più importante del patrimonio di famiglia, definita la “cassaforte” del gruppo.
È una holding, cioè una società che possiede altre società: attraverso un ramificato sistema azionario Dicembre controlla un’altra holding, la Exor, che a sua volta controlla il gruppo editoriale Gedi (che pubblica i quotidiani La Stampa e Repubblica, tra molti altri), la squadra di calcio della Juventus e Stellantis, la società nata dalla fusione di Fiat, Chrysler e Peugeot, di cui John Elkann è il presidente.

Foto del 1986: Gianni Agnelli e Marella Caracciolo al centro, con a destra la figlia Margherita che tiene in braccio Pietro (il secondogenito avuto dal secondo marito Serge de Pahlen). I bambini da sinistra: Ginevra Elkann e Anna Agnelli (figlia di Umberto, fratello di Gianni), Andrea Agnelli (figlio di Umberto), Lapo e John Elkann (LaPresse)
Nel 2004, dopo la morte del padre, Margherita Agnelli firmò un accordo con cui in cambio di 1,2 miliardi di euro rinunciava alle quote azionarie del padre e alla futura eredità della madre, Marella Caracciolo. In questo modo Margherita Agnelli rinunciò anche a qualsiasi diritto sulla Dicembre. Pochi mesi dopo la firma dell’accordo, John Elkann licenziò senza troppe spiegazioni Serge de Pahlen, marito di Margherita Agnelli, che aveva trascorso nel gruppo Fiat 26 anni come dirigente. Nel 2007 Margherita Agnelli avviò un’iniziativa legale per ottenere il rendiconto dei beni del padre, sospettando che il patrimonio di famiglia fosse più grande di quanto pensasse al momento dell’accordo, e che una parte le fosse stata nascosta.
Nel 2015 l’azione legale fu giudicata infondata dalla Corte di Cassazione, ma nel 2020 Margherita Agnelli avviò una nuova azione legale sostenendo che l’accordo del 2004 fosse nullo. Rivendicò quindi di avere diritto alla parte di eredità che le spettava come unica figlia, pari al 50 per cento dei beni. La questione non si è ancora risolta, e ha portato anche all’inchiesta legata all’accordo appena raggiunto dagli Elkann col fisco.

Margherita Agnelli nel 2008 (Giorgio Perottino/LaPresse)
In Italia non si può rinunciare alla successione futura, ma si può fare la rinuncia all’eredità una volta che muore il parente da cui si eredita. L’accordo del 2004 è stato sottoscritto sulla base del diritto della Svizzera, dove invece c’è questa possibilità, e prevedeva che Margherita versasse alla madre una sorta di “rendita vitalizia”. L’importo complessivo ceduto dal 2004 fino alla morte di Caracciolo nel 2019 sarebbe di 8 milioni di euro.
Questi versamenti però non compaiono nelle dichiarazioni dei redditi di Caracciolo per gli anni 2018 e 2019, e secondo la procura di Torino mancherebbero anche per il 2016 e il 2017: secondo l’accusa le dichiarazioni fiscali di quel periodo suggeriscono che Caracciolo abbia evaso il fisco italiano non pagando le tasse. Secondo la difesa, cioè gli Elkann, Caracciolo non era tenuta a pagare le tasse in Italia perché risultava formalmente residente in Svizzera. Secondo gli avvocati di Margherita Agnelli, però, almeno nel 2018 Caracciolo avrebbe passato molto più tempo in Italia che in Svizzera, e la residenza estera sarebbe quindi da considerarsi fittizia. E se la residenza era fittizia, l’accordo del 2004 non si sarebbe potuto fare secondo il diritto svizzero, perciò sarebbe da annullare.
Le leggi italiane prevedono che per essere considerati fiscalmente residenti in un paese estero è necessario passare in quel paese un periodo pari almeno alla metà dell’anno fiscale più un giorno, ossia almeno 183 giorni: secondo l’accusa Caracciolo non l’avrebbe fatto. Se un tribunale confermasse che Caracciolo era effettivamente residente in Italia, e non in Svizzera, potrebbe essere invalidato l’intero accordo del 2004. E se l’accordo non fosse più valido, bisognerebbe rivedere tutte le partecipazioni della famiglia in Exor e soprattutto in Stellantis. Tutta la questione della rendita di Caracciolo e dell’evasione del fisco, che sembra limitata rispetto al resto, in realtà è funzionale per arrivare a ridiscutere l’accordo del 2004 e la proprietà dell’intero patrimonio di famiglia.

Lapo e John Elkann nel 2005 (Roberto Monaldo / LaPresse)
Nell’inchiesta sono indagati i fratelli Elkann, Gianluca Ferrero, presidente della Juventus e commercialista degli Agnelli, e il notaio svizzero Urs Robert Von Grüningen. Sono accusati di truffa ai danni dello Stato e di “dichiarazione infedele” in concorso: significa che avrebbero contribuito a commettere il reato insieme. La dichiarazione infedele è un reato tributario punito con la reclusione da due anni a quattro anni e sei mesi.
L’accordo appena raggiunto con l’Agenzia delle Entrate serve a ripianare il debito fiscale che si sarebbe creato non pagando in Italia le tasse sulla rendita di Caracciolo. Un accordo di questo tipo potrebbe avere conseguenze sulle indagini, che riguardano anche altre questioni non toccate dall’accordo col fisco.
Lapo, Ginevra e John Elkann sono accusati dalla procura anche di non aver pagato allo Stato italiano le tasse di successione di una parte del patrimonio ereditato dalla nonna Marella Caracciolo, pari a 734 milioni di euro, e sarebbero stati aiutati in questo da Von Grüningen e Ferrero. Secondo l’accusa i tre fratelli avrebbero aperto le pratiche per la successione in Svizzera, quando invece le avrebbero dovute aprire in Italia, e di conseguenza non avrebbero pagato le tasse dovute al fisco italiano.



