• Domenica 13 luglio 2025

Perfino i formaggi hanno un loro turismo

In Italia attraggono sempre più persone, che sono curiose di scoprire come si producono e i loro legami con il territorio.

di Alice Barnabè

Gli scaffali di un negozio di formaggi a Pienza, nel 2018 (Alessia Mutti/il Post)
Gli scaffali di un negozio di formaggi a Pienza, nel 2018 (Alessia Mutti/il Post)
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Questo e gli altri articoli della sezione Capire il turismo di oggi sono un progetto del workshop di giornalismo 2025 del Post con la Fondazione Peccioliper, pensato e completato dagli studenti del workshop.

Sempre più persone sono interessate a fare esperienze legate ai formaggi: il turismo enogastronomico in Italia è molto cresciuto negli ultimi dieci anni e ora, oltre al vino e all’olio, è il momento del formaggio. Le esperienze più diffuse sono degustazioni, visite guidate ai caseifici, itinerari tematici ed eventi, soprattutto in Emilia-Romagna, Lombardia e Trentino Alto-Adige.

Il “Primo rapporto sul turismo ed il mondo caseario”, report pubblicato nel 2024 dall’Associazione Italiana Turismo Enogastronomico, dice che sono molto popolari le degustazioni con abbinamenti ad altre specialità locali che esaltino le peculiarità del formaggio. Sono moltissimi i posti in Italia che si sono specializzati in questo tipo di attività. Per dirne alcuni: la latteria Perenzin, in provincia di Treviso, ha una bottega accanto al magazzino di stagionatura e al laboratorio, in cui offre menù di degustazione con una selezione di formaggi veneti. In Emilia-Romagna vanno per la maggiore le visite ai laboratori caseari, dato il prestigio del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano. A Modena il caseificio Quattro Madonne accoglie circa ventimila visitatori all’anno, che possono osservare il processo produttivo dalle vetrate nello stabilimento.

Già da questi esempi si capisce che c’è una certa curiosità verso come si fa il formaggio, oltre che una fascinazione per la tradizione e le tecniche. L’interesse è ancora più forte verso i borghi rurali e i paesini di montagna, e infatti il turismo in Italia non si concentra solo nelle città d’arte e nelle zone costiere ma anche nei piccoli centri. Anche se sono meno conosciuti, si possono trovare pubblicizzati su TikTok e Instagram in formati del tipo “Ecco 3 posti che non conosci dove mangiare formaggi buonissimi”, che raggiungono anche un pubblico non italiano.

Pienza, in Val d’Orcia, è un ottimo esempio di un borgo la cui economia si basa prevalentemente sul turismo. Negli ultimi tre anni ha attratto molti più turisti di altre mete simili per valore storico e architettonico proprio grazie al pecorino. Per rendere meglio l’idea, i comuni di Montalcino, Montepulciano e vari comuni del Chianti, zone famose per i loro vini pregiati, hanno tutti un successo di turismo minore (se calcolato sulle presenze di turisti ogni mille abitanti annualmente).

Nelle Alpi Piemontesi, invece, si trova quello che è stato rinominato “il borgo dei formaggi”, ossia Valcasotto, in provincia di Cuneo. Nel secondo dopoguerra il borgo aveva circa 1000 abitanti, poi si è lentamente spopolato fino ad averne 26. Sarebbe rimasto deserto se negli anni Ottanta il produttore locale Beppino Occelli non lo avesse trasformato in un centro per la stagionatura artigianale. Da allora, in cantine naturali vengono stagionati il formaggio che si chiama proprio Valcasotto (processo per il quale servono almeno cento giorni), e un formaggio di latte misto, il Cusiè. Questo borgo mostra come il turismo caseario possa modificare l’economia di un piccolo posto di montagna. Come racconta una dipendente del caseificio, a Valcasotto si producono oltre 25.000 forme all’anno e i turisti vengono apposta per visitare le cantine e comprare i formaggi a chilometro zero: così questo borgo ha ritrovato una sua funzione.

I turisti non sono attratti solo da formaggi di latte animale: anche i formaggi vegani hanno una loro nicchia. Secondo il rapporto Eurispes 2024, il 2,3 per cento della popolazione italiana è vegano e il 7,2 per cento vegetariano, percentuali in crescita negli ultimi anni. La conseguenza è che oggi c’è maggiore richiesta di alternative vegetali ai formaggi. Negli ultimi anni sempre più agriturismi si sono specializzati in cucina vegana e biologica: Torre Morgana, ad esempio, nell’entroterra di Perugia, propone cucina tipica umbra ma vegana, tra cui un “formaggio” morbido autoprodotto; il Ristorante Aidin dell’Hotel Pordoi nel proprio menù mescola formaggi di produttori locali (come Cuor di Fassa e Puzzone di Moena) e formaggi vegetali realizzati a partire da frutta secca.

Uno stand della fiera del formaggio di Bra, nel 2021 (Stefano Guidi/Getty Images)

Pur essendo un settore in crescita, non sono disponibili dati precisi sul turismo caseario e sui suoi profitti. Secondo Il Sole 24 Ore, il settore lattiero-caseario – che per il 68 per cento riguarda i soli formaggi – costituisce il 10 per cento dell’intero fatturato di tutta l’industria alimentare nazionale. Questo conferma che si tratta di un settore centrale dell’industria agroalimentare italiana. Roberta Garibaldi, esperta di turismo e autrice del “Primo rapporto sul turismo caseario”, dice: «Incrociando le informazioni raccolte con i dati generali sul turismo enogastronomico e sull’accoglienza rurale, possiamo stimare a grandi linee che tra 2 e 3 milioni di visitatori all’anno partecipano ad attività legate al formaggio in Italia».

Ci sono anche dei festival sul formaggio: qui si riuniscono un gran numero di produttori locali, attirati dalla possibilità di farsi conoscere offrendo assaggi e raccontando la propria storia. Cheese, che si tiene a Bra (provincia di Cuneo), ha laboratori interattivi, degustazioni e conferenze su tutto ciò che ruota intorno al formaggio, dalle pecore e gli ingredienti, all’ambiente e alla biodiversità. Ad Asiago, invece, il festival Made in Malga organizza degustazioni e gite con visite guidate alle malghe, a vedere come si svolge la caseificazione. C’è persino un festival che premia i migliori formaggi italiani, gli Italian Cheese Awards: i formaggi nominati sono suddivisi in dieci categorie a seconda delle caratteristiche (ad esempio i semi stagionati, quelli a pasta filata, i freschi) e per ognuna di queste una giuria di pubblico ed esperti decreta un vincitore.